Sud ribelle. E' tornato Fiordalisi, cadono le foglie. A dicembre la sentenza






La 35^ udienza, del processo ai tredici militanti - accusati di
sovversione dell'ordine economico costituito nello stato con la
finalita' di distruggere le citta' di Napoli e Genova nel 2001 - non
lesina novita'. Molte ed anche sostanziali.

La prima e' il ritorno in aula del gigante, il pubblico ministero
Domenico Fiordalisi, assieme al suo fedele factotum. Fiordalisi dopo
quasi un anno di lontananza dall'aula di Corte d'Assise del Tribunale di
Cosenza rientra e alla grande. E' stato applicato dalla Procura Generale
di Catanzaro dal 17 ottobre, a seguire questo procedimento, perche' non
c'erano altri pm disposti a sporcarsi le mani con questa spazzatura.

Dal suo cilindro magico tira fuori due intercettazioni da far entrare
nel processo con l'ex art. 507, cosa che la Corte ammette nonostante
l'opposizione delle difese per non tirarla ancora per le lunghe. Poi una
frase "signor Presidente, chiedo scusa, mi sono dimenticato le altre
quattro che sono di fondamentale importanza". A questo punto le difese
chiedono la perizia di tutto il faldone portato dal pm. O tutto o
niente. Il perito, stranamente, si trovava da quelle parti ed e' stato
subito nominato: Annunciato Imbrogno. Egli dovra' districarsi tra
interviste con i giornalisti, descrizione dei fatti di via Tolemaide e
magari tra ortaggi e pannocchie. La perizia dovra' essere depositata
entro il 16 novembre, data in cui il prode Fiordalisi iniziera' il suo
sproloquio. A seguire, nei giorni 19, 26, 28, 29, 30 novembre i numerosi
avvocati dovranno controbattere alle farneticazioni dell'uomo dalle
mille risorse, spese. Invece il 19 dicembre e' prevista la sentenza.
Questa accelerazione del processo, voluta dalla Corte o da qualche
entita' esterna - forse extraterrestri - e' totalmente inaspettata.
Certo sara' difficile rispettare queste date, ma il piu' e' fatto.

Per tutti l'appuntamento e' il 16 novembre assieme a Fiordalisi in aula,
il 17 invece a Genova in piazza, perche' la storia non la scrivono i
giudici. La storia siamo noi.

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Perche' la memoria e' un ingranaggio collettivo.