6 ANNI e 4 MESI



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6 anni e 4 mesi non è una condanna, è il tempo trascorso da quando andai
a Genova.
Arrivai che pioveva, io e altri cinque, loro avevano tutti meno di
diciotto anni. Non avevo ben chiara la ragione del mio
essere là, se non che dovevo proteggere quella testa riccioluta di
mia figlia, che voleva un altro mondo possibile come i suoi
compagni, che divennero anche miei nel viaggio verso l'illegalità,
dove tutto fu davvero possibile.
Ho già raccontato varie volte la nostra versione , non fosse altro perchè
ci stavamo. Molti nel tempo hanno dovuto farsene una ragione del mio
esserci con la scrittura e la presenza, nelle piazze e sul territorio, a
reclamare libertà e giustizia, nei fatti e per la parola.
Oggi non lavoro più, sono andata in pensione: allora, 6 anni e 4 mesi fa,
chiesi dei giorni di ferie.
Oggi ho più tempo per leggere e leggo delle condanne richieste per gli
inquisiti di quei giorni al G8.

Sono di una violenza inaudita, come lo
furono quelle giornate e come continuano ad essere questi giorni che
chiamano di pace. La nostra salute cerca anticorpi al veleno, il nostro
corpo reclama non solo aria pulita. Rimane fame e sete di giustizia,
quella che non ci può dare nessun buon governo, nessuna casa delle
libertà per loro, di quelli che la abitano quella lussuosa casa, a spese
nostre.
Allora , in quei giorni,con la destra al governo, invano venne chiamata
in piazza la sinistra,
quella grande, quella che porta sempre centinaia di migliaia in piazza
senza che succeda niente,
l'Italia dei buoni e dei moderati.
Eh si, mi sono ritrovata, chi me lo avesse detto, ad essere non più una
che difende la figlia e i suoi amici, ma una che deve difendersi, una
definita noglobal: che non vuol dire niente. Potrebbe avere un
significato e una sua veridicità se questo significasse che non vorrei
muri, confini e barriere, che non vorrei recinti e contenitori, steccati
e divisioni tra me cittadina-donna e il resto del mondo.
Intanto leggo di questa manciata di 225 anni da spargere tra i 25
imputati di saccheggio e devastazione. Le pene dovranno essere
esemplari, perchè non si ripeta mai più e da nessuna parte, quello che è
accaduto a Genova.
La violenza legalizzata, la violenza che è guerra,
sopraffazione, stupro, saccheggio delle speranze dei giovani e dei più
deboli e dei migranti ,
continua la sua marcia e veste i colori della sicurezza e legalità, non
solo
nel nostro paese ma nel mondo.
E' un massacro globale che opprime, che trova sempre nuove strade e
antiche pratiche: il rito della repressione
annuncia con forza la sua rinnovata creatività
e premia sacerdoti e sacerdotesse che lo officiano in nome della severità
e del controllo.
Per la pace di tutti.

Doriana Goracci