Oppressione



Oppressione

Nei confronti del senso comune e dell’opinione pubblica, imponendo in questi anni la guerra, l’Impero cosa ha perso? La propria legittimità. Su ciò, la galassia no-global batte pochissimo. 

Il capitalismo da poco più di duecento anni su cosa si basa? Sul diritto di proprietà privata. Su questo, il Movimento no-global non batte per nulla. Cosicché il neoliberismo non ha nemmeno bisogno di imporre tale diritto perché arriva finanche a sottrarre il proprio punto di vista alla negoziazione, collocandolo nell’universo dell’indiscusso, del dato per scontato.     

Scrive  Gilles Deleuze: “L’istituzione si presenta sempre come un sistema organizzato di mezzi. E’ proprio questa, d’altra parte, la differenza fra l’istituzione e la legge: la legge è una limitazione delle azioni, l’istituzione un modello positivo di azione...la tirannia è un regime in cui ci sono molte leggi e poche istituzioni, mentre la democrazia è un regime in cui ci sono molte istituzioni e pochissime leggi. L’oppressione si manifesta quando le leggi hanno a che fare direttamente con gli uomini e non con le istituzioni preliminari che garantiscono gli uomini”. pag. 16.
Dice ancora: “Le condizioni che rendono possibile la malvagità si collegano sempre a uno stato sociale determinato. Non esiste malvagità disinteressata, nonostante quello che dicono a volte gli stessi malvagi e gli imbecilli. Ogni malvagità consiste in un profitto o in una compensazione. Non esiste malvagità umana che non si inscriva in un rapporto di oppressione, conformemente a interessi sociali complessi. Rousseau è uno di quegli autori che hanno saputo analizzare la relazione oppressiva e le strutture sociali che essa presuppone. Bisognerà attendere Engels per ricordare e rinnovare questo principio, di una logica estrema, secondo cui la violenza o l’oppressione non costituiscono un fatto primario, ma presuppongono uno stato civile, situazioni sociali e determinazioni economiche”. pag. 62 

La guerra civile in atto nell’Impero, a mio parere, ha i suoi cunei, le trincee in cui si dispiega come ad esempio Bologna e Copenaghen.
Da noi, come riporta un resoconto dei compagni degli arrestati, pochi giorni fa dei militanti sono stati “tratti in arresto e processati per direttissima con condanne da 4 mesi a 10 mesi con foglio di via dalla città senza condizionale per nessuno, nemmeno per gli incensurati”. Sono rei di aver fatto delle scritte di solidarietà.

Certo, il primo pensiero va al famoso duo Amato-De Gennaro che con i loro sceriffi che hanno sparato un colpo e alla constatazione che questa nuova marea arriva dopo il fallimento di 5 differenti casi in città con imputazioni di eversione che poi sono stati annullati. Si rivela quindi che non c’è un meccanismo di correzione nell’apparato né un rivolo di coscienza.   

Ma successivamente bisogna ragionare sul che fare. 
Ritengo che ci sia un interstizio da individuare, libero, nel quale lavorare e infilarsi; che la galassia del Movimento no-global possa agire nel rispetto delle diverse identità con queste linee guida:
da un lato, limitando le iniziative per le quali bisogna chiedere l’appoggio logistico e per le autorizzazioni a quegli stessi partiti che hanno votato a favore dell’altra guerra, quella dichiarata per il sostentamento dell’Impero: Afghanistan, Libano, ecc.;
dall’altro, oggi come oggi, non ha alcun senso non soltanto l’atto di violenza ma anche quello fuori della legalità perché la situazione è quella che è.

E allora, individuare forme anche testimoniali di resistenza come vestirsi con la camicia di forza e andare così in centro tenuto a un guinzaglio (richiamando i Trattamenti sanitari obbligatori, tema dal quale sono scaturiti arresti); scrivere in internet il proprio pensiero ancor più di quanto si faccia adesso e farlo girare per diffondere notizie e una cultura diversa; fare staffetta due alla volta nella piazza più centrale fin quando i militanti non vengono scarcerati, ecc.

Michel Foucault, in conversazione con Deleuze, afferma: “Oggi si sa pressappoco chi sfrutta, dove va il profitto, fra le mani di chi passa e dove si reinveste, mentre il potere…Si sa bene che non sono i governanti che detengono il potere. Ma la nozione di ‘classe dirigente’ non è né molto chiara né molto elaborata. ‘Dominare’, ‘dirigere’, ‘governare’, ‘gruppo al potere’, ‘apparato di stato’, ecc., è questo un insieme di nozioni che richiedono un’analisi. Parimenti bisognerebbe sapere sin dove si esercita il potere, attraverso quali collegamenti e fino a quali istanze, spesso infime, di gerarchia, di controllo, di sorveglianza, di interdizioni, di costrizioni. Dovunque è presente, il potere si esercita. Nessuno ne è titolare in senso stretto; e tuttavia si esercita sempre in una certa direzione, gli uni da una parte, gli altri dall’altra; non si sa esattamente chi lo abbia; ma si sa chi non lo ha…Ogni lotta si sviluppa intorno a un centro particolare di potere (uno di quegli innumerevoli piccoli centri che possono essere un capoccia, un portiere di case popolari, un direttore di prigione, un giudice, un responsabile sindacale, un redattore-capo di un giornale). E se designare questi centri, denunciarli, parlarne pubblicamente, è una lotta, non è perché nessuno ne aveva ancora coscienza, ma perché prendere la parola a questo proposito, forzare la rete dell’informazione istituzionale, nominare, dire chi ha fatto che cosa, indicare il bersaglio, è un primo rovesciamento del potere, un primo passo per altre lotte contro il potere”…Il discorso di lotta non si oppone all’inconscio: s’oppone al segreto”. pag. 268         

E Deleuze gli risponde: “In relazione al problema che lei pone: si vede bene chi sfrutta, chi approfitta, chi governa, ma il potere è ancora qualcosa di più diffuso – farei quest’ipotesi: anche e soprattutto il marxismo ha fissato il problema in termini di interesse (il potere è detenuto da una classe dominante definita dai suoi interessi). Ci si scontra allora immediatamente col problema: com’è possibile che della gente che non ha tanto interesse segua, sposi strettamente il potere, ne elemosini una parcella? Forse perché, in termini di investimenti, sia economici che inconsci, l’interesse non ha l’ultima parola, ci sono investimenti di desiderio che spiegano che si possa eventualmente desiderare, non contro il proprio interesse, poiché l’interesse segue sempre e si trova là dove il desiderio lo mette, ma in modo più diffuso e profondo del proprio interesse. Bisogna accettare d’ascoltare il grido di Reich: no, le masse non sono state ingannate, hanno desiderato il fascismo in un certo momento! Ci sono degli investimenti di desiderio che modellano il potere e lo diffondono, e che fanno sì che il potere si trovi sia al livello del poliziotto che a quello del primo ministro, e che non ci sia una differenza assoluta tra il potere che esercita l’ultimo poliziotto e quello che esercita un primo ministro. E’ la natura degli investimenti del desiderio su un corpo sociale che spiega perché dei partiti o dei sindacati, che avrebbero o dovrebbero avere degli investimenti rivoluzionari in nome degli interessi di classe, possono avere degli investimenti riformistici o perfettamente reazionari al livello del desiderio”. pag. 269.     

In questi giorni ci sono sindacati, associazioni, parlamentari, che fanno di tutto per tenere il Movimento dentro la gabbia isolante della lotta alla precarietà che alla fin fine, se mai dovesse andare bene, vorrebbe dire: lavoro fisso, subordinato, sotto la disciplina del Datore di lavoro (come da codice civile). E c’è anche Clemente Mastella che dimenandosi come un pesce nella rete fa evidenziare una volta di più la fragilità e la pochezza del sistema di potere; per salvarsi, il Ministro di giustizia tirando a sé la coperta fa scoprire cosa c’è sotto.    

Ci sono da individuare e condividere delle linee guida per identificare le diverse iniziative delle realtà; al loro interno vanno con forza inseriti altri macro-argomenti, oltre a lavoro e guerra. Due temi sui quali battere ancor più di quanto si faccia al momento sono: l’Antifascismo e i Centri di permanenza temporanea. Questi rappresentano dei ‘nervi scoperti’ nei quali, a mio parere, c’è un ampio spazio per muoversi e, se dall’altra parte c’è qualcosa o qualcuno con ancora un’ombra di ideali, noi lo andiamo a sfruguliare; gli smuoviamo il prosciutto che ha sugli occhi. 
Andare inoltre verso una demassificazione, verso forme più individualizzate di proteste sociali. Dal boicottaggio alimentare e televisivo allo stimolo di espressioni di ricerca dei nostri cervelli.

Felix Guattari riassume: “…o si arriva a un nuovo tipo di strutture che conducono finalmente alla fusione tra il desiderio collettivo e l’organizzazione rivoluzionaria; o si continua sulla strada attuale e, di repressione in repressione, si andrà verso un fascismo in confronto al quale Hitler e Mussolini sembreranno dei buffoni”. pag. 342 

In fondo in fondo, il posto fisso vuol dire sì, più sicurezza, ma soprattutto entrare ancor più nel meccanismo.

L’interstizio, la crepa fu invece trovata e sfruttata dalle Madri di Plaza de Mayo in rappresentanza di  30.000 desaparecidos; le Pazze tennero testa e batterono la dittatura in Argentina. 
Il Movimento no-global per incidere e vincere cosa riesce a creare?      

23/10/07 – Leopoldo BRUNO

Citazioni tratte dal libro di Gilles Deleuze: L’isola deserta e altri scritti. Testi e interviste 1953-1974, Edizione italiana e traduzione a cura di Deborah Borca, Giulio Einaudi editore, 2007.