Amnesty International chiede un embargo internazionale sulle armi a Myanmar



#  Questa lista per la distribuzione delle informazioni
#  e' gestita dalla Sezione Italiana di Amnesty International.
#  Questo messaggio viene elaborato e inviato automaticamente. Si
#  prega di non rispondere a questo messaggio di e-mail in quanto non
#  vengono controllate eventuali risposte inviate al relativo indirizzo

COMUNICATO STAMPA
CS104-2007

AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE UN EMBARGO INTERNAZIONALE SULLE ARMI A
MYANMAR

Di fronte all'aumento del numero dei morti e dei feriti e degli arresti di
massa di manifestanti pacifici, Amnesty International ha chiesto oggi al
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di imporre immediatamente un
embargo totale e obbligatorio sulle armi a Myanmar.

L'organizzazione per i diritti umani ha anche sollecitato i principali
fornitori di armi a Myanmar, in particolare Cina e India ma anche Russia,
Serbia, Ucraina e i paesi dell'Asean, a proibire il coinvolgimento di
proprie agenzie, compagnie e singole persone nella fornitura, diretta o
indiretta, di materiale militare e di sicurezza, munizioni e consulenza,
compresi i trasferimenti che vengono definiti 'non letali'.

'Alla giunta militare di Myanmar deve arrivare urgentemente un messaggio
inequivoco: la brutale repressione delle manifestazioni e il crescente uso
della forza eccessiva non saranno tollerati ne' alimentati in alcun modo
dalla comunita' internazionale' - ha dichiarato Irene Khan, Segretaria
generale di Amnesty International.

Mentre le fonti ufficiali parlano di nove persone morte, Amnesty
International teme che il numero effettivo delle vittime possa essere piu'
alto. Nell'ultima settimana, le forze di sicurezza di Myanmar hanno
picchiato, arrestato e ucciso i manifestanti, fatto irruzione nei
monasteri e lanciato gas lacrimogeni sulla folla. Nella sola Yangon, si
ritiene siano state arrestate almeno 1000 persone. Vi e' il grande rischio
che la violenza dell'esercito possa aumentare di fronte alle continue
manifestazioni in favore di riforme democratiche.

'E' inaccettabile che gli Stati continuino a fornire armi a un governo
gia' responsabile di gravi e continue violazioni dei diritti umani e che
ora ricorre alla violenza contro manifestanti pacifici' - ha proseguito
Khan. 'L'embargo che sollecitiamo dovra' rimanere in vigore fino a quando
il governo di Myanmar non avra' preso misure concrete per proteggere i
diritti umani e rilasciato tutti i prigionieri di coscienza'.

Inoltre, l'embargo che l'Unione europea (Ue) e gli Usa hanno imposto,
rispettivamente nel 1988 e nel 1993, sulle forniture dirette e indirette
di materiale militare a Myanmar, dovra' essere rigorosamente sorvegliato.

A Myanmar le manifestazioni continuano, in un contesto di gravi e massicce
violazioni dei diritti umani ampiamente diffuse gia' prima dell'attuale
crisi: le esecuzioni extragiudiziali; la tortura, ampiamente praticata in
carcere; la prolungata detenzione di oltre 1160 prigionieri politici e
quella di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, e di altre figure di
primo piano dell'opposizione; la soppressione della liberta' d'espressione
in tutto il paese; il ricorso ai lavori forzati; l'arruolamento dei
bambini soldato nelle forze armate; le operazioni militari nell'est dello
Stato di Kayin (Karen), che secondo il diritto internazionale
costituiscono crimini contro l'umanita'. Le autorita' di Myanmar
continuano a negare l'accesso in buona parte del paese agli osservatori
indipendenti e alle organizzazioni internazionali per i diritti umani.

Ulteriori informazioni sui trasferimenti di armi:

Cina

Dal 1988, Pechino ha fornito a Myanmar un vasto campionario di materiale
militare: veicoli blindati, carri armati, armi anti-carro, armi
anti-aeree, aerei e obici. La Cina non informa con regolarita' le Nazioni
Unite su questi trasferimenti.

India

Nel gennaio 2007 il ministro degli Esteri indiano ha promesso di dare una
'risposta favorevole' alla richiesta del governo di Myanmar di
equipaggiamento militare. Ad aprile, le forze armate dei due paesi hanno
effettuato esercitazioni congiunte. Secondo le fonti a disposizione di
Amnesty International, l'India ha dato l'ok al trasferimento di materiale
pesante, come carri armati, aerei, artiglieria pesante, radar, armi
leggere e l'Advanced Light Helicopter, che probabilmente contiene
componenti, tecnologia e munizioni provenienti da Stati membri dell'Ue e
dagli Usa.

Federazione Russa

Nel 2007, Mosca ha comunicato alle Nazioni Unite che l'anno prima aveva
esportato a Myanmar 100 sistemi di artiglieria di grande calibro. Tra il
2001 e il 2002, la Russia aveva fornito a Myanmar 14 aerei da
combattimento. Nell'ottobre 2006, l'azienda che produce gli aerei militari
Mig ha aperto un proprio ufficio di rappresentanza nel paese.

Serbia

Secondo i dati forniti dagli uffici delle dogane, tra il 2004 e il 2006
Belgrado ha fornito a Myanmar grandi quantita' di armi e munizioni.

Ucraina

Nell'aprile 2004 l'industria bellica statale UkrpetsExport ha sottoscritto
un contratto decennale per la fornitura di 1000 veicoli corazzati da
assemblare a Myanmar. Lo stesso anno Kiev ha comunicato alle Nazioni Unite
di aver esportato, l'anno precedente, 10 veicoli da combattimento BTR-3U e
10 missili R-27.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 1 ottobre 2007

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it


#  Le comunicazioni effettuate per mezzo di Internet non sono affidabili e
#  pertanto Amnesty International non si assume responsabilita' legale per i
#  contenuti di questa mail e di eventuali allegati. L'attuale infrastruttura
#  tecnologica non puo' garantire l'autenticita' del mittente ne' dei
#  contenuti di questa mail. Se Lei ha ricevuto questa mail per errore, e'
#  pregato di non utilizzare le informazioni in essa riportate e di non
#  portarle a conoscenza di alcuno. Opinioni, conclusioni e altre
#  informazioni contenute in questa mail rappresentano punti di vista
#  personali  e non, salvo quando espressamente indicato, quelli di Amnesty
#  International.