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Un volo da bloccare: lapidazione per Pegah
- Subject: Un volo da bloccare: lapidazione per Pegah
- From: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
- Date: Thu, 23 Aug 2007 13:31:44 +0000
- Bounce-to: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
Pegah Emambakssh, non solo è donna ma è anche lesbica e iraniana: Londra vuole espellerla. Il volo doveva avvenire oggi, la data è rinviata di poco, il 28 agosto. Facciamo tutto ciò che è possibile per salvarla dalla lapidazione. Intanto mandiamo una mail con nome e cognome e con oggetto "Adesione appello caso Pegah Emambakhsh" a matteo.pegoraro at infinito.it o roberto.malini at annesdoor.com e inoltriamo la notizia e l'appello. Doriana Goracci http://reset.netsons.org/modules/news/article.php?storyid=619 * La "Dichiarazione Universale dei Diritti Umani" protegge coloro che sono perseguitati a causa della loro diversità senza che questa debba essere provata. L’omosessualità è uno stato che esiste nel momento in cui viene percepito o anche solo dichiarato da un essere umano. Pretendere una prova di tale inclinazione è una violazione dei diritti umani. Persino lo Stato di Israele accolse gli Ebrei profughi dell’Olocausto solo in base alla fiducia nelle loro dichiarazioni. Molti erano senza documenti. Questo è il solo modo di rispettare i diritti dell’uomo. L’alternativa sarebbero umilianti dimostrazioni di natura sessuale, inutili esami clinici e psicologici, procedure inquisitoriali lesive della privacy e della dignità umana. Il gruppo EveryOne chiede con forza che Pegah Emambakhsh, Jasmine K. e tutte le persone perseguitate in quanto omosessuali vengano ospitate come profughe dai paesi che si ritengono civili e tutelate dagli effetti dell’intolleranza. Per il Gruppo Everyone: Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Ahmad Rafat, Dario Picciau, Steed Gamero, Rami Lavitzky Per ulteriori approfondimwenti: www.rowzane.com IRanian Queer Organization www.imgpress.it Chiediamo al Governo italiano e al Ministro degli Esteri Massimo D’Alema di impegnarsi per la salvezza della donna iraniana. L’Italia capofila per la moratoria universale sulla pena di morte non può rimanere indifferente ad una violazione del diritto internazionale. gah Emambakhsh è una donna lesbica iraniana che due anni fa è scappata dall’Iran per giungere in Gran Bretagna. Nonostante il suo caso sia evidentemente rapportabile alla violazione sistematica da parte del regime di Teheran dei diritti umani, non ha ottenuto l’asilo politico. Ora il governo britannico ha deciso di estradarla in Iran dove verrà presa in consegna dalla polizia per essere lapidata. Pegah è attualmente detenuta a Yarlswood (Sheffield) e il Pubblico Ministero, che si occupa del suo caso, rientrerà il 24 agosto dalle ferie. Le autorità del Regno Unito hanno deciso di compiere un atto di forza, in spregio ad ogni diritto umano, anticipando la partenza di Pegah verso l'Iran. Il Governo britannico è in procinto di deportarla in Iran il 23 agosto 2007, con il volo diretto per Teheran della British Airline BA6633, che partirà alle 21.55 dall'aeroporto Heathrow. L’unica colpa di questa giovane donna è quella di essere lesbica dichiarata e di provenire da un paese dove governa un orribile regime integralista islamico che ogni giorno calpesta i diritti delle persone. Rivolgo un accorato appello al Governo italiano affinché faccia pressioni su quello del Regno Unito: è urgente intervenire subito, se Pegah salirà su quell’aereo la sua esecuzione avverrà appena giunta in patria. Aurelio Mancuso Di seguito l'appello e un articolo per Pegah Il governo del Regno Unito ha anticipato la deportazione di Pegah Emambakhsh al 23 agosto 2007, nonostante migliaia di attivisti, intellettuali, persone comuni e celebrità abbiano protestato e aderito all'appello del Gruppo EveryOne, sostenuto da organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo. Il volo verso la morte è già fissato. Non permettiamo che salga su quell'aereo. Questo messaggio è stato pubblicato, in Inglese, su Indymedia UK e inviato ai gruppi gay e per i diritti umani. Chiunque ne abbia la possibilità, invii proteste nel Regno Unito. Messaggio urgente a tutti gli attivisti che operano nel Regno Unito e a tutte le persone che si impegnano per il rispetto dei diritti umani. Il caso di Pegah Emambakhsh (40), la lesbica iraniana che è in attesa di deportazione nel suo paese di origine, dove in base alle leggi locali verrà lapidata, ha preso una svolta imprevista. Abbiamo brutte notizie che ci giungono direttamente da una fonte vicinissima a Pegah, detenuta a Yarlswood (Sheffield). Le autorità del Regno Unito hanno deciso di compiere un atto di forza, in dispregio di ogni diritto umano e di anticipare la partenza di Pegah verso l'Iran. Il Governo britannico è in procinto di deportarla in Iran il 23 agosto 2007, con il volo diretto per Teheran della British Airline BA6633, che partirà alle 21.55 dall'aeroporto Heathrow. Il governo del Regno Unito ha ricevuto migliaia di email di protesta, email provenienti da tutto il mondo, non solo di attivisti per i diritti umani, ma di intellettuali, giornalisti, politici e anche celebrità del cinema e dellla TV. L'appello promosso dal Gruppo EveryOne è stato sottoscritto da migliaia di persone, in tutto il mondo. Ogni messaggio chiede ai governanti britannici di rispettare le convenzioni internazionali riguardanti i diritti umani e di concedere immediatamente asilo a Pegah, in quanto perseguitata a causa della propria omosessualità. Ricevere asilo è un dirito di Pegah e negarglielo rappresenta un crimine di inaudita gravità. E' necessario organizzarsi, inviare proteste formali ai politici e alle autorità e in ogni caso impedire che Pegah salga su quell'aereo che la condurrebbe verso la morte. Dobbiamo essere uniti, dobbiamo essere vicini a Pegah, che è un simbolo del diritto minimo ed essenziale di ogni essere umano: il diritto alla vita. Non permettiamo che i governanti del Regno Unito si macchino dell'omicidio di una donna innocente e trasformino il diritto internazionale nella legge del più forte e del più cinico. Non permettiamo che si risveglino fantasmi terribili, che il potere perda umanità e soffochi i più deboli, come accadde nelle epoche più buie. Pegah non deve salire su quel volo, perché la sua vita è sacra e rappresenta anche la nostra speranza in un mondo più giusto, in un mondo di uguali e non - ancora una volta - in un luogo di dolore e ingiustizia, dominato dall'odio e dal pregiudizio, Per il Grupo EveryOne: Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Ahmad Rafat. EveryOne Group - Info: +39 334 8429527 roberto.malini at annesdoor.com matteo.pegoraro at infinito.it LAPIDARE un uomo o una donna fino a farli morire può richiedere molto tempo, specialmente se coloro che scagliano le pietre desiderano di proposito prolungarne l'agonia. Il colpo di grazia alla testa, in grado di portare a uno stato di incoscienza o alla morte, può farsi attendere anche un'ora, mentre le pietre di piccole dimensioni che provocano contusioni sono rimpiazzate poco alla volta da pietre di dimensioni maggiori in grado di frantumare gli arti. Soltanto quando il corpo è in agonia in ogni sua parte può sopraggiungere la morte. Questa è la sorte che potrebbe attendere Pegah Emambakhsh, una donna iraniana di quaranta anni, il cui crimine è quello di essere lesbica. Pegah Emambakhsh ha trovato rifugio nel Regno Unito nel 2005, in seguito all'arresto, alla tortura e alla condanna a morte per lapidazione della sua partner sessuale (non è chiaro, ad ogni buon conto, se la sentenza è stata eseguita o lo sarà in futuro). La sua domanda di asilo però è stata respinta: secondo l'Asylum Seeker Support Initiative di Sheffield, dove Pegah si trova rinchiusa in un centro di detenzione, quando le è stato chiesto di fornire le prove della sua omosessualità e lei non ha potuto farlo, le è stato riferito che doveva essere deportata. L'estradizione, che doveva avvenire oggi, all'ultimo momento è stata rinviata al 28 agosto: alla fine del mese potrebbe essere già morta. La Repubblica Islamica Iraniana, si legge in un recente rapporto, è "più omofobica di qualsiasi altro paese al mondo o quasi. La tortura e la condanna a morte di lesbiche, gay e bisessuali, caldeggiate dal governo e contemplate dalla religione, fanno sì che l'Iran sembri agire in barba a tutte le convenzioni sottoscritte a livello internazionale in tema di diritti umani". Leggere il rapporto, redatto da Simon Forbes dell'organizzazione londinese Outrage, è terribile: vi si leggono storie di giovani uomini e giovani donne perseguitati, arrestati, picchiati, torturati e giustiziati - spesso con soffocamento lento - per avere avuto rapporti omosessuali. Il brutale giro di vite nei confronti dei gay iraniani - gruppo che non ha mai goduto di grande supporto nel suo stesso paese - è iniziato dopo il 1979 e l'arrivo al potere del regime religioso ispirato dall'Ayatollah Khomeini. All'epoca gli omosessuali colti in flagranza o sospettati di essere gay erano impiccati agli alberi sulla pubblica piazza. In linea di massima si trattava di uomini, ma non mancavano le donne. A quei tempi i diritti degli omosessuali non erano una causa granché popolare da nessuna parte e il nuovo regime, ispirato da un genere di fondamentalismo islamico che non poneva limiti al proprio radicalismo e che addossava a Stati Uniti e Occidente la responsabilità di tutti i suoi mali, non vedeva necessità alcuna di dissimulare le proprie azioni. Tutto ciò è andato avanti fino alla fine degli anni Ottanta, quando i diritti dei gay hanno riscosso ovunque maggiore comprensione: le proteste internazionali hanno iniziato a moltiplicarsi e il regime, preoccupato in maggior misura per la propria immagine a livello internazionale, è diventato meno radicale e ha posto fine a queste dimostrazioni. Ciò non significa che le esecuzioni fossero cessate. Il 19 luglio 2005 due adolescenti gay della città iraniana di Mashhad sono stati impiccati in pubblico, giustiziati con un lento strozzamento. Sono stati condannati a morte per il fatto di essere gay. Le autorità li avevano accusati di aver rapito e stuprato un minore, ma a loro carico non è mai stata prodotta alcuna prova. La comunità gay iraniana e i gruppi di difesa dei diritti umani non hanno mai creduto alle accuse ufficiali. La loro condanna a morte è servita a rammentare a tutti che l'omosessualità, nell'Iran di Ahmadinejad, è tuttora considerata un reato punibile con la condanna a morte. Per gli uomini o le donne sposate la condanna a morte è eseguita tramite lapidazione, perché nel loro caso il reato è considerato più grave. (Pergah, che ha due figli, ha dovuto contrarre un matrimonio organizzato). Quantunque negli ambienti della middle-class di Teheran una certa discreta attività gay sia ancora possibile, il rischio - estremo, di morte - lo si corre sempre. Il rapporto di Outrage così commenta: "Affermare che per gli omosessuali del 2006 alcune zone dell'Iran sono più sicure di altre equivale ad affermare che per gli ebrei del 1935 alcune zone della Germania erano più sicure di altre". Deportare una donna sulla quale incombe una morte tramite lenta agonia per il fatto di esercitare le proprie preferenze sessuali non è azione degna di uno Stato civile: non possiamo che augurarci che le autorità britanniche facciano dietrofront. Una speranza ancora c'è: uno dei membri del Parlamento dell'area di Sheffield dove vive oggi Pegah, Richard Carbon, Ministro dello Sport, alcuni giorni fa ne aveva bloccato la deportazione e le autorità l'hanno rinviata a domani sera. Le associazioni gay hanno diffuso la notizia in tutto il mondo e i media di molti paesi, Italia inclusa, hanno sollevato il caso. Per la Gran Bretagna in tutto ciò vi è un triste paradosso: essa è stata e rimane il rifugio di molti musulmani che professano apertamente di odiarla, in parte proprio per le sue opinioni relativamente liberali in fatto di omosessualità, e per le sue leggi sui diritti umani. Alcuni musulmani, accusati di istigare al terrorismo, sono stati deportati, la stragrande maggioranza no. Eppure, adesso una donna che in Gran Bretagna ha trovato salvezza da una pena efferata e che ha fatto appello alle autorità perché le considerava tolleranti, potrebbe essere rispedita indietro e, di fatto, mandata a morire. Deportare Pegah Emambakhsh non sarebbe semplicemente un'ingiustizia: sarebbe indegno di uno Stato civile. John Lloyd Traduzione di Anna Bissanti (23 agosto 2007) _
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