2 agosto '80: raccontiamoci quel giorno..



il gioco mentale del "dov'ero? cosa facevo?" è molto utile; forse è necessario, affinché l'oblio non plachi la memoria.
raccontiamoci quel giorno...
 
quel sabato mattina raggiunsi la mia famigliola sulle montagne trentine. famigliola fresca di matrimonio e neonato..
alle 10 e venticinque di 27 anni fa, quasi sicuramente, mentre scoppiava la bomba nella stazione di Bologna riabbracciavo mia moglie e il piccoletto Luca - un cucciolo di venti mesi - dopo una settimana di lavoro, solo in città.
da una settimana, poverino, il bimbo tossiva e tossiva e tossiva: la pertosse ('ea tose cativa') non li lasciava in pace - lui e la mamma - neanche di notte. si parlava - quella mattina - solo di tosse, di occhiaie per i sonni scarsi, di medicine e visite pediatriche...
in soggiorno era accesa la radio; il notiziario delle 11 annunciò: "boato e crolli nella stazione di Bologna", attribuendo subito l'enormità dei fatti ad un accidentale scoppio di caldaia.
poi, la mia memoria è pressapoco la stessa di tutti.
 
4 giorni dopo, in un'afa insopportabile (due colleghe di lavoro svenirono accanto a me, schiacciati in una moltitudine che riempiva piazza Maggiore e risaliva su su, quasi fino alla stazione) partecipai ai funerali.
ricordo un'asfissiante sensazione generale di rabbia e pericolo, insieme; sentimenti non mischiabili tra loro, laceranti. sentimenti che sembravano coprire di grigio, di polvere e di sangue ogni cosa: la moltitudine, ogni palazzo, san Petronio, il municipio, le bandiere rosse. tutto.
grigio della bomba. polvere delle macerie. rosso del sangue.
 
pericolo: perché in quegli anni - che fatica oggi spiegare a chi non c'era... - credevamo di percepire un sordo lavorìo di nemici mortali occultati nell'ombra; ma potenti, tenaci, inafferrabili, perfino diabolici; come i serpenti velenosi.
rabbia: perché era vivissima la sensazione comune che i fantasmi di un fascismo non morto a piazzale Loreto continuavano a mietere vittime, a saccheggiare i corpi di italiani innocenti. per terrorizzare. per chiudere in casa la gente, e spegnere la partecipazione democratica.
 
poi, in anni più recenti, iniziò un revisionismo immaturo e imprudente, ché "tutti i morti sono uguali", ché "dobbiamo costruire una memoria condivisa".
ma, finché non sapremo tutta la verità di quella terribile stagione - ancora imprigionata nei segreti di stato, e nella coscienza di molti colpevoli a piede libero (istituzionali e non) -, coltiviamo questa memoria non condivisa. la memoria di quel pericolo e di quella rabbia: sporchi di sangue, di grigio, di polvere...
 
Lorenzo