PALESTINA SPEZZATA




Palestina spezzata
di Luisa Morgantini
Aprileonline 17 - 6 -2007

Lama è rinchiusa a Gaza, fuma continuamente e piange, travolta da paura,
rabbia, dolore. E' una delle donne che a Gaza è sempre andata in giro senza
coprirsi il capo, impegnata nei movimenti delle donne è parte della
Commissione Internazionale per una pace giusta in Palestina e Israele
con palestinesi, israeliane e internazionali.

Vuole andarsene, ma è tutto chiuso, il confine con Israele e  con l'
Egitto.

Parlo con i garanti europei del valico di Rafah, anche loro costernati :
"Non sappiamo se apriremo Rafah, stiamo aspettando, Bruxelles dovrebbe
darci linea verde per parlare con Hamas,  i miliziani sono entrati nei
locali di Rafah ma non hanno toccato nulla, dovremmo riaprire ma come? Con
chi?".

Come Lama, sono migliaia gli abitanti di Gaza che vogliono andarsene, un
altro esodo, ancora una volta profughi e al solito sono intellettuali,
professionisti, imprenditori.

I poveri resteranno alla mercè della nuova Gaza sotto le bandiere di Hamas.

Ciò che è stato evidente con la vittoria  elettorale di Hamas era la fine
di una identità palestinese formatesi in tanti anni di occupazione militare
e soprattutto nei sacrifici della prima Intifadah. Questa identità si è
frantumata nello sventolio,  già durante le elezioni, non della bandiera
palestinese ma della bandiera di Fatah e di Hamas. Ora nessuno sa cosa
succederà, quale piano ha Hamas e quale strategia adotterà al Fatah o le
altre forze politiche minoritarie e schiacciate  dalla violenza esplosa e
dai crimini commessi contro i civili, con le esecuzioni sommarie, i
vandalismi e i furti. "Vorrei uccidermi", mi dice un palestinese di Gaza,
leader nella prima Intifadah, incarcerato e torturato dagli Israeliani,
sostiene che solo un intervento esterno della Comunità Internazionale potrà
risolvere la situazione.

Ma proprio la Comunità internazionale dovrebbe essere messa sotto processo.
Dopo quarant'anni di occupazione militare, la Comunità Internazionale non
ha saputo costruire ciò per cui si riteneva impegnata: rispetto della
legalità Internazionale, fine dell'occupazione e due popoli per due stati.

I risultati sono che oggi sono che vi sono due territori palestinesi
separati non solo fisicamente ma anche politicamente. Il territorio della
Cisgiordania, di cui gli israeliani intendono  (l'hanno già fatto con la
costruzione del muro), annettersene una buona fetta, forse manterrà la
diversità delle culture e religioni che caratterizzava i palestinesi, ma
certamente non sarà uno stato indipendente e autonomo. Alcuni, anche tra i
palestinesi stanno già riproponendo una federazione con la Giordania.

Con i palestinesi e il loro sogno spezzato di uno Stato indipendente
democratico e secolare, siamo stati sconfitti anche noi che non abbiamo
saputo rispondere al bisogno di giustizia della popolazione palestinese
e  con la politica di due pesi e due misure  abbiamo permesso ai governi
Israeliani che si sono succeduti, di continuare a costruire colonie,
confiscare terre palestinesi, tenere in carcere più di 11
mila  palestinesi, costringere la popolazione di Gaza a vivere in una
prigione a cielo aperto. Certo l' UE ha finanziato i palestinesi, anche in
questi ultimi tempi ha cercato di non far morire di fame la popolazione
assediata, permettendo però al governo israeliano di trattenere le tasse
riscosse a nome dell'autorità palestinese, che, se versate,  avrebbero
risolto in gran parte il problema del bilancio palestinese. Insomma abbiamo
pagato la politica dell'occupazione israeliana. Ed abbiamo, come Unione
Europea, sbagliato molte volte, avremmo dovuto riconoscere il governo di
Hamas e trattare subito invece di seguire la politica statunitense e
israeliana.

Oggi cerchiamo di salvare il salvabile; bisogna proteggere la popolazione
palestinese e israeliana; subito una forza internazionale a Gaza e in
Cisgiordania. Israele deve cessare  le incursioni militari e gli assassini
mirati, applichi qualche volta gli accordi che fa e non rispetta mai, si
aprano i più di 500 check point per persone e merci, liberi i prigionieri
politici.  I Palestinesi hanno bisogno di vedere che la loro vita
quotidiana cambia e non è più un inferno. Intanto gli Usa dicono di
riconoscere il nuovo governo di Mahmoud Abbas, un altro bacio della morte.



Luisa Morgantini