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Conferenza Bil'in (terza parte e conclusioni)
- Subject: Conferenza Bil'in (terza parte e conclusioni)
- From: "assopace.nazionale at assopace.org" <assopace.nazionale at assopace.org>
- Date: Sun, 29 Apr 2007 11:18:17 +0100
- Sender: assopace.nazionale at assopace.org
Conferenza Bi'lin, terza parte e conclusioni Il pomeriggio del 19 aprile, dopo l'intervento di Jeff Halper i partecipanti si sono divisi tra i 12 workshop previsti, poi ci sono state delle riunioni tra i gruppi provenienti dallo stesso paese, e alla fine il traning dell'International Solidarity Movemenet sulle tecniche di resistenza non-violenta, in previsione della manifestazione del giorno dopo. Io ho partecipato al workshop organizzato dalla "Coalizione contro l'occupazione", un coordinamento di organizzazioni israeliane e palestinesi. Nel workshop si e' discusso della lotta congiunta contro l'occupazione tra israeliani e palestinesi. Un'argomento delicato, e infatti non e' filato tutto liscio... Alcuni palestinesi presenti e anche un'attivista israeliana hanno sollevato dubbi e perplessita' sull'utilita' e sulle reali possibilita' di interazione tra i due popoli. A me sono tornate in mente le parole di Amira Hass sul rischio che queste iniziative possano diventare una forma di "normalizzazione". L'attivista israeliana ha dichiarato senza mezzi termini che la sua presenza alle manifestazioni contro il muro a Bil'in si limita a rispondere ad una richiesta fatta dai palestinesi di stare in prima fila durante le manifestazioni, in modo da creare una zona cuscinetto di attivisti israeliani tra l'esercito e i palestinesi, tutto qui, nessuna progettualita' o strategia di lotta comune. Una posizione legittima, a mio parere priva di strategia politica; il muro e' ovunque, ed ovunque ci sono manifestazioni e occasioni di contatto/scontro tra l'esercito israeliano e i palestinesi, non e' possibile essere presenti sempre e dappertutto. E bisogna anche dire che l'interposizione degli israeliani non sempre dissuade l'esercito da forme di repressione piu' o meno violenta (certo per gli arrestati fa' una grande differenza essere cittadini israeliani o dei territori palestinesi occupati). Alcuni dei palestinesi e delle palestinesi presenti affermavano di non riuscire a fidarsi completamente degli israeliani. Nella loro percezione gli israeliani sono quelli che gli hanno rubato la terra nel 1948, quelli che ora abitano le loro case, mentre i profughi palestinesi vivono nei campi. Gli israeliani sono quelli che da anni votano governi che continuano con la costruzione del muro, che ordinano incursioni militari con carri armati ed elicotteri contro i civili palestinesi, gli israeliani sono quelli che li umiliano ogni giorno ai check point... Per noi occidentali, non-violenza significa anche capacita' di discernimento, significa riuscire a distinguere, ad evidenziare le differenze, siamo tutti convinti che non tutti gli israeliani siano responsabili delle azioni del proprio governo, conosciamo ed apprezziamo molti israeliani che da anni si battono per rendere giustizia ai palestinesi, spesso pagando un prezzo molto alto in termini di isolamento ed emarginazione all'interno della propria comunita', rischiando anche la galera. Ma noi non viviamo in campo profughi, non vediamo ogni sera le jeep dell'esercito entrare in citta' ad arrestare o uccidere qualcuno dei nostri figli o dei nostri amici, noi non impieghiamo ore per raggiugere la nostra scuola o il nostro posto di lavoro che dista pochi kilometri da casa. Apartheid significa separazione e dominazione. L'apartheid e' una strategia quella si, accurata e omnicomprensiva, di creazione del nemico, dell'"altro", del diverso. Le azioni congiunte tra palestinesi e israeliani contribuiscono a ricostruire quella fiducia tra i due popoli che negli ultimi 15 anni si e' persa, per questo vanno appoggiate e diffuse, ma non illudiamoci che sia facile ne scontato. Una cosa e' certa, non saranno le manifestazioni a far terminare l'occupazione, e non ci si puo' limitare solo a quelle, e' necessaria una lotta su vasta scala che coinvolga non solo palestinesi e israeliani, ma anche tutta la comunita' internazionale, questo e' il mio punto di vista. Manifestazione contro il muro. Venerdi' 20 aprile c'e' stata la tradizionale manifestazione contro il muro. Gia durante la mattina un piccolo gruppo era andato nei pressi del muro (che a Bil'in come in tutte le zone rurali non e' un muro concreto di cemento ma una barriera metallica elettrificata) con il ministro dell'informazione Moustapha Barghouti che ha tenuto li' una conferenza stampa. In questo gruppo c'era Tito Kayak, un attivista portoricano che approfittando della distrazione dei soldati israeliani ha aggirato la barriera metallica e si e' arrampicato su di una torretta d'osservazione israeliana alta 100 mt ed ha issato un'enorme bandiera palestinese. Tito e' rimasto sulla torretta fino a sera. Durante la manifestazione del pomeriggio lui e la sua bandiera hanno ricordato a tutto noi, all'esercito israeliano e a quella parte di mondo che guardava attraverso le tante telecamere presenti che quella terra e' terra palestinese, illegalmente sottratta e utilizzata come zona di espansione per la vicina colonia. Il piccolo gruppo e' rimasto li, bloccato tra il muro e le jeep dell'esercito che lo separavano dal resto del corteo. Noi siamo partiti dal villaggio con il grosso del corteo (circa 300 persone) nel primo pomeriggio, subito dopo la preghiera del venerdi'. La strada in discesa che porta dal villaggio al muro e' lunga circa un kilometro, dopo i primi 300 metri sono cominciati a piovere i lacrimogeni, il corteo si e' spezzato in due parti, che poi si sono riunite; il balletto dei lacrimogeni, dell'avanzare ed arretrare e' andato avanti per un paio di ore. Intanto alcuni del gruppo nei pressi del muro e altri che partivano dal corteo principale ogni tanto provavano ad avvicinarsi al muro passando fra gli ulivi, appena arrivati nei pressi della recinzione venivano respinti dai proiettili di "gomma" (in realta' sono delle biglie di ferro rivestite di gomma) dei soldati che si trovavano al di la'. La premio nobel per la pace Mairead Maguire e' stata tra le prime ad essere colpita ad una gamba, altri e altre la seguiranno, alla fine della manifestazione si conteranno una decina di feriti lievi (pallottole di gomma, intossicazione da lacrimogeni, manganellate) e uno piu' grave, l'unico ricoverato, che e' caduto battendo la testa mentre scappava da una carica. Dopo ore di questo continuo andare e venire, grazie anche alla trattativa del neo-ministro Barghouti i due spezzoni del corteo si sono riuniti e sono riusciti ad arrivare abbastanza vicino al muro, a sedersi per qualche minuto di fronte al cordone dell'esercito intonando slogan e applaudendo verso Tito Kayak ancora li' con la sua bandiera (Tito verra' arrestato in serata, passera' tre giorni in prigione e verra' espulso con il divieto di rientro in Israele per 5 anni). Conclusioni. Bil'in e' una strada, anzi due. Una strada e' quella attorno alla quale si snodano le case del villaggio, l'altra, poco piu' a valle e' il tracciato del muro, con le sue torrette di osservazione, il recinto elettrificato, la fascia di sicurezza sui due lati e poco oltre l'insediamento in espansione. Bil'in e' un paese, anzi due. Il piccolo paese che vive di agricoltura e pastorizia fino a pochi anni fa garantiva ai suoi abitanti un relativo benessere economico, determinato anche dalla vicinanza con Ramallah, grosso centro urbano dove vendere i prodotti; e poco piu' ad ovest, oltre il muro un'atro paese, Modi'in Illit con i suoi palazzoni bianchi in costruzione, piscine e giardinetti. Un paese abitato da gente diversa, per lingua cultura e religione, un paese abitato da ladri di terre e di risorse. Bil'in e' un simbolo, anzi due. E' il simbolo di una resistenza diversa, non-violenta ma determinata, me e' anche il simbolo di un potere occupante arrogante, che procede sulla strada dell'esproprio e delle violazioni del diritto internazionale, ignorando le proteste e le legittime richieste degli abitanti di quelle terre, e' triste constatare come il muro a Bil'in e' andato avanti nonostante questi due anni di manifestazioni. Bil'in e' un popolo in lotta, anzi due con gli israeliani, anzi tre se contiamo anche le centinaia di internazionali che in questi anni hanno partecipato alle manifestazioni. Una lotta che non nasce da indicazioni politiche arrivate dall'alto o da gruppi di potere piu' o meno religiosi che usano la lotta dei palestinesi in modo strumentale ai propri fini, e' una lotta spontanea che nasce dalle esigenze primarie di una comunita: difendere la propria terra, spesso unica fonte di sontentamento. Bil'in e' una manifestazione, anzi sono le cento manifestazioni di questi due anni. La conferenza e' stata organizzata e gestita sul modello dei "social forum" con sessioni plenarie, workshop, training, traduzione simultanea e come un social forum si e' conclusa con una manifestazione ai confini della "zona rossa". Una modalita' interessante e anche nuova per questi luoghi, e' stata una buona occasione di incontro per attivisti, giornalisti, cooperanti e persone provenienti da diversi contesti; bisogna dire onestamente che la presenza di palestinesi non era altissima e bisogna ricordare altrettanto onestamente che i palestinesi hanno discusso le stesse tematiche della conferenza in un incontro riservato solo a loro che si e' tenuto un mese fa, esattamente come i movimenti sociali in Italia e altrove fanno prima dei social forum. Bil'in non e' piu' solo un simbolo, ormai e' diventato un "modello"esportabile in altre zone lungo il tracciato del muro. Alla conferenza oltre a Mustapha Barghouti hanno partecipato un portavoce di Abu Mazen e alcuni parlamentari dell'Autorita' Nazionale Palestinese, sembra che lentamente anche l'ANP si stia convincendo ad appoggiare e sostenere questa forma di lotta. Il "modello Bil'in" che poggia su di una basa popolare, sull'appoggio dei pacifisti internazionali ed israeliani ed un sapiente uso dei media deve essere fortemente sostenuto anche dalla comunita' internazionale (e' importante ricordare che la conferenza e' stata cofinanziata dall'ONG catalana NOVA e dalla Cooperazione Spagnola).Un "modello" che comincia anche ad essere esportato in altre zone dei territori palestinesi occupati, da qualche settimana anche nei villaggi a sud di Betlemme sono cominciate le mobilitazioni contro il muro, a questo link trovate un'articolo sulla manifestazione di ieri: http://english.pnn.ps/index.php?option=com_content&task=view&id=2287 Queste sono le indicazioni uscite dalla conferenza, la non-violenza e' una strada stretta e in salita, ma e' l'unica che dopo anni di lotta prevalentemente militare ancora ottiene qualche piccolo risultato. Su questo tutti noi dobbiamo cominciare a lavorare. Ettore Acocella Associazione per la Pace Coordinamento per una presenza civile di pace in Palestina ed Israele Per ulteriori informazioni: Comitato popolare del villaggio di Bil'in (www.bilin-village.org) Palestine times (www.times.ps) Haaretz (www.haaretz.com) International Solidarity Movement (www.palsolidarity.org) Ma'an News Agency (www.maannews.net/en) Palestine News Network (http://english.pnn.ps)
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