Ponzio D'Alema - Il sacrificio di Emergency sull'altare della guerra



PONZIO D'ALEMA
Il sacrificio di Emergency sull'altare della guerra

L'Editoriale di Radio Città Aperta del 13 aprile 2007

"Abbiamo fatto tutto il possibile, non possiamo fare niente di più se non
chiedere al governo afgano di assicurare a Rahmatullah Hanefi un processo
rapido."
L'intervento di ieri di Massimo d'Alema di fronte ad una Camera dei
deputati semivuota sembra aver definitivamente chiuso quello che i soci di
governo continuano a descrivere come il prodigarsi del centrosinistra per
la salvezza del dirigente afgano di Emergency consegnato in realtà agli
sgherri dell'ex talebano Hamid Karzai. Un segnale forte e chiaro per chi
continua a ribadire il proprio no all'asservimento delle organizzazioni
umanitarie e di volontariato alle logiche della guerra preventiva e
infinita.
E' evidente che la presenza di Emergency risulta sempre più scomoda in un
territorio nel quale i combattimenti si inaspriscono ogni giorno di più e
dove le vittime sono sempre più i poveri e indifesi civili afgani straziati
dalle bombe ad alta tecnologia sganciate dai velivoli inviati dalle
maggiori potenze occidentali.
Una presenza inopportuna, quella di Emergency, soprattutto in un momento in
cui il governo Prodi, con la sinistra cosiddetta radicale che critica e
scalpita ma poi alla fine sostiene sempre l'esecutivo, sembra aver scelto
di rispondere almeno in parte alle richieste provenienti dalla
amministrazione Bush e dalla Nato di aumentare il proprio impegno militare
in quel paese.
Già nei prossimi giorni infatti il parlamento italiano discuterà, e
approverà, la proposta di mandare nuovi mezzi militari offensivi e
probabilmente anche più soldati in Afghanistan. Nessuna sorpresa positiva è
prevedibile all'interno di una maggioranza blindata dal dogma della
governabilità e della stabilità. Un dogma al quale i partiti della
cosiddetta sinistra radicale hanno deciso di sacrificare anche la storica
vicinanza e amicizia con l'ong fondata e diretta da Gino Strada. Emergency
sembra essere stata attirata in una vera e propria trappola intessuta dal
trasversale e variegato apparato che gestisce la proiezione internazionale
degli interessi militari economici e coloniali italiani. Hanefi ed
Emergency tutta sembrano costituire un capro espiatorio al centro di una
contesa tra l'egemonismo USA e il multipolarismo dalemiano.
"Coi talebani non si tratta, siamo in guerra e non sono ammesse trattative
col nemico" continua a ripetere il partito filoamericano fuori e dentro la
maggioranza di governo. E' lo stesso messaggio che ha mandato agli italiani
- troppo inclini a violare questa consegna per portare a casa i propri
cittadini rapiti nei teatri di guerra - l'amministrazione Bush tramite i
servizi afgani quando ha impedito la liberazione di Ajmal e ne ha decretato
la condanna a morte e poi quando ha ordinato l'arresto e la tortura del
dirigente dell'ospedale di Lashkar Gah. Questa "diversità di vedute" era
già costata la vita al dirigente del Sismi Nicola Calidari in Iraq, quando
al governo c'era la Casa delle Libertà.
Ma dopo la liberazione dell'italiano Mastrogiacomo, in cambio del rilascio
di alcuni talebani, l'arresto di Rahamatullah Hanefi da parte dei servizi
segreti di un governo insediato e sostenuto anche dalle truppe inviate sì
da Berlusconi ma mantenute e rafforzate da Prodi suona come un esplicito
aut aut a una ong che in questi anni si è distinta per la sua indipendenza
dagli esecutivi e dai partiti e i cui volontari rappresentano un intralcio
ad un maggiore coinvolgimento italiano nel conflitto afgano.
L'argomento utilizzato da D'Alema per giustificare l'impossibilità da parte
delle autorità italiane di imporre al Governo Karzai la liberazione
immediata di Rahmatullah Hanefi - cioè il rispetto della "inviolabile
sovranità nazionale dello Stato Afgano" - non è che una macabra
barzelletta. Senza la difesa garantita all'ex talebano Karzai da migliaia
di soldati e di mercenari stranieri armati fino ai denti la sua autorità si
scioglierebbe come neve al sole, sepolta dalle faide tra i signori della
guerra per ora suoi alleati, prima ancora che dall'offensiva degli studenti
coranici.
La realtà è che meno testimoni ci saranno nel mattatoio afgano e meno
spiegazioni dovrà fornire il centrosinistra ai propri elettori. Niente
testimoni indipendenti uguale niente morti e quindi niente guerra.
Con buona pace anche dei "pacifisti di Governo" della sinistra DS, del
Pdci, dei Verdi e del PRC. Oltre che, naturalmente, di quei senatori e
deputati inclini alla denuncia, all'invettiva, all'indignazione ma poi
sempre proni alla disciplina di partito e di governo.