I vescovi e noi 06



Buona Pasqua!

Ettore
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Ettore Masina
sito web: http://www.ettoremasina.it







LETTERA122
marzo/aprile 2007
dicembre 2006

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Non ho mai perdonato alla riforma liturgica conciliare di avere "tagliato"
le due frasi con le quali cominciavano le messe in latino: "Introibo ad
altare Dei, ad Deum qui laetificat  juventutem meam: mi avvicinerò
all'altare di Dio, al dio che rende allegra la mia giovinezza". Quelle
frasi esprimevano bene la convinzione che la fede nel Cristo dona ai fedeli
gioie che neppure la vecchiaia può cancellare. Papa Giovanni, il suo
sorriso, il suo coraggio ne furono la dimostrazione visibile. Per lui, e
poi per il Concilio, la Chiesa era il luogo in cui risuonavano non solo i
gemiti del Crocifisso ma anche la festa senza fine della sua resurrezione.
Questa pienezza di vita, che dovrebbe illuminare di speranza anche i giorni
delle  tragedie personali o collettive, risuona, del resto, in tutto il
vangelo. "Non temete" è il messaggio degli angeli e del Risorto. Negli Atti
degli apostoli le fragili navicelle dei missionari sono squassate dalle
tempeste ma non distrutte, i naufragi - e addirittura le persecuzioni - si
tramutano in occasioni per portare il vangelo in paesi scelti dalla
Provvidenza contro ogni progetto umano. Senza potere terreno, la Chiesa dei
santi riluce nei secoli  di ferro e di buio. E' da quando la croce venne
posta sulle bandiere dei re, sugli scudi degli eserciti, sulle copertine
dei codici che quella luce viene spesso ferita dalle ombre della
insicurezza, da un profano timore.
Anche oggi la Chiesa (la mia Chiesa) appare, almeno nei pastori che la
presiedono in Italia, ma anche nel papa tedesco, dominata da una fonda
paura che anzichè a un luogo di fraterna accoglienza la riduce a una
fortezza assediata dai barbari. Più che alla infinita ricchezza delle forme
in cui il Regno di Dio è già presente sulla Terra, lo sguardo dei vescovi
sembra concentrarsi sulla fragilità mondana dell'apparato ecclesiale.
L'integrità della fede sembra loro vulnerata dalle sfide poste dal futuro e
dalla secolarizzazione a questa struttura. "A un tuo cenno, a una tua voce,
un esercito all'altar" cantavano le masse cattoliche, gremendo piazza San
Pietro nel dopoguerra. Quell'esercito è andato di gran lunga
assottigliandosi, ma abbiamo giustamente irriso per più di mezzo secolo la
stolida domanda di Stalin: "Quanti battaglioni ha il papa?". Una paura che
ponesse oggi lo stesso interrogativo potrebbe dirsi cristiana?
Ritorna nel magistero di questi anni la predicazione dell'inferno, si
negano funerali religiosi a persone martirizzate da orrende malattie, e
soprattutto si tenta, con un'incessante campagna mediatica, di impedire che
lo Stato (laico per definizione) migliori la situazione giuridica di una
non piccola minoranza di cittadini.
Per i vecchi come me, si tratta di ritorni a fasi storiche che avremmo
voluto dimenticare. Non abbiamo vissuto gli anni della spietata lotta di
Pio X al modernismo né quelli dei concordati con il fascismo e il nazismo,
ma ricordiamo bene la scomunica decretata dal Sant'Offizio  (fine degli
anni '40 del secolo scorso) per milioni e milioni di italiani - borghesi,
ma anche, e soprattutto, poveri operai e poverissimi contadini - assetati
di giustizia; pensiamo ai primi anni '50  in cui Carlo Carretto e Mario
Rossi erano  espulsi dall'Azione cattolica per "deviazionismo" democratico,
Luigi Gedda dichiarava che "la Chiesa si salva con l'organizzazione" e De
Gasperi e monsignor Montini venivano  puniti da Pio XII per il loro NO ad
accordi elettorali con i fascisti, i qualunquisti e i monarchici; pensiamo
alla "normalizzazione" post-conciliare con l'inquisizione e la rimozine
dalle cattedre di teologi e teologhe;  alla dura battaglia per la
soppressione del divorzio in cui alcuni di noi ebbero la carriera
professionale stroncata dal potere profano di ecclesiastici vaticani ;
mentre negli anni appena scorsi siamo stati costretti ad assistere alle
scelte elettorali di Ruini, a Roma, ma anche vaticane: sì a Storace, sì a
Berlusconi, sì alla Moratti, sì a Casini, protettori dei redditi di scuole
e cliniche cattoliche, sì agli atei "devoti" pronti a incensare il ruolo
della Chiesa nel "contenimento" dell'Islam per averla compagna di battaglie
di civiltà....
La ricerca di sicurezze terrene ha, del resto, reso talvolta affannoso il
respiro della Chiesa e ferito crudelmente il suo amore comunitario anche in
altri paesi: dalla lotta, in Francia, alla Nouvelle Théologie ai delitti
nelle adiacenze dello IOR,  all'ossessione anticomunista che ha portato
papa Wojtyla a demolire buona parte delle realtà cattoliche in America
Latina: la tolleranza per i vescovi argentini complici della dittatura e la
spietata condanna all'isolamento di monsignor Romero, il dito ammonitore
levato su Ernesto Cardenal e la mano stretta a d'Aubuisson, notorio
mandante dell'assassinio del vescovo martire...
2
Tristi vicende di una Chiesa semper reformanda e semper casta et meretrix,
secondo i suoi Padri: sempre santa perchè congregata intorno al Signore
Gesù e sempre meretrice perchè fatta di uomini con le loro miserie, le loro
paure, le loro incomprensioni. Ed è un fatto che dovunque la gerarchia
ecclesiastica ha indurito la sua disciplina e ha preteso, in vari modi, di
porre nella società laica, il suo magistero come fonte assoluta ed
esclusiva garanzia di autenticità dei valori morali, lì, crescendo la
distanza fra il vangelo e la sfida portata agli "altri", è stato
inevitabile che la sua voce si facesse (come dire?) "sgraziata", e ne
scadesse la dignità. Ricordo il vescovo di Prato, Fiordelli, che nel 1958
faceva leggere in tutte  le sue chiese una notificazione in cui due giovani
che avevano scelto il matrimonio civile venivano bollati come "pubblici
concubini"; ricordo Amintore Fanfani -vicinissimo a monsignor Benelli,
segretario di Stato - gridare, in  chiusura della campagna per
l'abrogazione del divorzio: "Donne, badate: i vostri mariti scapperanno con
le serve di casa!"... Tempi lontani? Mica tanto se il nuovo presidente
della Conferenza episcopale italiana cita la possibilità della
legalizzazione dell'incesto e della pedofilia come possibili conseguenze
del lassismo morale che, secondo i  vescovi, avvelenerebbe anche la legge
sulle convivenze. Dichiarazione poi smentita, secondo l'esempio di
Berlusconi, il quale, contestato, guaisce (o ringhia) : "Avete frainteso!".
3
Quando una persona di buona volontà entra in politica, porta dentro di sé
un  sogno che va molto al di là delle finalità che si propone il partito al
quale aderisce. Il suo sogno ( ripeto che parlo di persone di buona
volontà!) è quello di riuscire a cambiare radicalmente il mondo, costruire
una realtà, locale o universale, che elimini tutto ciò che gli pare male e
realizzi tutto il bene che gli sembra necessario. Ma in democrazia è
indispensabile tradurre i sogni in leggi ed ottenere su di esse il consenso
della maggioranza. E' un lavoro duro e difficile, particolarmente per chi è
portatore di ideali cui è sensibile soltanto una parte dei cittadini. Ho
vissuto anch'io questo dramma in dieci anni di vita parlamentare: il mio
sogno e la volontà della maggioraza degli elettori molto spesso
divergevano. (Divergevano, anche, molte mie scelte, da quelle di altri
cattolici). La Costituzione afferma che il parlamentare non può avere
vincoli di mandato; vuol dire  che il deputato e il senatore devono votare
sempre in piena libertà di coscienza, senza accettare pressioni. Per fare
politica o per far fermentare la società in senso cristiano non è
necessario entrare in parlamento e neppure in un partito; ci può essere la
via della missione evangelizzatrice, del sacerdozio, dell'apostolato, della
umile ma preziosa testimonianza di vita, e persino (parlo seriamente) della
profezia; ma se si sceglie una tribuna "laica" se ne debbono accettare
lealmente le regole. Il problema del parlamentare cattolico è dunque quello
di esercitare una continua mediazione fra la sovranità popolare e i propri
ideali in un luogo creato per il dialogo e non per lo scontro, per la
collaborazione e non per la rissa delle ideologie, per utopie che si
trasformino in capacità di costruzione collettiva. I cattolici deputati
alla Costituente seppero farlo mirabilmente. Rispettare le competenze dei
parlamentari e la loro vocazione (quando c'è) dovrebbe essere anche oggi
impegno di tutti.
4
La gerarchia ecclesiastica tradirebbe la sua missione se non levasse alto
il vangelo, proponendolo all'intera società; e però la storia mostra quanto
frequenti siano i rischi di questa missione: non solo quando la Chiesa la
eserciti, spesso  eroicamente, in regimi atei o totalitari, ma anche quando
la eserciti in regimi democratici. La lettura e le interpretazioni dei
"segni dei tempi", per esempio, non sono competenze esclusive del suo
magistero, anzi, talora, nella storia, i vescovi hanno rivelato
sconcertanti sordità e confusioni: penso a come la Chiesa gerarchica ha
perso la classe operaia nel secolo XIX, negando ai poveri il diritto alla
giustizia per non deporre i privilegi che la assimilavano alla classe
padronale. Oggi le tentazioni che si pongono alla comunità cristiana sono
più raffinate: molti sedicenti amici (atei "devoti") le chiedono di
trasformarsi in lobby, di non essere sale e lievito nella massa ma blocco
di lievito inerte, muraglia di sale scipito. Forze politiche e uomini di
potere che in cuor loro ritengono il messaggio del Cristo una follìa si
offrono di essere il suo braccio  secolare nelle istituzioni, Non basta:
viviamo anni di confusione di valori, di sensibilità e anche, purtroppo, di
ostilità per chi propone un'etica senza compromessi; la sensibilità nella
comunicazione ecclesiale dovrebbe essere dunque particolarmente attenta; si
ha invece la sensazione che molti fra i più importanti ecclesiastici
abbiano perso il contatto con la realtà culturale: se Benedetto XVI,
dovendo scegliere un esempio di violenza religiosa, indica l'Islam invece
delle crociate, se la Chiesa concede funerali religiosi a Pinochet e li
nega a Welby; se la continua reiterazione (per non dire l'ossessività) di
interventi contro la "legalizzazione" delle famiglie "di fatto" contrasta
con la penuria - o almeno l'episodicità - di interventi contro peccati
"sociali" come la feroce inutilità della guerra (e dunque la necessità di
un forte pacifismo cristiani),  la frequenza delle morti nei cantieri e
nelle fabbriche o gli inquinamenti mafiosi nella politica; se il Vaticano
preferisce venire a patti  con i seguaci di Lefebvre, l'Anticonciliarista,
piuttosto che entrare in dialogo fraterno con Jon Sobrino, il teologo dei
poveri; se tutto questo accade, l'opinione pubblica, piuttosto che
contemplare il mite, amorevole volto del Cristo, vede e sente estranea,
antipatica (ma sì, diciamolo l'aggettivo) una istituzione che le pare
invadere la sfera del privato e del pubblico, in nome di una volontà di
potere e di una serie di precetti formali, soprattutto sessuofobici. La
maggioranza degli italiani dichiara, nei sondaggi, di avere fiducia nella
Chiesa ma piuttosto che al magistero si riferisce alla straordinaria (e
talvolta eroica) rete di servizi tessuta dal volontariato cattolico.
5
Anche oggi (4 aprile) una nuova bordata della CEI contro le cosiddette
famiglie di fatto. Mi colpisce la reiterata violenza nel giudizio dei
vescovi. A me pare, intanto, che vi sia convivenza e convivenza, e non
poche esprimano un'affettuosa solidarietà in cui si possono rinvenire
tracce ( e talvolta ben più che tracce) di amore cristiano. Del resto,
quando Gesù, assumendo su di sé anche il loro strazio, affidò Maria a
Giovanni e Giovanni a Maria, non diede origine a una famiglia di fatto? E
non esistono sulla Terra più di un milione di persone, a stare alle
statistiche vaticane, che (frati, suore, seminaristi, membri di istituti
secolari)  rivendicano con amorosa fierezza, per le loro convivenze, il
nome di "famiglie  religiose"? E al momento del Concordato non ha chiesto,
e ottenuto per esse la Santa Sede che lo Stato italiano concedesse loro
apposite normative?
Il fatto è che i vescovi temono particolarmente due pericoli. Il primo è
quello che si vada verso il riconoscimento di vincoli matrimoniali fra
omosessuali. Avendo dato origine a un sacerdozio celibatario, la cui
formazione avviene in istituti mono-sessuali, la Chiesa cattolica  romana
si trova in effetti a dover fronteggiare, nei suoi stessi ambienti, un
problema reale e scabroso. Questa percezione ha generato una vera e propria
omofobia, la quale impedisce una serena valutazione della legge sulle
cosiddette DICO, che a molti (me compreso) appare nello stesso tempo assai
ponderata. E la durezza espressa dai vescovi, certamente al di là delle
proprie intenzioni finisce per apparire ben poco evangelica: fossero pure,
gli omosessuali, dei "devianti", come dimenticare la misericordia con la
quale Gesù dichiara: "Non spezzerò la canna fessa né il lucignolo
fumigante"?
Il secondo pericolo avvistato dai vescovi mi sembra il seguente: che una
legittimazione delle coppie "di fatto" finisca per negare al matrimonio una
condizione di privilegio, mentre si perderebbe lo stigma sociale che ancora
oggi colpisce le unioni "irregolari". Questo concorrerebbe a una crisi
della famiglia "naturale" e in   particolar modo di quella cattolica.
Vale qualcosa la testimonianza di una coppia che ha celebrato il 51.mo
anniversario del suo matrimonio cattolico; di uno scrittore che ha girato
per anni tutte le regioni italiane - nessuna esclusa - in un'attività di
cosiddetto apostolato sociale; di un giornalista che ha condotto inchieste
approfondite sull'argomento? Se sì, allora vorrei dire sommessamente ai
vescovi che è vero che la fedeltà coniugale è spesso aggredita da un
diffuso lassismo morale ma i prevalenti pericoli per la famiglia (cattolica
e no) nascono da altre realtà. Se  i giovani, a causa delle politiche
governative che consentono un andamento selvaggio del mercato immobiliare
non riescono a "mettere su casa"; se il precariato che impera nel mondo del
lavoro impedisce loro di ricorrere ai mutui bancari; se i salari italiani
sono i più bassi dell'Europa occidentale; se la situazione degli asili e
delle scuole è vergognosa; se il caos del traffico e dei trasporti pubblici
priva centinaia di migliaia di padri di una autentica presenza in famiglia;
se la pressione consumista è così forte e devastante, è ovvio che la
famiglia sia resa più fragile; ma anche su questi fenomeni la voce dei
vescovi si è espressa saltuariamente e fievolmente o almeno con forza e
frequenza del tutto dissimili alla presente offensiva mediatica. Su di essi
i cattolici non sono mai stati chiamati in piazza. Ne parleranno al
cosiddetto Family Day?
6
Naturalmente sono vere molte altre cose: per esempio, che non raramente
ai documenti della CEI viene concesso dai media attenzione mediocre quando
non esigua, essendo presente nella borghesia italiana una rimarchevole
corrente anticlericale; che gli echi di questa inopinata battaglia vengono
grandemente ampliati da giornalisti al servizio di quei politici che vedono
il progetto delle DICO come una promettente pietra d'inciampo per il
governo Prodi; che i DICO appaiono a molti cattolici un'ulteriore forma di
mutamenti sociali che sgretolano il conforto di  antiche certezze.
Vero è anche che fra i cattolici regna una profonda ignoranza sui termini
ecclesiologici; per cui il dibattito sulla vicenda è rozzo, elementare:
molti non ne capiscono le valenze, molti sono convinti che un saluto del
Papa ai pellegrini domenicali abbia lo stesso valore, la stessa cogente
importanza di un'enciclica. Questo comporta la pratica inesistenza di un
dialogo nella Chiesa italiana. Il silenzio degli inellettuali laici aumenta
a dismisura l'isolamento dei pastori. E' talvolta un vero e proprio
tradimento...
Dico questo perché papa Giovanni ci ha insegnato che non si può battere il
confiteor sul petto altrui. La Chiesa non è una realtà di "quadri", la
Chiesa siamo (anche) noi. Anche noi ne siamo responsabili. Lasciatemi dire
che vedo non pochi fratelli e sorelle nella fede quasi rattrappiti in una
dolorosa depressione, resi vecchi dalla convinzione che il Concilio sia
ormai da considerare lettera morta e che tentare di collaborare con i
vescovi tenendo dritta la schiena sia troppo scomodo e vano. In questa
festa di passaggio e di resurrezione, vorrei che questi uomini e donne di
buona volontà sentissero che Dio, qualunque sia la nostra età anagrafica,
rallegra ancora la nostra giovinezza.