sceriffi e poliziotti



Il 2 giugno sotto le due torri si scatenò contro il movimento una caccia
all'uomo. Violenza privata è il reato contestato. l'inchiesta punta sulle
gravi responsabilità di dirigenti della Digos e della Questura.

Strette di mano in piazza. Dialoghi, pseudo rapporti di servizio, premi e
onorificenze, giri in coppia con gli agenti. Se c'è, come c'è, un punto
nero nell'inchiesta della procura di Bologna su quel che fanno ì
«pattuglianti» privati che per anni hanno girato per la città prendendosi
il diritto di sostituirsi alla polizia, questo riguarda i rapporti con la
locale questura.
L'ultimo tassello è un ingrandimento di immagini fornito a il manifesto da
un fotografo indipendente che preferisce rimanere anonimo. Mostra il capo
della Digos bolognese, Vincenzo Ciarambino, che la mattina del 2 giugno del
2004
parla in particolare con uno sceriffo privato G. O.: l'ingrandimento  ci fa
vedere distintamente il funzionario di
polizia, in maniche di camicia, che parla con lo sceriffo privato, ben
riconoscibile a causa del cappello da baseball. Lo stesso uomo, membro
dell'associazione «Pattuglie cittadine» ora nell'occhio del ciclone, sarà
poi immortalato mentre insieme ai poliziotti trascina e strattona un
manifestante inizialmente accusato di resistenza a pubblico ufficiale.
Quello del 2 giugno 2004 - quando una manifestazione di pacifisti contro le
parate militari in occasione della festa della Repubblica venne caricata da
poliziotti pubblici e privati - è l'episodio più grave dell'inchiesta sugli
«sceriffi». Ed è anche il punto di partenza dell'intera indagine, in cui
dodici cittadini con la passione per l'ordine - giravano col distintivo sul
petto e a casa tenevano palette e fotografie delle azioni più brillanti -
sono accusati di vio-lenza privata, usurpazione di pubbliche funzioni e
lesioni personali.
L'immagine di G.O. e C. G. (l'uomo in sahariana a maniche lunghe) nel bel
mezzo dell'azione campeggia da giorni sui giornali locali.
In realtà, dal fotogramma che abbiamo in mano è impossibile capire il
contenuto o la durata del dialogo tra il capo della Digos e G. O. ed è
probabile che l'episodio sia avvenuto dopo e non prima la carica e le botte
ai due manifestanti.
Il mosaico è complicato. Interrogati, gli indagati hanno spiegato di non
conoscere il funzionario in questione, mentre almeno uno di loro è «amico
da una vita» di un altro dirigente della polizia presente in piazza quel
giorno.
Due degli indagati, diversi da quelli presenti nelle immagini a fianco,
hanno ammesso di aver agito seguendo gli ordini quando il dirigente della
Digos ha chiamato gli uomini a lui più vicini per ordinare loro di
coordinare hanno considerato «normale» obbedire all'ordine ed affiancarsi
agli agenti in borghese e a quelli in tenuta anti-sommossa
L'uomo col cappello da baseball, invece, 46 anni, commerciante e
collezionista di cimeli militari, interrogato il 7 febbraio scorso dalla pm
Morena Piazzi ha spiegato di aver agito senza obbedire ad un ordine, ma
nella certezza che
sebbene nessuno l'avesse chiamato in piazza i quasi colleghi della polizia
non lo avrebbero mai fermato.
Se non è del tutto chiaro il rapporto con la Digos e si sa per certo che
Ciarambino, all'epoca delle foto del 2 giugno 2004 era arrivato a Bologna
solo da sei mesi, di sicuro con il resto della questura i rapporti sono
sempre stati
floridi e basati su una quotidianità fatta di rapportìni inviati via fax
alle volanti e fermi in flagranza di reato, spalla a spalla con gli agenti
della mobile. La convenzione tra le Pattuglie cittadine create nel
dopoguerra e la
prefettura fu sciolta solo negli anni Settanta, ma il comune di Bologna ha
continuato a finanziare queste associazioni di sceriffi locali e lo stesso
Cofferati, nei giorni scorsi, ha promesso che il sostegno rimarrà almeno
fino alla fine dell'inchiesta.
Per gli sceriffi privati, dunque, Bologna è rimasta a lungo una enclave
felice. Solo un anno dopo la circolare dell'allora ministro Napolitano che
vietava i rapporti con questo genere di associazioni, nel 1997, il nostro O.
riceve un encomio dal vicequestore Giovanni Preziosa, allora dirigente del
Commissariato «Due Torri San Francesco», già capo della Squadra mobile e in
seguito per un breve periodo assessore alla sicurezza della giunta
Guazzaloca.
La circolare del dirigente della mobile Mobilio che vieta di avere rapporti
con i pattugliami e con tutti coloro che non svolgono servizi pubblici, è
del 2006. Fino ad allora i rapporti sono continuati. Intervistato, il
questore di
Bologna Francesco Cirillo ha detto di aver saputo dell'esistenza delle
pattuglie solo nel 2005 e che la circolare è arrivata a marzo, dopo le
verifiche interne. Nel 2004, Cirillo in piazza non c'era. Precipitata
nell'ansia securitaria bolognese, l'inchiesta sugli sceriffi ha alzato
ulteriormente la tensione. Dall'inizio del 2004, la procura ha avviato
contro gli attivisti dei movimenti locali 188 procedimenti, tutti con
raggravante dell'eversione e tutti basati su informative firmate dalla
Digos locale. E
infatti, la scorsa settimana, intervistati dal manifesto, i militanti del
Tpo hanno spiegato che al corteo previsto per il 3 marzo prossimo non
vorrebbero la presenza.della polizia.

fonte: "Il manifesto" Sara Menafra

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