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In volata*Voli di aerei * reti-retate * omicidio politico- caso chiuso
- Subject: In volata*Voli di aerei * reti-retate * omicidio politico- caso chiuso
- From: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
- Date: Thu, 08 Feb 2007 06:32:43 +0000
- Bounce-to: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
Per non "invadere" e lasciare "spazio" in rete, unisco tre notizie in volata nazional-internazionali Doriana Goracci ---------------------------------------------------------------------------------------------- Il Governo italiano ha firmato per passare alla fase operativa di produzione degli aerei F-35, dopo Usa, Paesi bassi, Canada, Austrialia, Gran Bretagna, Turchia e Norvegia. Vola F35, vola... ----------------------------------------------------------------------------------------------- Dalla Rete Disarmo : COMUNICATO AI MEDIA - Roma, 7 Febbraio 2007 JOINT STRIKE FIGHTER: "CON LA FIRMA DI OGGI IL GOVERNO COMPIE UN ALTRO STRAPPO AL PROPRIO PROGRAMMA E NON ASCOLTA IL MONDO DELLA PACE" Presa di posizione congiunta della Campagna Sbilanciamoci! e della Rete Disarmo sulla nuova fase per gli aerei F-35 "Con la firma di oggi del Memorandum of understanding per passare alla fase di produzione del caccia Joint Strike Fighter F35, da parte del sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, il Governo compie un ulteriore strappo sul proprio programma elettorale. Ma, cosa ancora più grave, il Governo si allontana in maniera decisa e inequivocabile dalle richieste di Pace e Nonviolenza che tutte le nostre organizzazioni da tempo chiedono con forza". È questa la presa di posizione forte e congiunta di rete Disarmo e Campagna Sbilanciamoci! sulle notizie provenienti dagli USA. Limitandosi al programma di Governo, nel documento si afferma che: "l'Unione si impegna, nell'ambito della cooperazione europea, a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti". Ora invece, dopo aver aumentato in finanziaria le spese militari di oltre il 10% con solo una semplice informativa al Parlamento a riguardo, si è deciso di passare alla fase operativa della co-produzione del JSF che vede come capofila industriale gli Stati Uniti d'America. Le motivazioni di contrarietà ed opposizione a tale scelta sono tante, a partire dai costi economici a fronte di uno scarso ritorno per l'Italia. Il nostro paese ha già speso per questo faraonico progetto 638 milioni di dollari per la fase di sviluppo, che ci costerà complessivamente 1018 milioni di dollari, ai quali vanno aggiunti altri 903,2 milioni di dollari per la fase successiva di implementazione e produzione. La ricaduta positiva sulla nostra economia non è così poi allettante come ci si è fatto credere: i 10.000 occupati per 45 anni sbandierati nel giugno scorso dall'ex Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, generale Antonio Tricarico, si sono subito sgonfiati a 1.000 occupati (200 diretti ed 800 per indotto) per 10 anni nelle nuove stime. Va chiarito inoltre che tali ritorni sono solo "attesi", poichè la fase che si sta formalizzando oggi riguarda solo la costruzione di prototipi e delle linee industriali, mentre invece il ritorno in Italia si avrà solo eventualmente con l'assemblaggio dei velivoli (a Cameri in provincia di Novara) quando l'Italia dovesse acquistare i 131 aerei previsti (dal 2008-2009) "Bisogna dire chiaramente che i soldi che l'Italia mette in questa fase non avranno alcun beneficio diretto sull'occupazione nel territorio novarese" dice Gianni Alioti della FIM-Cisl "e che l'aumento di occupazione dipenderà dagli ulteriori fondi che il nostro paese dovrà spendere per comprare gli F35 una volta in produzione (100 milioni di euro a pezzo con le valutazioni attuali)". "Al limite ci saranno minime ricadute economiche a vantaggio dell'industria bellica del nostro paese - aggiunge Massimo Paolicelli dell'Associazione Obiettori nonviolenti - ma che avrà ben poco respiro vista la riluttanza statunitense a trasferire tecnologia ed informazioni per salvaguardare la superiorità tecnologica ed industriale americana. In pratica a Finmeccanica andranno in questa fase solo alcune briciole per le fasi di ricerca e sviluppo, ma senza quel forte impulso in campo anche tecnologico che proviene da coproduzioni europee". Non bisogna scordarsi che uno degli obiettivi per cui è nato il JSF è anche quello di ostacolare l'indipendenza europea nel campo della difesa, sia per creare dipendenza industriale strategica sia per eliminare possibili concorrenti sul mercato. Quindi non ci rassicurano minimamente le dichiarazioni di intenti rilasciate ieri dal ministro Bersani che auspica che gli Stati Uniti diano all'Italia un ruolo di corresponsabilità. E' bene ricordare che l'Italia, pur essendo il secondo paese del progetto per quanto riguarda gli investimenti è nei fatti un partner di secondo livello. C'è poi l'aspetto strategico: il JSF è un aereo da combattimento monomotore monoposto, in grado di superare la velocità del suono ma con velocità di crociera subsonica ed è impostato per il ruolo aria-terra, anche se come capacità secondaria ha anche quella aria-aria; è di tipo stealth (bassa rilevabilità dai radar ed altri sensori) e ha due stive interne per le missili e bombe che possono essere anche di tipo nucleare. "Abbiamo difficoltà a capire come tale aereo si concili con il dettato dell'articolo 11 della nostra Costituzione. Quello che preoccupa di più è poi la totale parcellizzazione delle scelte strategiche della Difesa senza far intendere a quali logiche di politica estera rispondono, anche se poi la loro somma porta ad uno scenario inquietante che si sovrappone alla politica di guerra preventiva degli Stati Uniti" aggiunge Francesco Vignarca coordinatore nazionale della Rete Italiana per il Disarmo. Proprio per questo nei prossimi giorni avvieremo una campagna che da un lato vuole sensibilizzare l'opinione pubblica, sempre tenuta all'oscuro, dei rischi di questo progetto e dall'altro una pressione verso il Governo. "Il nostro sforzo sarà immediato e il più efficace possibile: il governo deve ravvedersi da questa scelta e destinare le risorse previste per il JSF alla riconversione dell'industria bellica (non è stato mai finanziato il fondo apposito previsto dalla legge 185/90) ed alla cooperazione allo sviluppo, vera 'arma' contro il terrorismo molte situazioni di conflitto" conclude Giulio Marcon, coordinatore della Campagna Sbilanciamoci! che da anni elabora una controfinanziaria molto più attenta ai temi sociali, di cooperazione e della Pace rispetto al documento ufficiale del Governo. __________________________________________________________ reti e retate: 13 curdi arrestati a Parigi _____________________________________________________________ Dal Manifesto Retata contro i kurdi a Parigi: 13 arrestati Tutti residenti regolari gli arrestati, accusati di riciclaggio per finanziare i guerriglieri del Pkk. Assalto brutale all’alba al centro culturale Ahmet Kaya, all’ufficio d’informazione del Kurdistan e a decine d’appartamenti Orsola Casagrande La polizia francese ha arrestato ieri tredici cittadini kurdi (tutti regolarmente residenti in Francia) accusandoli di riciclaggio di denaro sporco destinato a finanziare i guerriglieri del Pkk. L’operazione è stata di quelle in grande stile: massiccio spiegamento di uomini, due centri kurdi perquisiti e distrutti, casse di materiale requisito, perquisizioni in decine di appartamenti. A metà mattina una portavoce della procura parigina si è limitata a dire, alla Reuters, che «le persone arrestate sono sospettate di finanziare il Pkk». Alle sei di ieri mattina gli agenti dell’antiterrorismo hanno perquisito prima il centro culturale Ahmet Kaya e quindi l’ufficio di informazione del Kurdistan. Due centri molto noti e molto attivi. Il centro Ahmet Kaya si trova proprio accanto all’ufficio elettorale del ministro degli interni Nicolas Sarkozy. Dopo gli uffici si è proceduto con la perquisizione degli appartamenti. Una giovane donna racconta il terrore suo e dei figli per l’irruzione violenta della polizia «che ha buttato tutto a terra, rompendo mobili e le nostre cose». Secondo le poche indiscrezioni che trapelano dalla procura, l’operazione sarebbe partita a luglio quando due cittadini kurdi sono stati arrestati mentre cercavano di cambiare in dollari 200mila euro. Soldi che la procura ritiene essere il provente di traffici illeciti, probabilmente droga. I rappresentanti delle associazioni perquisite ieri respingono con forza le accuse, sostenendo di non aver mai visto né conosciuto i due uomini arrestati a luglio. Faruk Dogru, responsabile dell’ufficio di informazione del Kurdistan, da molti anni in Francia, dice senza mezzi termini che «si tratta di una operazione tutta politica. Questa è la risposta dell’Europa - sostiene - alle pressioni della Turchia e degli Stati uniti che chiedono di reprimere e tagliare le gambe al movimento di liberazione kurdo». Il centro culturale Ahmet Kaya (dal grande cantante kurdo scomparso qualche anni fa) è un luogo di ritrovo molto conosciuto e non solo dai cittadini della diaspora kurda. Qui infatti si organizzano concerti ed iniziative prestigiose. Quello che resta del centro sono mobili distrutti, documenti strappati, carte ovunque. La polizia francese non ha fatto sconti. E certo l’operazione ha contorni un po’ oscuri. Per esempio è evidente che i due centri sono sorvegliati giorno e notte da anni, praticamente dalla loro apertura: curioso che proprio ora la polizia decida di intervenire in maniera così pesante. E poi giunge a meno di un mese dal verdetto della corte europea di giustizia che dava ragione a Osman Ocalan (fratello del presidente del Pkk, Abdullah Ocalan) riconoscendogli il diritto a contestare l’inclusione del Pkk nella lista europea delle organizzazioni terroristiche. La corte ha ordinato il riesame del caso. Ieri pomeriggio centinaia di kurdi si sono riversati per le strade di Parigi per protestare contro le perquisizioni e gli arresti. Gli avvocati dell’ufficio di informazione del Kurdistan, Jean Pierre Berthilier e Armel Faik Taverdin, hanno ribadito che «si tratta di un’ operazione politica. Questo - ha detto Bertihilier - fa parte della strategia della paura condotta dal ministro Sarkozy». Il Knk, congresso nazionale del Kurdistan ha sottolineato che «da mesi assistiamo ad una politica ostile da parte della Germania. Prendiamo atto che anche la Francia sta adottando questa strategia. Ci chiediamo se questa è la nuova politica dell’Unione europea verso la questione kurda». Sabato prossimo a Strasburgo è prevista una manifestazione dei kurdi europei in occasione della seduta (che si svolgerà lunedì) del segretariato del comitato dei ministri del consiglio d’Europa che dovrà decidere sulla proposta della Turchia di archiviare definitivamente il caso Ocalan. La corte europea di Strasburgo infatti aveva, nel maggio 2005, ordinato alla Turchia di celebrare un nuovo processo, ritenendo il primo non democratico e non equo. Ma Ankara ha risposto che non c’era nulla da rivedere e a gennaio il segretariato della commissione ha indicato di voler prendere per buone le giustificazioni turche. Per il Knk, accettare una simile raccomandazione equivale ad uno schiaffo al popolo kurdo «che cerca una soluzione pacifica al conflitto». http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Febbraio-2007/art40.html __________________________________________________________ La Difesa internazionale dei signori della guerra risponde unanime:omicidio politico? " il caso è già chiuso". ___________________________________________________________- Il gup di Roma Sante Spinaci ha rinviato a giudizio il militare Usa Mario Luis Lozano, che la sera del 4 marzo 2005 a Baghdad, ad un posto di blocco, uccise il funzionario del Sismi Nicola Calipari e ferì la giornalista Giuliana Sgrena e il funzionario dei servizi di sicurezza Andrea Carpani. La giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena ha detto: "Noi volevamo il processo e quindi sono soddisfatta. Non voglio, però, un capro espiatorio in Lozano. Spero che il processo - ha aggiunto - aiuti a fare conoscere la verità. Comunque, non mi faccio illusioni". La vedova Calipari, Rosa Villecco, ha commentato così: "Il rinvio a giudizio di Mario Lozano costituisce il primo passo verso la verità e verso la giustizia. Ho sempre avuto fiducia nella magistratura - prosegue la senatrice Ds - e anche oggi la mia fiducia ha trovato conferma". Sarà processato il 17 aprile in contumacia Lozano sarà processato il 17 aprile prossimo dalla III corte d'assise di Roma. L'imputato, giudicato dal Gup Spinaci in contumacia, dovrà rispondere di omicidio volontario e di tentato duplice omicidio. Il Gup ha accolto le richieste presentate dai pubblici ministeri Franco Ionta, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio. Sebbene le leggi italiane non ammettano il processo in contumacia per un cittadino straniero accusato di omicidio, l'iscrizione del reato come "omicidio politico" consente di aggirare questo ostacolo. Ionta, uno dei tiolari delle indagini, ha dichiarato: "Trovo giusto e giudiziariamente corretto che la morte del dott. Calipari venga ricostruita nella sua dinamica e nelle eventuali responsabilità dinanzi a una corte d'assise, luogo deputato alla ricerca più attendibile e completa del vero". Pentagono: "Caso chiuso" Il Pentagono considera l'omicidio di Nicola Calipari "un caso chiuso". Per il delitto commesso sulla strada per l'aeroporto di Baghdad dopo la liberazione di Sgrena, il giudice Sante Spinaci ha deciso l'incriminazione del soldato scelto Mario Lozano "nel quadro di un delitto politico, eseguito in danno della personalità dello Stato italiano". Accuse gravissime che tuttavia non scalfiscono la linea ufficiale che il governo americano ribadisce da mesi. "Abbiamo condotto una indagine molto accurata - ha spiegato il portavoce del segretario alla Difesa Robert Gates - un'indagine che ha visto la partecipazione degli italiani; e abbiamo reso pubbliche tutte le informazioni relative a questa inchiesta". Il Pentagono insomma non ritiene verosimile non solo l'estradizione di Lozano ma la partecipazione del soldato al processo in qualunque forma. "La posizione del dipartimento della Difesa è che sia il governo americano che il ministero della Difesa italiano considerino il caso già chiuso".
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