[Comunicato Stampa] Genova, 31.01.07, Processo Diaz: Genova in nylon





Valerio Donnini, capo dei reparti mobili impiegati a Genova, scorre
rapido il video che gli viene mostrato. Osserva velocemente - non ama
alzarsi dal suo scranno di teste e guardare da vicino lo schermo - gli
uomini in borghese fuori dalla Diaz. Uno di loro ha in mano il sacchetto
di nylon azzurro che contiene le molotov. Donnini, su domanda del
presidente Gabrio Barone, riconosce quel sacchetto: è lo stesso che gli
sarebbe stato consegnato nel pomeriggio, in Corso Italia, e che lui ha
deposto nel retro della jeep che aveva in dotazione. In aula c'è il
bisbiglio delle grandi occasioni, mentre l'udienza si va a concludere.

Valerio Donnini, pur con molte reticenze nella descrizione del percorso
compiuto dalle bottiglie, che arriveranno presso la scuola Diaz a bordo
della stessa jeep - e rispetto alla strana attenzione di un dirigente di
alto livello per un reperto, mentre c'è una carica finita da pochi
istanti - tenta di scaricare su Digos e, soprattutto, sullo Sco le
responsabilità delle operazioni, in difesa dei "suoi" reparti mobili,
Canterini Boys in testa. Gilberto Calderozzi, ex vice e oggi a capo
dello Sco (lo avrete visto rincorrere le telecamere in occasione
dell'arresto di Provenzano) è il nome su cui Donnini sembra volere
accumulare più spilli: Calderozzi era il responsabile delle pattuglie
cercablackboc, Calderozzi era il referente dei suoi uomini alla Diaz.

Donnini però non ricorda le telefonate fattegli dallo stretto
collaboratore Troiani, che partecipa sia alle pattuglie, sia
all'operazione Diaz e stenta a ripetere quanto affermato in sede di
verbale, riportando un suo simposio con Troiani, ovvero: quelle
bottiglie della Diaz erano le stesse che aveva avuto per le mani qualche
ora prima in Corso Italia. In attesa che dal cilindro di qualche
documento della questura, che ancora si ostina a ritenere le molotov
"sequestrate", vengano fuori news sulle bottiglie scomparse, come si
diceva ai bei tempi, da Genova, per oggi, è tutto.