Chi sono i sommersi e i salvati della globalizzazione



“Chi global? Chi sono i sommersi e i salvati della globalizzazione?



Riva del Garda, 4 novembre 2006



I sommersi e i salvati della globalizzazione, la Tavola rotonda che ha
aperto il Convegno internazionale di Mani Tese, al Palazzo dei Congressi di
Riva del Garda, ha misurato lo stato di crisi dell’impianto liberista.

Relatori

Nicola Bullard,  Focus on the Global South

Alessandro Volpi, Università di Pisa

Innocenzo Cipolletta, Presidente delle Ferrovie dello Stato spa

Juraci Portes de Oliveira, Movimento Sem Terra



Vecchi centri escono di scena

“Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e Organizzazione mondiale
del commercio si trovano oggi in un pantano intellettuale, e la loro
capacità di dettare le politiche economiche e commerciali dei Paesi si sta
riducendo” ha sottolineato Nicola Bullard. “Non ha senso, ormai, lottare
per una riforma di questi istituzioni – ha continuato – perché queste
realtà hanno un ruolo marginale nei processi di trasformazione
dell’economia globale. A livello commerciale emerge la tendenza a
concludere accordi bilaterali, non solo da parte di Stati Uniti ed Unione
Europea, ma anche di altre economie emergenti, Brasile, Sud Africa, Cina ed
India. Accordi che eludono il ruolo della Wto, e dietro i quali stanno le
multinazionali.

Negli anni ’80 e ’90 sono diminuiti i prezzi delle materie prime esportate
dai Paesi del Sud del mondo. Oggi assistiamo ad un aumento non solo del
prezzo del petrolio, anche delle materie prima alimentari. “Oggi molti
Paesi del Sud del mondo, quelli che esportano le materie prima, stanno
finendo di pagare i loro debiti e si stanno emancipando dalle politiche
imposte dalle istituzioni finanziarie internazionali”.

La Cina al centro dell’economia globale   

“I prezzi delle materie prime aumentano anche a causa della forte domanda
cinese, un’economia in grado di pagare un prezzo superiore a quello di
mercato, abbattendo i costi dei prodotti finiti scaricando sulla manodopera
i costi sociali ed ambientali” ha introdotto il suo intervento Alessandro
Volpi. “I paesi produttori di materie prime – ha continuato – oltre a
ripianare i propri debiti con le istituzioni finanziarie stanno
riacquisendo il controllo di aziende già privatizzate. Così facendo, creano
dei campioni economici. Le nuove multinazionali a maggioranza pubblica sono
imprese che gestiscono un servizio in situazione di monopolio e sono capaci
di attrarre immensi investimenti direttamente sul mercato senza la
mediazione delle istituzioni finanziarie internazionali. Non c’è più
bisogno di Fondo monetario internazionale e di Banca mondiale”.

La nuova periferia dei global della finanza

La crisi delle istituzioni finanziarie internazionali riflette la crisi del
sistema USA. La combinazione di deficit pubblico e deficit commerciale, per
un Paese ormai incapace di attrarre capitali internazionali, che si
dirigono verso nuovi mercati, rischia di mettere in ginocchio almeno cento
milioni di persone. Tanti sono gli investitori che sono costretti – per la
mancanza di un sistema di Welfare pubblico – ad affidare i propri risparmi
al mercato finanziario. L’unica salvezza per l’economia Usa è il
mantenimento della dollarizzazione. Queste le tesi portate da Alessandro
Volpi. Innocenzo Cipolletta che ha sostenuto la fine del problema “fame nel
mondo”. Si tratta di una questione organizzativa di distribuzione e non più
di produzione come avveniva 50 anni fa. L’economia del mercato ha molti
difetti, ma ci troviamo qui per correggerli”.

La risposta delle periferie vive

E’ la volta di Juraci Portes de Oliveira. “Non possiamo lasciare che siano
le grandi corporation a regolare il lavoro, il consumo, la vita della
gente. In Brasile, la destra liberista ha imposto una politica di
alleggerimento della presenza dello Stato nell’economia. L’energia, le
telecomunicazioni, le materie prime sono state trasferite a gruppi
economici transnazionali a prezzi stracciati: 500 imprese sono state
svendute alle multinazionali straniere. Questo ha portato a un processo di
precarizzazione del lavoro che riguarda in Brasile 40 milioni di persone.
Questa riorganizzazione del lavoro rende difficile anche il perseguimento
di alternative, per l’impossibilità di avere un’ampia base sociale. Se
negli anni ’90 un reddito di 500 reales (pari a circa 183 euro) mensili
consentiva l’auto-sostentamento di una famiglia, oggi il sistema economico
adottato privilegia la produzione per l’esportazione (soia, cotone, ecc),
impedendo di fatto una sovranità alimentare e anche l’autonomia degli
individui.

La sessione si è conclusa con una citazione:

“Le idee degli economisti sia che siano giuste sia che siano sbagliate sono
più potenti di quanto si pensi. In verità il mondo è governato da poco
altro. Uomini pratici, che si credono esenti da qualsiasi influenza, sono
di solito gli schiavi di qualche economista” di John Maynard Kaynes



Per informazioni:

Ufficio Stampa Mani Tese – 02/4075165

<mailto:pedone at manitese.it>pedone at manitese.it; 3389960030 (Erica Pedone)

<mailto:martinelli at manitese.it>martinelli at manitese.it; 349 8686815 (Luca
Martinelli)