oppressi ed oppressori



Non solo riconosco Israele, il suo diritto ad esistere in pace e sicurezza, ma soprattutto sono convinto che la politica aggressiva, unilaterale e razzista del governo israeliano sia la più grave minaccia (non a lungo termine) alla sua concreta esistenza.
Israele è stato sempre governato (fin dalle sue origini, 58 anni fa) da politici selezionati all'interno della cultura politica sionista.
Il sionismo è stato il movimento politico che storicamente ha creato le premesse necessarie alla nascita dello stato d'Israele. Per capirne di più rimando ai dubbi e contrarietà di Hannah Arendt.
La politica sionista è diventato il vero problema "critico" di quel martoriato paese, dell'ancor più martoriato popolo palestinese, e dell'intera area mediorientale (al netto delle pur pesanti responsabilità dei paesi arabi confinanti).
Il sionismo - come filosofia politica e prassi - non ammette la fondamentale categoria politica dell'Avversario, ma solo le categorie pre-politiche dell'Amico (di cui diffida) o del Nemico (da eliminare). Attitudine molto simile, anzi speculare, a quella del fondamentalismo islamista.
Ora, in questa fase critica, il profondo senso di frustrazione causato dalla sconfitta politica per la fallita campagna militare libanese, e l'accentuato senso di isolamento e di accerchiamento, stanno portando ad una accentuazione del sionismo più oltranzista e meno pragmatico nella politica israeliana. Vedi l'ascesa dell'estremista Avigdor Lieberman.
Israele sta diventando sempre più uno stato razzista e sta applicando varie forme sempre più dure di apartheid, sia verso i palestinesi, sia verso gli arabo-israeliani.
Purtroppo, tra due anni le cose si aggraveranno ulteriormente, poiché il normale cambio di politica statunitense nel Medioriente, dopo la fine dell'era bushiana, aumenterà il già precario senso di insicurezza ed incertezza, nella società e nella leadership israeliane. Aumenteranno i pericoli di estremismo.
Facile prevedere che ciò provocherà reazioni belliche preventive nei confronti di probabili nemici esterni ed interni, ed è prevedibile una escalation militare, purtroppo anche verso l'Iran, forse per obbligare la nuova amministrazione Usa a schierarsi (almeno quanto quella di Bush finora).
Così, la spirale di decadimento politico e di isolamento sociale di Israele potrà solo crescere.
Nonostante ciò, non pochi ebrei autorevoli, della diaspora e non (prudenti e saggi: vedi il recente discorso di David Grossman) si preoccupano esattamente di questi fatti, e temono molto per il futuro di Israele.
Io sono molto solidale con loro. Non posso non esserlo, finché i comunisti europei non perderanno i sensi di colpa condivisi idealmente con l'ebraismo della shoa. 
Ma allo stesso tempo, soffro per le sorti tragiche e da troppo tempo insopportabili del popolo palestinese; lui davvero innocente assoluto per la shoa.
In questa tragica storia non si deve mai dimenticare un fatto discriminante: il popolo ed il territorio palestinesi sono concretamente occupati ed oppressi, e lo stato d'Israele è l'occupante e l'oppressore. Israele è responsabile della sorte e della vita di ogni palestinese, affidatogli dall'ingiusta condizione politica e militare di occupato ed oppresso. punto.

Lorenzo