Naila Ayesh




"Scudi umani? Unite contro l'occupazione" intervista a N. Ayesh di Michele



5 Nov 2006 18:56



Scudi umani? «Unite contro l'occupazione»
Parla Naila Ayesh, leader storica delle femministe palestinesi
Mi. Gio.
Donne sotto tiro a Gaza*. L'uccisione di una madre di 40 anni e di una giovane che, assieme ad altre centinaia, ieri hanno aiutato a far fuggire i militanti dell'Intifada asserragliati in una moschea di Beit Hanoun circondata da soldati, ha destato forte impressione tra tutte le attiviste palestinesi. L'offensiva israeliana nel nord di Gaza ha avuto l'effetto di ricompattare movimenti ed organizzazioni di donne che si erano spaccati sull'onda della tensione tra Hamas e Al-Fatah. Ne abbiamo parlato con Naila Ayesh, una delle leader storiche delle donne di Gaza. Cosa significa che le donne di Beit Hanoun hanno fatto da «scudo umano», favorendo la fuga di coloro che erano nascosti nella moschea? È un punto questo sul quale è necessario fare chiarezza. Quando si parla di scudi umani non dobbiamo pensare a persone che mostrano il petto ai fucili nemici e sono pronte a morire al posto di altri. Le donne non hanno fatto nulla di tutto ciò, ma soltanto quello che era giusto nelle terribili condizioni di ieri e di questi ultimi mesi. Sono scese in strada per chiedere agli israeliani di ritirarsi e di non arrestare i loro mariti, fratelli, figli nascosti nella moschea. In ogni caso il fuoco israeliano è stato improvviso e del tutto ingiustificato. Qualcuno ha voluto punire le donne per essersi mostrate compatte, unite, nel difendere la loro terra dall'invasore.
Sono scese in strada solo donne di Hamas?
No, di tutte le fazioni, assieme naturalmente a tante altre che non fanno politica, ma che non possono rimanere indifferenti di fronte a ciò che accade a Gaza. Aggiungo che i mezzi d'informazione hanno diffuso informazioni imprecise. Hanno detto che le donne a Beit Hanoun erano tutte di Hamas perché portavano l'hijab, dimenticando che a Gaza tutte le donne, tranne poche, sono velate, anche quelle che non sono attiviste o hanno votato per il movimento islamico. In ogni caso le due compagne di Beit Hanoun e l'altra caduta giovedì sotto il fuoco degli israeliani, hanno contribuito con il loro sacrificio ad avvicinare le varie organizzazioni di donne palestinesi e favorito il ricrearsi di un fronte unito. Ne avevamo bisogno perché la crisi interna stava avendo il sopravvento sul più importante problema dei palestinesi: l'occupazione. Sino quando continuerà l'oppressione israeliana e non vedrà la luce uno Stato palestinese indipendente, non avrà mai sviluppo concreto il lavoro che tante organizzazioni hanno svolto per migliorare la condizione delle donne a Gaza e nel resto dei Territori occupati. La sofferenza, le dure condizioni di vita, la lotta quotidiana che tante fanno per garantire un pasto ai figli, non consentono di allargare il dibattito sui temi centrali della questione femminile. Lei ha parlato di maggiore coesione tra le attiviste di Hamas e quelle delle organizzazioni laiche, avvenuta anche per l'aggravarsi della situazione a Gaza. Ma quali passi in avanti avete mosso sui diritti delle donne? I progressi ci sono stati, anche se le differenze rimangono ampie. È evidente che sul ruolo della donna nella famiglia e nella società non è facile trovare un punto d'intesa con le dirigenti di Hamas. Pensare che la vita intera, non solo di una donna ma anche di un uomo, debba far riferimento solo all'insegnamento religioso, è molto distante da quello per cui le donne di Gaza hanno lottato per tanti anni. Allo stesso tempo il dibattito è aperto e viene condotto da tutte noi, laiche e religiose, con la consapevolezza che il raggiungimento di un'intesa fa l'interesse di tutte le donne palestinesi.

Articolo di Michele Giorgio
Fonte: il manifesto del 4 Novembre 2006
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Novembre-2006/art49.html