Colombia Palestina Israele: voci di donne



Ricevo dalla mailing list delle Donne in Nero, questi documenti. Vi prego di inoltrarli, sono voci di donne che sembrano non emergere mai perchè la guerra non ha vergogna, misura e confine.
Doriana Goracci

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LA RUTA PACÍFICA DE MUJERES RESPINGE UNA SOLUZIONE DI GUERRA AL
CONFLITTO COLOMBIANO E LA LIBERAZIONE PER VIA MILITARE
DELLE PERSONE SEQUESTRATE


Noi organizzazioni di donne di nove dipartimenti colombiani riunite
nella Ruta Pacífica de Mujeres, ci opponiamo radicalmente ad una
soluzione armata del conflitto colombiano e alla liberazione con le
armi delle persone sequestrate lasciando da parte la speranza di un
accordo umanitario per le famiglie sequestrate.

Ci appelliamo al Presidente Álvaro Uribe affinché non sospenda la sua
volontà di pace mediante il dialogo e il negoziato politico in cui
sperano le famiglie colombiane, non solo quelle che hanno familiari
sequestrati, ma anche quelle che hanno dovuto subire per oltre 40 anni
l?espressione armata di un conflitto con profonde radici sociali,
politiche e, soprattutto, economiche.

Noi donne colombiane non vogliamo che i nostri figli e figlie crescano
in un paese che si lacera a sangue e fuoco. Liberare i sequestrati con
la forza implicherebbe far sprofondare molte famiglie e tutto il paese
nel lutto e nel dolore.

Respingiamo le azioni terroriste di tutti i gruppi armati del paese. E
facciamo un appello ai  combattenti affinché lascino la società civile
fuori dalla guerra. Abbiamo sofferto abbastanza noi madri e mogli di
tutti quelli che per una ragione o l?altra sono stati coinvolti o sono
stati vittime di questa guerra. Siamo noi donne che abbiamo dovuto
sostenere il peso della deportazione e del dolore e della miseria che
la accompagnano.

Noi donne siamo convinte che la guerra non sarà mai un cammino
costruttivo né la soluzione dei  problemi del paese. Noi siamo
radicalmente a favore del dialogo e del tentare fino all?ultimo
istante una soluzione pacifica.

Sappiamo che la guerra è sempre stata presente nelle città in molte
forme. A volte con milizie guerrigliere, a volte sotto forma di
terrorismo narcotrafficante, a volte come guerra sporca, come crimine
selettivo, come battaglie di strada. Noi donne ogni giorno soffriamo
gli effetti del conflitto armato nei quartieri popolari e in altri
settori. E con tutto il cuore lavoriamo perché si fermino tute le
guerre. Noi donne non crediamo nelle guerre giuste, né nelle guerre
sante. Nemmen crediamo che la guerra sia il cammino per trasformare il
mondo. Noi donne non vogliamo che i nostri figli prendano parte a
nessuna guerra, né che uccidano, né che muoiano in nome di nessun
esercito.

Signor Presidente, come cittadine esigiamo che si ascoltino anche le
voci delle donne, sorelle, madri e mogli di tutti gli uomini e le
donne vittime di questa guerra.

Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Antioquia
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Bolívar
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional  Cauca
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Cundinamarca
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Chocó
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Risaralda
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Santander
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional Putumayo
Ruta Pacífica de las Mujeres Regional  Valle del Cauca

20 ottobre 2006

CI RIFIUTIAMO DI ESSERE NEMICHE
Sumaya Farhat-Naser e Gila Svirsky

Sebbene l?informazione non sia ancora giunta ai media internazionali, vogliamo che il mondo sappia che le donne di Israele e Palestina sono pronte per fare la pace.

Per quasi due decadi, le donne sono state la parte più vibrante, coraggiosa e progressista del movimento pacifista da entrambe le parti della nostra divisione. Le donne palestinesi e israeliane hanno continuato a incontrarsi e a negoziare le une con le altre per anni, anche quando parlare con l?altra era illegale in Israele e proibito in Palestina.

Questi negoziati iniziarono segretamente anni fa in case e chiese. Poi ci sentimmo sicure negoziando a Basilea, Berlino, Bruxelles, Bologna e in altre città europee. Oggi ci riuniamo apertamente quando possiamo, spesso in incontri simbolici, come al Centro Notre Dame, sulla frontiera tra la Gerusalemme palestinese e quella israeliana.

Sebbene ci sia stato dissenso e discussione, e sebbene il contesto in cui abbiamo discusso sia stato spesso doloroso, sempre abbiamo posto innanzi a tutto una visione comune di pace. Se fosse dipeso da noi, già da molto tempo avremmo fatto un accordo di pace che avrebbe risolto le questioni diffíicili tra noi.

Noi donne lavoriamo perché abbia fine la situazione di occupanti e occupati. Vogliamo vedere Israele e Palestina come due stati separati, uno a fianco dell?altro, con Gerusalemme capitale condivisa per entrambi. Vogliamo una soluzione giusta per porre fine alla sofferenza dei rifugiati. Crediamo che entrambe le nazioni abbiano lo stesso diritto a uno stato, indipendenza, libertà, sicurezza, sviluppo e una vita degna.

E un punto cruciale di accordo: noi condanniamo ogni tipo di brutalità, violenza, terrorismo- che sia da parte di individui, gruppi politici, governi o militari. Abbiamo già avuto abbastanza stragi da ambo le parti. Troppi bambini palestinesi e israeliani sono morti o rimasti orfani o feriti per la vita, e troppi dei nostri figli, padri e fratelli hanno compiuto queste stragi. Perché la guerra non solo rende vittima l?innocente, ma anche disumaniizza chi la fa.

Noi donne israeliane e palestinesi ci siamo impegnate a educare i nostri rispettivi popoli sulla validità di entrambe le rivendicazioni di questo territorio e abbiamo cercato di contrastare la demonizzazione su cui entrambe le società si impegnano. Abbiamo promosso il dialogo tra donne, presentato le nostre condoglianze reciproche alle famiglie delle vittime di entrambe le parti, siamo state arrestate per aver posto in discussione l?opinione maggioritaria delle nostre nazioni, e abbiamo parlato chiaramente esigendo una soluzione giusta.

E, oltre alle nostre attività pubbliche organizzate, agiamo anche come agenti segreti. Non siamo solo le madri, maestre, infermiere e assistenti sociali delle nostre società. Siamo anche agenti segreti che servono politica con la cena, danno lezioni di nonviolenza a ogni bambino o bambina nelle nostre classi, a ogni paziente che curiamo, a ogni cliente a cui badiamo, a ogni figlio e figlia chee amiamo. Noi piantiamo idee sovversive di pace nella mente dei giovani prima che i sostenitori della guerra se ne rendano conto. E? un processo lungo, i cui risultati non sono visibili dalla sera alla mattina, però nella cui efficacia crediamo.

Il movimento per la pace delle donne in Palestina e in Israele crede che è giunto il momento di por fine al bagno di sangue. Il tempo di abbandonare le nostre armi e le nostre paure. Noi ci rifiutiamo di accettare altri combattimenti nelle nostre vite, nelle nostre comunità, nelle nostre nazioni. Ci rifiutiamo di continuare con la paura. Ci rifiutiamo di consegnarci alla violenza. Ci rifiutiamoi di essere nemicche.

Questo testo è stato scritto molto tempo fa, però pensiamo che è tuttora valido, le autrici sono d?accordo sul divulgarlo ora, ottobre 2006. Sumaya Farhat-Naser, palestinese, è co-fondatrice e ex-direttrice del Centro delle Donne di Gerusalemme, una organizzazione palestinese impegnata per la pace in Medio Oriente, una pace fondata nella giustzia, nei diritti umani e nei diritti delle donne. Gila Svirsky, attivista di pace ebrea israeliana, è co-fondatrice della Coalizione delle Donne per la Pace, che riunisce nove organizzazioni di donne per la pace impegnate per una pace giusta con i loro vicini e per la giustizia e l?uguaglianza all?interno di Israele.