"Per una politica estera dei movimenti e dell'Unione europea"
- Subject: "Per una politica estera dei movimenti e dell'Unione europea"
- From: "Nicola Vallinoto" <nicola.vallinoto at gmail.com>
- Date: Fri, 20 Oct 2006 16:48:47 +0200
:: Per una politica estera dei movimenti e dell'Unione europea ::
Condivido in massima parte le proposte e, in particolare, alcuni passaggi indicati nell'articolo anche se credo che per concretizzarle occorra un passo ulteriore. Concordo con l'affermazione che "l'Europa sembra finalmente uscire dal guscio monetario per accennare a una possibile costruzione politica di sé."
E mi sembra corretta l'indicazione di "volgere lo sguardo autenticamente sul pianeta non per guardarlo e basta ma per agire nel mondo".
Laddove, invece, si parla di un'iniziativa politica forte e si propone "una politica estera dei movimenti che si traduca in diplomazia dal basso e in corpi civili di pace" credo, altresì, che sia giusta e necessaria un'azione dal basso, ed anzi che non si possa prescindere da essa, ma che non sia sufficiente per raggiungere lo scopo di una pace universale sancita dall'impossibilità di usare la guerra come strumento di aggressione e di risoluzione delle controversie internazionali
Per affrontare il dilemma pace-guerra e per cercare di colmare almeno in parte la mancanza di analisi dei movimenti per la pace, sottolineata nel contributo di Tommaso, occorre ridare il primato alla politica sull'economia adottando quello che Ulrich Beck chiama lo sguardo cosmopolita invece di continuare ad osservare il mondo con lo sguardo nazionale che non ci aiuta più a decifrare e a comprendere la complessità del mondo in cui viviamo.
Io credo che la chiave di lettura "per agire nel mondo" passi per la costruzione dell'Europa politica. Se volgiamo lo sguardo indietro alla guerra in Iraq troviamo uno dei momenti più alti del movimento per la pace: quelli che hanno portato il New York Times a definirlo la seconda potenza mondiale commentando le manifestazioni contro la guerra del 15 febbraio 2003. Nonostante le imponenti mobilitazioni mondiali l'intervento americano non è stato bloccato anche perché in quel frangente l'Europa, che non ha una politica estera comune, si è spaccata in due: da una parte i paesi che hanno sostenuto gli Usa (a tal proposito si ricorda la
"Lettera degli otto" con Blair, Berlusconi, Barroso ed Aznair) e dall'altra i paesi contrari tra cui la Francia e la Germania.
Anche l'ultimo Consiglio europeo nonostante abbia appoggiato l'intervento delle Nazioni Unite in Libano (in seguito alla richiesta di Kofi Annan che ha partecipato personalmente al vertice di Bruxelles) e possa essere visto come un inizio di una politica estera europea, quest'ultima non potrà realizzarsi finché il processo costituente non metterà seriamente in discussione la sovranità nazionale e il potere di veto dei singoli paesi per la costituzione di un'Europa democratica e federale.
Chiediamoci qual'è il soggetto che può disincagliare il processo costituente in panne dopo i referendum francese e olandese? Non certo i governi europei che non hanno elaborato alcunché durante il periodo di riflessione voluto da loro stessi. Non la Commissione europea che con Barroso è in altre faccende affacendato. E nemmeno il Parlamento europeo troppo timido e rinunciatario per sfidare i governi nazionali.
L'energia, la volontà e la spinta ideale per la costruzione di un'altra Europa (quella che considera la pace un valore fondante, che ritiene la giustizia sociale un elemento imprescindibile per modificare i rapporti Sud-Nord e che definisce una cittadinanza basata sulla residenza e non più esclusivamente sulla nazionalità) non possono che provenire dal movimento per la pace che con queste premesse può dare una risposta positiva e costruttiva anche a coloro che ne professano la sua morte. A tal riguardo ricordo il dibattito su Carta della scorsa estate in seguito all'articolo provocatorio di Enrico Euli.
Il nocciolo del problema risiede in un rilancio dal basso del processo costituente europeo. Occorre strappare il potere costituente ai governi che, in modo illegittimo, si sono arrogati questa prerogativa. Il referendum francese ha rotto definitivamente questo meccanismo. Il potere ultimo sulla costituzione europea non può che risiedere nella sovranità popolare. Da questa ovvia considerazione nasce una proposta che il movimento per la pace dovrebbe far propria sin da oggi: la richiesta che la costituzione europea (ovviamente non il testo rifiutato dai cittadini francesi e olandesi) sia sottoposta al giudizio del popolo europeo tramite un
referendum paneuropeo che si svolgerà contemporaneamente in tutti in paesi dell'Unione europea in occasione delle prossime elezioni europee del 2009.
La certezza di concludere questa fase del processo costituente con il giudizio popolare e non con una conferenza intergovernativa garantirebbe un'attenzione ben diversa da parte dei decisori (rispetto a quanto successo con la prima Convenzione europea) verso le istanze e i contenuti delle campagne attivate dai cosiddetti
movimenti costituenti per l'inserimento nella futura costituzione del nostro articolo 11, della cittadinanza europea di residenza, dei corpi civili di pace e altro ancora. Il referendum europeo susciterebbe per la prima volta un grande dibattito sul futuro del nostro Continente, un dibattito non inquinato dalle diatribe e dalle lotte di potere nazionali e, inoltre, costituirebbe un precedente anche per le future riforme della Costituzione, eliminando, in questo modo, definitivamente la signoria dei governi sulle ratifiche.
Questo contributo vuole affermare che la pace non è possibile senza un impegno e una diplomazia dal basso dei movimenti, ma che la pace non può durare senza istituzioni democratiche sovranazionali che possano garantire con la forza del diritto che la guerra non venga più utilizzata come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.
"Niente può essere raggiunto senza le persone, nulla sopravvive senza le istituzioni."
(*) Movimento federalista europeo
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