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per dare continuità alla mobilitazione contro la guerra
- Subject: per dare continuità alla mobilitazione contro la guerra
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- Date: Sat, 14 Oct 2006 17:47:34 +0200
Contro la guerra, senza se e senza
ma
Diamo continuità alla manifestazione del 30
settembre
Documento unitario dei promotori della
manifestazione
Le
organizzazioni promotrici, nel quadro della mobilitazione promossa dal Forum
Sociale Europeo, della manifestazione del 30 settembre a Roma per il ritiro
delle truppe da tutti i fronti di guerra, valutano positivamente
l’iniziativa. La presenza di diecimila persone, pur non mettendo in campo le
potenzialità di un movimento che in passato aveva registrato numeri decisamente
superiori, va valutata nel nuovo, e del tutto diverso, contesto determinato
dalla sconfitta di Berlusconi e dalla costituzione di un governo che ha
inglobato i tre partiti della sinistra “radicale” (Prc, Pdci, Verdi) che
avevano, seppur con impegno diverso, partecipato al movimento
no-war.
L’appoggio fornito da questi tre
partiti al rinnovo della missione in Afghanistan e a quella in Libano - salutata
come esaltante iniziativa di pace, che ingabbierebbe i “cattivi Stati Uniti”
grazie all’operato della “buona Europa” (e dell’”ottima Italia”) e all’uso “non
offensivo delle armi” da parte dei militari italiani e di quelli sotto la
ingannevole bandiera dell’ONU - ha creato grande disorientamento e divisione nel
nostro movimento. Nulla di sorprendente se si tiene conto che esso, pur avendo
espresso grande capacità di mobilitazione in varie scadenze e pur essendo
riuscito a diffondere tra gli italiani/e un rifiuto generalizzato della guerra
(due terzi contrari alla missione in Afghanistan e il 60% ostile a quella in
Libano), non ha avuto finora una vera struttura autonoma e autosufficiente ma è
stato intelaiato e sostenuto da sindacati, partiti, organizzazioni e reti il cui
rapporto unitario è stato “conditio sine qua non” per la riuscita delle
iniziative.
E nel momento in cui la “sindrome
del governo amico” colpisce gran parte di queste strutture, ne paralizza o
inaridisce la volontà unitaria e di mobilitazione (che portava a superare
divergenze sostanziose, non certo dell’ultima ora, pur di agire efficacemente
contro la guerra), una volta venuto meno il cemento anti-Berlusconi e con varie
figure rappresentative del movimento inglobate nel Parlamento e nel governo, è
naturale che lo sbandamento, indotto tra chi si è mobilitato in questi anni,
produca una vistosa riduzione delle capacità di iniziativa del movimento.
Spetta dunque a chi prosegue ad
operare con assoluta avversione alla guerra “senza se e senza ma”
(indipendentemente dal fatto che essa sia condotta “unilateralmente” dagli Usa
oppure “concertata” con le principali potenze europee o altre, che abbia le
bandiere dei vari Stati o dell’ONU) non solo contribuire a ridare forza,
chiarezza e unità al movimento, ma anche favorire un salto di qualità nella
strutturazione di esso, in stretto raccordo con quello europeo e mondiale.
Abbiamo bisogno di operare non
solo con grandi scadenze nazionali nei momenti topici (cosa che non è affatto
una “ritualità”) ma anche estendere sul territorio il movimento, affinché
divenga sempre più diffuso, popolare, incisivo nell’opera di smantellare “qui ed
ora” le basi materiali, politiche, ideologiche, culturali e organizzative della
guerra permanente e globale: e dunque agire non solo contro le missioni belliche
all’estero ma anche contro le basi militari, contro gli armamenti e le fabbriche
di morte, contro i vincoli militari che ci legano, in funzione totalmente
servile, agli USA, ad Israele e ad altre potenze belliciste e aggressive.
Tale diffusione e popolarità ci
saranno se opereremo con vero spirito unitario e non identitario, tenendo
insieme, ad esempio, le componenti dichiaratamente anticapitaliste e
antimperialiste con quelle sinceramente pacifiste, coloro che ritengono che
l’uso della forza, della autodifesa e della resistenza anche armata siano in
certe fasi una dolorosa ma inevitabile necessità e coloro che pensano che sempre
e comunque la via di opposizione all’aggressione debba evitare qualsiasi uso
della forza: a patto però che tale “non-violenza” sia davvero reale, che non
crolli davanti al primo intervento armato di un “governo amico” o alla discesa
in campo di militari “buoni” che, come ha detto il presidente della Camera, ci
garantirebbero “un uso non offensivo delle armi”.
Insomma, a patto che ci si muova
con onestà contro la guerra “senza se e senza ma” e non, come sta avvenendo ora
per alcuni/e, “solo se.. ma solo quando..ma solo dove”.
Su questo invitiamo l’intero
movimento a discutere a fondo nelle varie città, nel modo più unitario
possibile, per far avanzare questa strutturazione, per definire le prossime
scadenze di lotta nazionali e locali, per riportare il movimento contro la
guerra italiano all’altezza dei suoi compiti e dell’assoluta drammaticità della
situazione mondiale nell’epoca della guerra permanente e globale scatenata dagli
USA e dai loro alleati.
Confederazione Cobas,
federazione RdB/CUB, Forum Palestina, Comitato nazionale per il ritiro dei
militari italiani, Comitati Iraq Libero, Partito Comunista dei Lavoratori, Rete
dei Comunisti, Campo Antimperialista, Red Link, Utopia
Rossa |
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