#4 - "11 SETTEMBRE BUSH HA MENTITO. Il documentato atto d'accusa del guardiano delle Twin Towers" di Philip J. Berg & William Rodriguez (Editori Riuniti)



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#4 - 25 settembre 2006 - 7441 iscritti -
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11 SETTEMBRE BUSH HA MENTITO. Il documentato atto d'accusa del guardiano
delle Twin Towers
di Philip J. Berg & William Rodriguez
Editori Riuniti, 144 pp., 12 euro

 L'11 settembre 2001 William Rodriguez era lì. In possesso, come guardiano
della gigantesca Torre Nord, di tutte le chiavi dell'edificio, perfetto
conoscitore dei passaggi, delle scale, delle uscite d'emergenza, dei
sotterranei, è riuscito a guidare i vigili del fuoco e i soccorritori, fino
al momento del crollo. Ha rischiato la vita, è stato elogiato e decorato
dalle autorità. Ma la ricostruzione fatta dall'Amministrazione Bush del
terribile attentato non lo ha convinto. Rodriguez è stato testimone diretto
di un evento radicalmente diverso da quello raccontato. Si è affidato
perciò a un importante studio legale dalla Pennsylvania, per sostenere e
documentare la sua accusa. Questo libro la riproduce nella sua interezza,
dubbio per dubbio, contestazione per contestazione, menzogna per menzogna.
Da dove provenivano gli scoppi distintamente uditi da Rodriguez e da altri,
molto prima del crollo? Perché gli aerei dirottati, in volo sul paese
meglio difeso del mondo, non sono stati intercettati? Perché e come è
crollato il cosiddetto «Edificio 7»? Dove è caduto esattamente e perché, il
misterioso «Volo 93»? Come hanno potuto, terroristi senza alcuna esperienza
di volo guidare un possente Boeing proprio contro il Pentagono, nel luogo
più inaccessibile e protetto del pianeta? A cinque anni dal terribile
attentato al World Trade Center, una parte crescente dell'America si
interroga sulle macroscopiche contraddizioni della versione ufficiale.
Nessuno può essere in grado di dire come si sono svolte effettivamente le
cose quel giorno. Ma un punto sembra ormai acquisito, come questo atto
d'accusa dimostra: George Bush ha mentito.

Philip J. Berg, avvocato, è titolare di un prestigioso studio legale della
Pennsylvania, <http://www.911forthetruth.com/>www.911forthetruth.com/
William Rodriguez è l'uomo che fungeva da guardiano delle Torri Gemelle e
che l'11 settembre 2001 contribuì a salvare centinaia di vite umane.


LA PREFAZIONE DI GIULIETTO CHIESA

Questo libro è stato scritto da un avvocato, Phil Berg, per conto del suo
cliente, William Rodriguez. E' una denuncia "per complotto e strage" nei
confronti di George Bush e di una parte consistente della sua
Amministrazione, presentata alla Corte Distrettuale di Filadelfia in base
al RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organization Act). I capi
d'imputazione sono: a) Conoscevano quanto stava per accadere; b) Non
agirono, non prevenirono, non gettarono l'allarme; c) Ostacolarono la
giustizia mentre era in corso la ricerca delle verità.



Non sappiamo se e quando, eventualmente, quella Corte darà seguito a una
tale, circostanziata denuncia. E c'è da dubitarne.

Ma il titolo che Phil Berg ha dato alla denuncia, "complotto e strage", è
assai bene appropriato. Direi che è l'applicazione della dantesca legge del
contrappasso.. Perché dalle ore immediatamente successive all'11 settembre
2001, fino ad oggi, tutti coloro, in America o fuori, che abbiano osato
anche soltanto sollevare interrogativi sulla intera storia, quella che
"tutti abbiamo visto sui teleschermi", sono stati considerati dei
"complottisti", dei "dietrologi". E si tratta dei complimenti più leggeri,
perché dietro, nella scia degl'insulti, delle più o meno sgangherate
derisioni, delle sprezzanti liquidazioni ("solo un matto può negare
l'evidenza"), vengono le accuse: da quella, onnipresente, di
"antiamericanismo", a quelle correlate di "antisemita", fino a quella,
inesorabile, di "complice del terrorismo", se non addirittura quella,
definitiva, di "terrorista".



E' quasi uno schema obbligato, un percorso preventivamente fissato, per
chiunque si accinga, in una qualunque conversazione, a cercare di mettere
in fila gl'interrogativi che una normale persona di buon senso non può non
porsi di fronte all'analisi spassionata dei dati.

Il problema più grande da risolvere, infatti, è che tutti i dati di
partenza sono falsi. Tutti, cioè, quelli che sono arrivati al grande
pubblico mondiale, ai miliardi di persone che hanno visto crollare le due
torri. Solo quello, in pratica, hanno visto: due aerei, non identificati,
che colpiscono le torri (evento A) , e il loro crollo (evento B). Con il
corollario, apparentemente evidente, che B è l'effetto di A. Tutto "il
resto" non l'hanno potuto vedere e non possono nemmeno immaginarselo, da
persone "normali" quasi sono e siamo tutti noi.



Purtroppo per tutti noi anche quello che "hanno visto" è falso, come da
queste pagine si potrà agevolmente arguire. Phil Berg ha centrato il
problema. Una certa compagnia di criminali, attorno al presidente Bush (non
essendo chiaro il suo ruolo personale)  non solo ha organizzato un
complotto, ma ha preventivamente fatto in modo che chiunque avesse capito
che si trattava di un complotto fosse accusato di immaginare complotti.

L'intera storia dell'11 settembre è un colossale complotto, il cui asse
portante è stato "visuale", "ottico". Per diventare "vero", l'evento,
altrimenti inspiegabile, doveva essere "visto". E non solo da tutta
l'America, ma da tutto il mondo. Perché questo evento era destinato a
mutare non solo la storia degli Stati Uniti, ma quella del mondo intero.



Non possiamo affermarlo con assoluta certezza, ma anche il fatto che il
secondo aereo (volo United Airlines, UA 175) abbia colpito la torre sud
esattamente sedici minuti dopo che il primo aveva colpito la torre nord
(ore 8:46) ha permesso a circa due miliardi di persone di vedere tutto lo
spettacolo in presa diretta, live. E la cosa non ha affatto l'aria di
essere stata casuale perché, inspiegabilmente, il volo UA175 era già
passato vicino a Manhattan, ma aveva superato quello che sarebbe divenuto
il suo bersaglio, di oltre 50 chilometri, per poi tornare improvvisamente
indietro esattamente nel momento in cui il primo aereo (volo American
Airlines, AA 11) colpisce la torre nord del World Trade Center.



E ancora meno casuale appare la successione in cui i quattro aerei staccano
il transponder. Due parole per spiegare cos'è il transponder: un
apparecchio, di cui tutti gli aerei passeggeri sono dotati, che trasmette
alle stazioni a terra tutti i dati essenziali della posizione di un
velivolo, latitudine, longitudine, quota.  E' dunque un prezioso supporto
per la sicurezza del volo, perché consente a chi sorveglia da terra di
verificare istante per istante la corrispondenza tra il volo reale e i
piani di volo previsti. Il transponder  funziona in automatico e non è
prevista la sua disattivazione in nessuna circostanza. Disattivarlo
richiede dunque conoscenze tecniche molto specifiche e una certa quantità
di tempo a disposizione. Ma c'è di più: i dirottatori non avevano anch'essi
nessun motivo per disattivare i transponder, essendo evidente che in quel
preciso momento essi avrebbero comunicato alle difese aeree l'avvenuto
dirottamento o, come minimo, una situazione di grave irregolarità. Ed è
proprio ciò che i dirottatori avrebbero dovuto non volere.



Se ora osserviamo - sulla base della ricostruzione ufficiale degli eventi
di quella mattina - la successione dei distacchi dei transponder, vediamo
che essi sono avvenuti in base a una straordinaria "regia". Il volo AA 11
(bersaglio la torre nord) stacca il suo transponder alle 8:27. Il volo UA
175 (bersaglio la torre sud) stacca il suo transponder alle 8:46,
esattamente quando AA 11 colpisce il suo bersaglio. Il volo AA 77
(bersaglio il Pentagono) stacca il suo transponder alle 9:02, esattamente
quando UA 175 centra la torre sud. Il volo UA 93 (quello che cadrà in
Pennsylvania, obiettivo presunto la Casa Bianca o il Campidoglio) stacca il
suo transponder esattamente alle 9:40, attimo in cui il volo AA 77 centra
il Pentagono.



Dobbiamo presumere che i quattro gruppi di dirottatori fossero in contatto
permanente tra di loro? E che,  tutti presi dalla stessa illogicità di
comportamento, si dessero il cambio nel momento in cui s'immolavano? E in
che modo avrebbero potuto essere in contatto permanente tra di loro? Non
risultano conversazioni radio, segnali speciali in codice, registrazioni di
collegamenti tra i quattro aerei. E allora come si spiegano quelle
simultaneità, se non con il fatto che vi era una regia esterna a tutti e
quattro, in grado di determinare i loro comportamenti e, soprattutto,
quelli delle apparecchiature di bordo? Né è possibile pensare - e sarebbe
in ogni caso questione che apre, a sua volta, tutta una serie
d'interrogativi ancora più inquietanti e complessi - che i quattro aerei
fossero stati "manipolati" in anticipo, in modo da effettuare
automaticamente i distacchi dei transponder. Per due ragioni essenziali: la
prima è che due dei quattro aerei partirono in ritardo rispetto agli orari
previsti. La seconda è che in tal caso si dovrebbe per forza di cose
ipotizzare una ancora più larga sfera di complicità attorno ai presunti
kamikaze, i quali non potevano realizzare da soli un piano così complesso.
E, infatti, la ricostruzione ufficiale degli eventi sembra non essersi
nemmeno accorta di tutta questa serie di dati. Li ha semplicemente ignorati.



Ma tutto ciò è soltanto un modesto antipasto della sterminata serie di
incongruenze, di silenzi, di menzogne vere e proprie che la Commissione
Ufficiale d'inchiesta del Congresso ha distribuito  nelle 567 pagine del
suo rapporto conclusivo, emerso a tre anni di distanza dai fatti..

Tutto quello che leggerete in queste pagine conduce a formulare ipotesi
criminali e di complotto. Ma provare tutto ciò è e sarà impossibile, come
ha scritto Noam Chomski, nei prossimi cento anni. Quello che si delinea è
qualche cosa di molto simile a un colpo di stato. La vastità del disegno e
la sua complessità indicano la partecipazione attiva di apparati dello
stato, che puntavano ad assicurarsi il controllo permanente e definitivo
dell'intera macchina coercitiva e militare della superpotenza. E chi
organizza un colpo di stato all'interno dell'unica superpotenza mondiale,
sa che sarà un "colpo di stato mondiale". Solo chi si colloca in questa
dimensione globale, mondiale, storica, epocale, può rendersi conto della
sua oggettiva grandezza. Solo obiettivi giganteschi possono essere
compatibili con crimini giganteschi. Per gli uni e per gli altri non sono
indispensabili personalità gigantesche. Questo lo abbiamo già imparato
dalla storia. Basta una mentalità da imbianchino frustrato per immaginare
il Terzo Reich e la seconda guerra mondiale.



Ma è nelle dimensioni pazzesche dell'evento che consiste il segreto del suo
successo (perché stiamo per ora parlando di un evento che è riuscito, che
ha avuto successo, che si sta sviluppando, che sta creando quello che i
suoi promotori volevano): miliardi di persone normali, che non hanno mai
ammazzato nessuno, né si accingono a farlo, troveranno sicuramente
incredibile che ve ne siano alcune, apparentemente normali, già ai vertici
di un immenso potere, capaci di progettare stermini, l'uccisione di
migliaia di persone innocenti, di bambini, di vecchi, di donne.



E' su questa "normale" incredulità che giocano coloro che concepiscono la
morte su grande scala come leva per mutamenti politici, cioè in nome del
Potere: la gente sarà facilmente spinta a credere nella cosa più ovvia che
verrà presentata subito ai suoi occhi. E la cosa più ovvia è la pazzia. E
la pazzia sarà tanto più credibile se verrà coniugata con il fanatismo suo
fratello, e con la vendetta sua sorella, e con l'invidia e con l'odio. La
cosa più ovvia sarà far sfilare davanti agli occhi del mondo intero la
rappresentazione del Male. Da quel momento ogni discussione sulla verità
diventerà impossibile. La enormità del complotto dell'11 settembre, e la
sua "evidenza visiva", sono gl'indizi preliminari della falsità della
versione ufficiale dell'accaduto. Solo una raffinata cultura del Potere,
solo una conoscenza profonda della vulnerabilità della psicologia
individuale, solo il controllo dell'intero sistema dei mezzi di
comunicazione di massa possono avere ideato, realizzato  e tenuto sotto
controllo l'11 settembre.



C'è, in chi ascolta, e non sa nulla di questa gigantesca faccenda, come
un'incredulità preliminare: ma che vai dicendo? L'abbiamo visto tutti cos'è
accaduto! Non è una storia, di quelle che si leggono; l'abbiamo vista noi,
direttamente, senza mediazioni. E tu vorresti farci credere che non è
accaduta? Vorresti negare che gli aerei hanno colpito e abbattuto le due
torri gemelle? Vorresti farci credere che il Pentagono non è stato centrato
da quell'aereo? E dopo tutto quello che è successo in questi anni vuoi
forse negare l'esistenza dei kamikaze islamici? Ma allora sei pazzo ...



Ecco: è questo percorso obbligato quello che ha impedito ogni domanda. O,
meglio, è quello che ha impedito fino ad oggi che le domande giungessero al
grande pubblico mondiale. Che ha quindi creduto "a quello che aveva visto",
e non avrebbe potuto fare altrimenti. Ed è stato così condotto per mano a
constatare che "è stato Osama bin Laden". Questo mantra è divenuto, quasi
istantaneamente, una verità così potente, un dogma così evidente, da
rendere apparentemente impossibile ogni contestazione, ogni barlume di
critica.



Eppure una minoranza, prima sparuta e poi, via via, sempre più numerosa, le
domande che qui leggerete se le era poste. Ma circondata dal silenzio e,
quando quelle domande riuscivano ad emergere alla luce del sole, vista con
aperta ostilità o irrisione. Il mainstream informativo mondiale ha svolto
questo compito "silenziatore". In due modi fondamentali: tacendo, come si è
detto, pervicacemente, sistematicamente, ignorando, fingendo di non sapere,
e quando tutte le altre varianti risultavano impraticabili,
autocensurandosi. Cioè mediante una falsificazione passiva. E, in seconda e
parallela istanza, dirottando l'attenzione, parlando d'altro, sostenendo la
versione ufficiale anche quando era palesemente insostenibile, irridendo e
schernendo i "pazzi" che osavano porre domande. Cioè mediante una
 falsificazione attiva.  Eppure, diradato il polverone dei falsificatori di
ogni risma, complici più o meno consapevoli dei criminali che hanno
realizzato questa "storia di successo", molte cose appaiono chiare.



"Esiste un governo ombra, dotato della sua propria Aviazione, della sua
propria Marina, dotato di un meccanismo suo proprio per raccogliere fondi,
e della capacità di perseguire le proprie idee circa l'interesse nazionale,
libero da ogni tipo di controlli e verifiche incrociati tipici dello stato
di diritto, e libero da ogni costrizione di leggi".<>[1] Sono parole
riferite agli Stati Uniti d'America di qualche decennio prima, ai tempi
dello scandalo Iran-Contras, quando si venne a sapere che il governo degli
Stati Uniti  applicava il terrorismo di stato contro il legittimo governo
del Nicaragua, usando per finanziarsi la droga che gli serviva per comprare
le armi in Iran, che erano poi inviate ad armare le formazioni terroriste
dei Contras. Come trattare queste circonvoluzioni dietologiche se non come
un complotto proveniente dall'interno stesso degli apparati statunitensi ?
E sono parole non di un antiamericano ma di un senatore americano, Daniel
 K. Inouye. Valgono esattamente anche adesso, mentre scriviamo queste
righe, quando quel governo ombra ha preso il potere negli Stati Uniti, e lo
esercita da ben due mandati, e non è affatto escluso che cercherà con ogni
mezzo di esercitarlo anche per un terzo.



Sono difficili da digerire, per chi continua a pensare nei termini voluti
dall'Impero, le verità che emergono dagli stessi documenti del governo
ombra che ha preso il potere negli Stati Uniti l'11 settembre 2001. "Ogni
dieci anni, all'incirca, gli Stati Uniti devono prendere per la gola
qualche piccolo riottoso paese e scaraventarlo contro un muro, così, tanto
per mostrare al mondo ciò che noi intendiamo come affari"<>[2]. Chi parla
in questo modo non è l'ultimo dei commessi del Pentagono, bensì uno dei più
intimi collaboratori di Richard Perle, Michael Ledeen, con lui tra gli
ideatori e fondatori del "Progetto per il nuovo secolo americano" (Project
for the New American Century, PNAC) insieme a Paul Wolfowitz (ora
presidente della Banca Mondiale), Dick Cheney (vice-presidente degli Stati
Uniti), Donald Rumsfeld (segretario di stato alla Difesa), John Bolton (ora
rappresentante designato all'ONU degli Stati Uniti). E un altro dei
fondatori del PNAC , William Kristol, nel 2003, del tutto dimentico della
tragedia mondiale di cui ci stiamo occupando, proclama che l'invasione
dell'Irak, lungi dall'essere un atto difensivo, o un tentativo di colpire
il terrorismo, o di impedire che Saddam si dotasse delle armi di
distruzione di massa, o, nell'ultima versione, di costruire la democrazia
in quello sventurato paese, proclama orgogliosamente che  "è stata
espressione di una coraggiosa e ambiziosa politica estera americana, giusta
per noi e giusta per il mondo intero"<>[3].



L'11 di settembre, strumento di terrore, è già messo in archivio. Non sono
vittime quelle che parlano. Emerge la volontà di utilizzarlo il più in
fretta possibile, il più radicalmente possibile. "Non vi sarà pace. Il
ruolo sostanziale delle forze armate statunitensi sarà di mantenere il
mondo libero per la nostra economia, e di aprirlo al nostro assalto
culturale. Per questi scopi noi dovremo uccidere una discreta quantità di
persone"<>[4]



E' questo tipo di ragionamenti, che precedono l'11 settembre, a raffigurare
la politica del futuro, per noi divenuto presente. Fino ai tempi nostri,
quando perfino il New York Times è costretto a guardare in faccia il
progetto dell'ex governo ombra, ormai divenuto governo in atto,
Amministrazione degli Stati Uniti d'America. In verità non è detto che
l'editorialista del primo giornale del mondo (quello che ha dovuto cacciare
una dei suoi reporter di punta, dopo avere scoperto che lavorava per
l'Amministrazione di Washington e faceva passare notizie, false, a sostegno
della guerra in Irak) si renda conto di tutte le implicazioni di quello che
scrive. Ma è sufficiente quello che scrive, in ogni caso. E scrive questo:
"In oltre 212 anni, 42 presidenti hanno emanato 'dichiarazioni firmate'
(signing statements)   che ponevano sotto scrutinio circa 600 norme di
nuove leggi [approvate dal Congresso, ndr]. George W Bush lo ha fatto più
di 800 volte in appena cinque anni e mezzo, o poco più, della sua
permanenza in carica.". E continua così: "Per Bush  i 'signing statements'
sono divenuti messaggi al Congresso che egli, semplicemente non intende
seguire la legge, specialmente ogni tentativo di chiamarlo a rispondere dei
suoi atti". Esisterebbe dunque, secondo il New York Times, una "teoria
unitaria dell'Esecutivo" fortemente sostenuta da alcuni dei più estremisti
consiglieri del presidente, incluso il vice presidente Dick Cheney e il suo
staff legale. "Questa teoria afferma che il Presidente - e non il Congresso
o le Corti - ha il potere esclusivo di decidere come egli debba svolgere i
suoi compiti"<>[5].



Esiste un nesso tra l'11 settembre, il Patriot Act, che era già pronto
prima che avvenisse l'11 settembre, e questa pratica "contraria allo stato
di diritto e al nostro sistema costituzionale della separazione dei
poteri"?<>[6] Negarlo appare difficile. Ma non appena si cerchi di
approfondire il tema, ecco riapparire l'accusa di "complottismo".

Come ha scritto, con assoluta chiarezza, William Webster Tarpley,
"L'accusa, o insulto,  di teoria cospirativa non è soltanto demagogica, ma
anche intellettualmente disonesta. Poiché la versione ufficiale, che
coinvolge bin Laden e Al Qaeda, che agiscono a distanza, in grotte remote,
con l'aiuto di computers, rappresenta una teoria cospirativa (o balla
cospirativa) di un tipo peculiarmente fantastico. Implicito in questa
procedura è l'assunto che una teoria cospirativa che è condivisa dal
sistema mediatico delle grandi corporations non è più una teoria
cospirativa, ma diventa una teoria rispettabile e presunta vera. I punti di
vista minoritari, che non sono condivisi  dai grandi media, rimangono
invece teorie cospirative, e non possono essere credibili, non importa
quanto essi siano veri".<>[7]



Resta, ai sostenitori della versione ufficiale, la smisurata potenza del
mito della democrazia americana, ovvero quello che il citato maggiore
Peters definisce brillantemente come l'"assalto culturale" dell'America, da
decenni impegnata, con indubitabile successo,  a dimostrarci la propria
superiorità in ogni campo del vivere economico e civile (quello sociale è
impossibile propagandarlo, e quindi viene fatto passare in secondo piano).
Di fronte al mito e alla sua assoluta "evidenza", visiva anch'essa, resta
solo la pazzia per spiegare i comportamenti di coloro che al mito non
vogliono credere. Sfortunatamente questi ultimi annoverano tra le loro
schiere, ormai piuttosto numerose, una gran quantità di persone che è
difficile considerare pazzi, svitati, irresponsabili, incompetenti,
ignoranti, antiamericani (visto che la gran parte sono proprio americani) o
antisemiti (visto che molti di loro sono ebrei). In questo modo è stato
fatto a pezzi, in Francia, dalle colonne di tutti i maggiori giornali,
Thierry Meyssan, primo tra gli europei a indagare sull'11 settembre, primo
in assoluto a indagare il mistero del volo AA 77, sparito - letteralmente -
dentro il Pentagono. E a concludere che non si trattava di un aereo, ma di
"qualche cosa d'altro".<>[8]



Meyssan aveva ragione, come tutte le ricerche successive hanno confermato.
Ma è stato cancellato dal mainstream informativo mondiale. I suoi libri
sono stati venduti in centinaia di migliaia di copie, in decine di paesi,
ma hanno viaggiato con la Rete. Fuori dalla Rete non c'è stato spazio.

La stessa cosa è accaduta a personaggi di evidente rilievo, come Andreas
Von Bulow,  ex ministro della Difesa tedesco, negli anni '70, prima della
riunificazione, ex ministro per la tecnologia, ex relatore, nel 1993,
della commissione parlamentare d'inchiesta sulla Stasi, la polizia politica
della Repubblica Democratica Tedesca. Difficile liquidare il suo pensiero.
Ma lo si può ignorare. E così avvenne subito dopo che Von Bulow esplicitò
pubblicamente i suoi dubbi , fin dall'inizio del 2002, in un'intervista
rilasciata al giornale berlinese Der Tagesspiegel<>[9]. In quella
intervista egli mise in luce la  clamorosa inconsistenza della versione
ufficiale. "Esistono negli USA ventisei agenzie di controspionaggio - disse
all'intervistatore - che costano trenta miliardi di dollari l'anno, più
dell'intero bilancio tedesco della difesa. E non sono state capaci di
prevenire gli attacchi (.) Non un sospetto, prima. E, per sessanta decisivi
minuti le agenzie militari e di intelligence hanno lasciato a terra i
caccia. Però quarantott'ore dopo l'FBI presenta una lista completa dei
dirottatori suicidi. Ma dieci giorni dopo risulta che sette di loro sono
ancora vivi".



Questo Von Bulow lo scriveva, appunto, all'inizio del 2002. Due anni dopo,
nel Rapporto ufficiale, la domanda è ancora inevasa. E, continuava l'ex
ministro tedesco, di cui tutto si può dire salvo che non conosca come
funzionano queste cose, a proposito dei kamikaze: "Si lasciano dietro
tracce come una carica di elefanti. Pagano con le loro carte di credito,
danno i loro veri nomi agl'istruttori di volo. Si lasciano dietro auto
noleggiate con manuali di volo in arabo. Portano con sé, nel loro viaggio
verso il suicidio, ultime volontà e lettere di addio, che cadono nelle mani
dell'FBI perché le hanno messe nel posto sbagliato, con indirizzi
sbagliati. Suvvia, sono segnali lasciati sul percorso come in una caccia al
tesoro per bambini". Eppure "The 9/11 Commission Report" rimarrà
interamente basato su questa caccia al tesoro per bambini. "Posso
affermare, concludeva l'ex ministro tedesco, che "la progettazione
dell'attacco è stato un capolavoro dal punto di vista tecnico e
organizzativo. Dirottare quattro grossi aerei di linea in pochi minuti e
lanciarli sui bersagli entro  un'ora, con complicate manovre di pilotaggio!
Ma questo è impensabile senza l'appoggio, e per anni, di apparati segreti
dello stato e dell'industria".



Non fu l'unico a sollevare dubbi. C'è chi ha fatto il conto, come David Ray
Griffin, scoprendo non meno di 200 plateali omissioni, incongruenze,
falsità totali o parziali, nel famoso Rapporto<>[10]. E, andando a cercare
con pazienza nella Rete, unico luogo in cui tutte queste informazioni hanno
continuato a circolare, si scopre che Andreas Von Bulow , Thierry Meyssan,
non erano soli, e che centinaia di persone si erano messe ad analizzare uno
ad uno gli elementi del puzzle, giungendo tutti alle stesse conclusioni: la
versione ufficiale è falsa, non regge alla minima verifica. Tutti pazzi? Ma
allora dovremmo concludere che molti pazzi albergavano e albergano dentro i
governi impegnati nella lotta contro il terrorismo internazionale. Per
esempio è il caso di Morgan Reynolds, ex economista capo del Dipartimento
del Lavoro di George W. Bush, nel suo primo mandato, ex direttore del
Centro di Giustizia Criminale presso il National Center for Political
Analysis di Dallas, professore emerito della Texas A & M University (mi
scuso con il lettore per la minuziosa elencazione degl'incarichi, ma serve
a chiarire con chi abbiamo a che fare), che, dopo avere anche lui esaminato
i risultati del famoso Rapporto, scrive, nel  2005: "E' difficile
sovrastimare l'importanza di un dibattito scientifico sulle cause del
crollo delle torri gemelle e dell'edificio N. 7. Se la versione ufficiale
del collasso è errata, come io penso sia, allora le conseguenze politiche
di una tale erronea analisi ingegneristica, lo sono altrettanto. La teoria
del governo circa il collasso è altamente vulnerabile nelle sue stesse
premesse. Soltanto una demolizione controllata è in grado di corrispondere
a un'intera serie di fatti associata al collasso dei tre edifici"<>[11]



Il linguaggio è misurato, le conclusioni sono tremende. Altrettanto si può
dire di Paul Craig Roberts, ex segretario al Tesoro con Ronald Reagan, ex
commentatore del molto conservatore Wall Street Journal, che scrive: "Molti
lettori patriottici mi hanno scritto esprimendomi la loro frustrazione
perché i fatti e il senso comune non possono farsi strada in una
discussione dominata dall'isteria e dalla disinformazione. Mi sfidano a
spiegare come mai tre edifici del World Trade Center sono crollati nello
stesso giorno sulle loro fondamenta alla velocità della caduta libera: un
evento che è escluso dalle leggi della fisica, a meno che non si sia
trattato di una demolizione controllata. Essi insistono che vivremo in una
guerra ininterrotta e in uno stato di polizia fino a che la versione
governativa dell'11 settembre resterà incontestata. Potrebbero avere
ragione. Non ci sono molti direttori di giornale disposti a ospitare gli
evidenti difetti del Report della Commissione sull'11 settembre. (.) Noi
sappiamo che il governo ha mentito sulle armi di distruzione di massa in
Irak, ma crediamo che il governo abbia detto la verità sull'11
settembre"<>[12].



E' un repubblicano conservatore, cittadino statunitense, che parla. Come
cancellarlo dalla lista delle persone normali? C'è un solo modo: ignorare
quello che ha detto. Così hanno fatto tutti i media principali, in America,
ma anche in Italia.  E che ne facciamo di Michael Meacher, stretto
collaboratore, per anni, di Tony Blair e uno dei leader più in vista del
Labour britannico, ex ministro dell'Ambiente, appunto nel Gabinetto Blair,
dal 1997 al giugno 2003? Le sue dichiarazioni sono finite, rara eccezione,
direttamente nel mainstream informativo. In certi casi, quando accadono di
sorpresa, è impossibile ai controllori pararle. Così le "follie" di Michael
Meacher, ancora in carica come ministro, vanno a finire addirittura sul
Guardian (quando Meacher non è più ministro). "In primo luogo - dice
Meacher - è chiaro che le autorità americane fecero poco o nulla per
impedire gli eventi dell'11 settembre. E' noto che almeno 11 paesi diedero
l'allarme in anticipo agli USA sugli attacchi dell'11 settembre. Due
esperti di alto grado del Mossad vennero inviati a Washington nell'agosto
2001 per allertare la CIA e l'FBI dell'esistenza di una cellula di 200
terroristi che sarebbero stati in procinto di attuare una grossa operazione
[terroristica] <>[13]. La lista che i due esperti fornirono includeva i
nomi di quattro dei dirottatori dell'11 settembre, nessuno dei quali fu
arrestato. (..) . Fin dal 1996 era nota l'esistenza di piani per colpire
obiettivi a Washington con aerei. Poi nel 1999 un documento del National
Intelligence Council rilevò che "kamikaze suicidi di Al Qaeda  avrebbero
potuto scagliare aerei riempiti di esplosivi ad alto potenziale contro il
Pentagono, il quartier generale della CIA , o la Casa Bianca. (.). Quindici
dei dirottatori ottennero il visto in Arabia Saudita. Michael Springmann,
l'ex capo dell'ufficio visti americano a Jeddah, ha dichiarato che, fin dal
1987, la CIA forniva illegalmente visti d'ingresso a individui  che non
avrebbero dovuto averli, portandoli negli Stati Uniti per addestrarli al
terrorismo nella guerra afgana, in collaborazione con bin Laden.
<>[14].(..) Altre fonti hanno riferito che cinque dei dirottatori furono
addestrati all'interno di installazioni militari segrete degli Stati Uniti
negli anni '90.<>[15] (..).



Tutta questa inazione fu semplicemente l'effetto del fatto che persone nei
gangli decisivi ignorarono l'evidenza, o non ne furono a conoscenza? Oppure
si può supporre che le operazioni di sicurezza dell'aviazione furono
deliberatamente azzerate l'11 settembre? Se così è stato, perché? E chi ha
dato l'ordine? L'ex procuratore criminale federale degli Stati Uniti, John
Loftus, ha detto: 'L'informazione fornita dai servizi d'intelligence
europei prima dell'11 di settembre fu così ampia che non è più possibile
che la CIA e l'FBI possano difendersi accampando la tesi
dell'incompetenza'".<>[16]



Si potrebbe continuare a lungo elencando personalità di grande rilievo,
politici, giornalisti politologi, scienziati, tutti molto dubbiosi - quando
non del tutto certi nel considerare la falsità del complotto  governativo -
sulla versione ufficiale dell'11 settembre. Ma - è si tratta di una
"stranezza" molto ben spiegabile - il mainstream informativo non ha reso
noti questi nomi, e i loro dubbi. Così terminerò questo mio elenco
ristretto con la dichiarazione di uno specialista, americano, che ha già
provato al mondo intero le sue qualità investigative. Si tratta di Daniel
Ellsberg, ex analista militare della Rand Corporation, autore, nel 1971,
dei "Pentagon Papers" pubblicati dal  New York Times. Furono chiamati così
perché erano la prova che il Pentagono aveva sistematicamente mentito (a
cominciare dall'invenzione dell'inesistente scontro nel Golfo del Tonchino
tra navi americane e nord- vietnamite) per trascinare in guerra l'America e
per tenervela. Intervistato da una stazione radio<>[17], Ellsberg conferma
di avere esaminato i materiali delle indagini dell'11 settembre, e di
averne trovato "alcuni molto poco convincenti, mentre altri li trovo
piuttosto solidi".



Non è dunque un fanatico del complotto e si tiene, in un certo senso, a
debita distanza dal problema. Ma procede:"Non ho alcun dubbio che essi
siano sufficienti per giustificare un'inchiesta a largo raggio, che non c'è
ancora stata, con incriminazioni, interrogatori sotto giuramento,
l'esibizione di molti documenti. Diciamo così: non c'è dubbio che sono
stati sollevati interrogativi molto seri, che riguardano ciò che essi
[servizi segreti, settori dell'Amministrazione, ndr] sapevano prima che
accadesse e quanto coinvolgimento possa esservi stato. E' l'Amministrazione
... c'è un'Amministrazione capace, umanamente e psicologicamente, di
mettere in atto una tale provocazione? Sì, direi che sì. Ho lavorato per
un'Amministrazione di questo genere, io stesso: quella di Johnson. Ah, il
presidente Johnson espose al pericolo dei cacciatorpediniere nel Golfo del
Tonchino, e non solo una, ma diverse volte. E c'era un sacco dei suoi
[collaboratori] che speravano che avrebbe condotto a uno scontro e che
gridarono che quello scontro c'era stato".



Ellsberg crede dunque che l'Amministrazione in carica è "umanamente e
psicologicamente" in grado di organizzare "una tale provocazione". E
aggiunge questa previsione, che letta oggi, mentre scrivo queste righe,
mentre i bombardieri israeliani radono al suolo città e villaggi libanesi,
mette i brividi: "Se ci sarà un altro 11 settembre, o una guerra ancora più
vasta nel Medio Oriente, che implichi un attacco americano contro l'Iran,
non ho alcun dubbio che vi sarà - il giorno dopo o entro alcuni giorni - un
equivalente del decreto che seguì l'incendio del Reichstag: che
significherà arresti di massa nel [nostro] paese, campi di concentramento
per i medio-orientali e per una certa quota di loro 'simpatizzanti', di
critici della politica del presidente, e sostanzialmente la cancellazione
della Carta dei Diritti".



Per concludere, in relazione al "documento Northwood", quello che rivelò
che lo stato Maggiore degli Stati Uniti progettava un attacco contro Cuba
motivato dal finto abbattimento di un finto aereo passeggeri americano:
"Ah, sì: A proposito di una provocazione inscenata che avrebbe potuto
implicare perfino l'abbattimento di un aereo di linea americano (.) , sì,
direi che gli americani giocano questo gioco, senza dubbio, e sono sicuro
che sta accadendo adesso. Noi, io, ci aspettavamo che Bush avrebbe
architettato qualcosa di simile a un incidente nel Golfo del Tonchino prima
di andare in Irak. Pensai che avevo torto quando vidi che essi pensarono di
non averne bisogno. E' interessante che le rivelazioni che sono emerse, gli
appunti delle conversazioni tra Bush e Blair, mostrano che Bush insisteva
sulla possibilità di mandare un U-2, per farlo abbattere, e usare questo
come una scusa"<>[18].



Ma, dopo questa lunga digressione, sarà utile tornare a William Rodriguez,
il nostro eroe. Non è una battuta di spirito. William Rodriguez fu il
simbolo dell'eroismo americano. E per questo il Congresso degli Stati Uniti
gli conferì, appunto, il titolo di eroe. Nel suo album di famiglia, di
modesto cittadino statunitense di origine portoricana, c'è una foto che lo
ritrae accanto al presidente Bush. Salvò decine di vite nel World Trade
Center, entrò e uscì per ben tre volte dalla torre nord per prestare aiuto.
Essendo addetto alla manutenzione, aveva le chiavi passe partout per aprire
tutte le porte. Erano in quattro ad avere quelle chiavi, lui solo le usò.
Si salvò pochi istanti prima del crollo della torre sud gettandosi sotto un
camion.



Rodriguez ha perduto, con le torri, il suo posto di lavoro, non è un
politico, un politologo, un ex membro di governo. E' solo un testimone
oculare, diretto, che fu considerato a tal punto affidabile da essere
sentito anche dalla Commissione d'inchiesta ufficiale. A quanto lui stesso
ha raccontato, i membri della Commissione furono molto turbati dal suo
racconto. Eppure non c'è nel rapporto finale una sola riga che riguardi la
deposizione di William Rodriguez. E si spiega: perché il suo racconto di
testimone non collima affatto, anzi sembra smentire clamorosamente, la
versione ufficiale. Dove? Rodriguez era, alle ore 8:46, al primo piano
interrato della torre nord. Le 8:46 sono l'ora esatta in cui il volo AA 11
colpisce la torre nord. Le due torri avevano ben sei piani sotterranei,
dove erano concentrati, oltre ai garages, depositi, strutture tecnologiche,
impianti di sicurezza e tutto quanto doveva servire alla manutenzione degli
edifici. Questi piani erano denominati come B1, B2, B3, fino a B6.
Rodriguez stava dunque al B1, dove era arrivato, per cominciare la sua
giornata lavorativa, alle 8:30.

Egli racconta che alle 8:46 lui e un supervisore che lo accompagnava
sentirono una potentissima esplosione "ai piani di sotto a quello in cui ci
trovavamo, tra il B2 e il B3". L'esplosione fu così potente che "l'edificio
tremò, le pareti si creparono e il controsoffito crollò". La prima cosa che
Rodriguez pensa è che è saltato un generatore di corrente. Ma "alcuni
secondi dopo" (si noti questo dettaglio cruciale) "si sentì un enorme colpo
nella parte alta dell'edificio, che cominciò a tremare così forte che tutte
le 40 persone che erano con me cominciarono a gridare tutte assieme, in una
confusione totale". Tralascio il resto del racconto per fermarmi sui
particolari più essenziali. Una potente esplosione, nelle fondamenta della
torre nord,  ha preceduto "di qualche secondo" l'impatto dell'aereo.
Inspiegabile. Si è forse confuso, sbaglia i tempi? Ma che rapporto c'è tra
le due esplosioni?



Ma Rodriguez ci parla anche d'altro. E questo altro non è meno importante.
Con le chiavi accompagna un gruppo di pompieri che salgono lungo la scala A
della torre nord. "Mentre salivamo  sentivamo delle esplosioni che
continuavano a verificarsi nei vari piani". Rodriguez sale fino al 33-esimo
piano, e oltre, fino a che incontra alcuni agenti di polizia. Mentre stanno
scambiandosi informazioni iniziano a sentire "una serie di esplosioni in
rapida successione, bum , bum, bum." Al radiotelefono dicevano: "Abbiamo
perso il 65-esimo, è crollato, dal 65-esimo al 44-esimo". Sono 21 piani.
"Tutti quei piani erano crollati". Ma il volo AA 11 colpì la torre molto
più in alto del 65-esimo piano. E' in quel punto, dell'impatto, che
dovrebbe essersi verificato l'incendio che ha indebolito - secondo la
versione ufficiale - le strutture dell'edificio, provocando il cosiddetto
"effetto torta", cioè lo schiacciamento successivo dei piani, uno sopra
l'altro, fino al crollo totale.

Ma il racconto di Rodriguez ci dice che esplosioni in serie avvenivano
dentro l'edificio a da alcune decine di piani al di sotto di quelli
dell'impatto dell'aereo. E ci comunica con precisione che -altrettanto
inspiegabilmente - ben prima del cedimento  strutturale nei piani alti,
ben 22 piani della torre erano già crollati. Le pareti esterne avevano
tenuto, ma i piani erano stati abbattuti. Da che cosa? Cos'altro è avvenuto
nella torre nord, prima e dopo l'impatto dell'aereo?

E non è strano che, di tutto questo, la Commissione ufficiale non abbia
tenuto conto?



Rodriguez spiega perché ha raccontato tutto questo, invece di limitarsi a
mettere in bacheca la sua medaglia da eroe. "Perché il rapporto ufficiale
sui fatti dell'11 settembre 2001 è un rapporto falso e incompleto"<>[19]



Giulietto Chiesa



<>[1] Citato da Webster  Griffin Tarpley, "9/11 Syntetic Terror",
Progressive Press, 2006, pag. 5

<>[2] Michael Ledeen, citato da Ervand Abrahamian in "Empire Strikes Back:
Iran in US Sights", Inventing the Axis of Evil (New York: The New Press,
2004), pag 93

<>[3] ABC Nightline, di Ted Koppel, "Tonight, 'The Plan' , how one group
and its blueprint have brought us to the brink of war". 5 marzo 2003.
L'intera trascrizione si trova in
<http://www.whatreallyhappened.com/Thelan.htm>http://www.whatreallyhappened.com/Thelan.htm

Si noti qui, en passant, che anche Ted Koppel meriterebbe di essere
accusato di dietrologia. Tutta la trasmissione è infatti la ricostruzione
di un complotto a regola d'arte, che ha portato l'America in guerra, alle
spalle del popolo americano, e perfino del Congresso degli Stati Uniti.

<>[4] Ralph Peters, "Constant Conflict: a look behind the philosophy and
practice of the US push for domination of the world's economy and culture".
US Army War College: Parameters, Summer 1997, pp 4-14.

Il maggiore Ralph Peters è stato membro dell'Ufficio del vice capo dello
staff  per l'Intelligence, come responsabile delle guerre del futuro. Anche
Peters, che guarda "dietro" la filosofia e la pratica della spinta
americana al dominio, è dunque un teorico del complotto, un "dietrologo"
classico.

<>[5] International Herald Tribune, July 26, 2006.

<>[6] Dichiarazione della American Bar Association, IHT, cit.

<>[7] William Webster Tarpley, "9/11 Syntetic Terror", cit. pag. 339

<>[8] Si vedano i suoi due libri, "L'incredibile menzogna", Fandango 2002 e
"Il Pentagate", Fandango 2003.

<>[9] Der Tagesspiele, 13 gennaio 2002.

<>[10] David Gray Griffin,  "The 9/11 Commission Report: Omissions and
Distortions, 2004. Griffin  è stato fino al 2004 Professore Emerito di
Filosofia delle Religioni e Teologia della Claremont School of Theology e
alla Claremont Graduate University. E' attualmente uno dei co-direttori del
Center for Policy Analysis di Claremont

<>[11] Prison Planet, 16 giugno 2005. La citazione è da "United Press
International".

<>[12] Articolo di Paul Joseph Watson su Prison Placet , 8 febbraio 2006.

<>[13] Qui è lo stesso Meacher che cita, come fonte, il Daily Telegraph del
16 settembre 2001.

<>[14] Qui Meacher cita la BBC del 6 novembre 2001.

<>[15] Qui Meacher cita Newsweek del 15 settembre 2001. Rilevo, di
sfuggita, che tutte queste informazioni risalgono alle prime settimane dopo
gli attentati, quando ancora il controllo sui media non era così ferreo
come avvenne, progressivamente, in seguito. Altra considerazione a margine:
tutti questi dati spiegano perfettamente bene come mai CIA e FBI furono in
condizione di distribuire l'elenco dei "colpevoli" appena 50 ore dopo la
tragedia: era un elenco di doppi agenti, o di ex agenti della CIA di cui
essi erano a conoscenza da anni.

<>[16] Michael Meacher, "The war on terrorism is bogus", The Guardian, 6
settembre 2003.

<>[17] Radio GCN  nel programma condotto da Jack Blood., luglio 2006.

<>[18] Articolo postato da Kevin Smith e Alex Jones il 19 luglio 2006.
Infowars.com/articles/Pentagon_papers_author_gov_maybe_did_911.htm

<>[19] Ground Zero: parla l'eroe. Tratto da "Speciale 11 settembre",
supplemento al DVD "9/11 in Plane Site".


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