06/09 Genova: un'ora in silenzio per la pace



Rete controg8
per la globalizzazione dei diritti
Il 6 settembre riprende sui gradini del palazzo ducale di Genova, dalle 18
alle 19, l'"Ora in silenzio per la pace", iniziata da un gruppo di
pacifisti nel settembre 2001; l' iniziativa va avanti ininterrottamente da
allora ogni mercoledì, con la sola sospensione del mese di agosto.
L'appello incollato di seguito, che verà offerto alla riflessione di
passanti, non è condiviso all'unanimità dai partecipanti all'iniziativa,
che danno valutazioni differenti circa la missione in Libano delle forze
armate italiane. Ma certemente può costituire un utile spunto di
discussione e di confronto.

Appello promosso da Alex Zanotelli ed altri



Quali condizioni e garanzie irrinunciabili per una Forza d'Interposizione
in Medio Oriente?



Sembra essersi formato un consenso generale sull'opportunità/necessità che
l'Italia partecipi alla Forza Internazionale di Interposizione in Libano. È
indubbio che per arrestare la spirale di violenza che sempre più insanguina
il Medio Oriente, e si estende pericolosamente al resto del mondo, sia più
che mai necessario un impegno attivo della comunità internazionale, sotto
la guida dell'Onu. L'esito di un tale impegno dipende tuttavia in modo
determinante dalle condizioni in cui verrà attuato e condotto. Sembra più
che mai necessario richiamare l'attenzione del Governo, del Parlamento e di
tutti i cittadini su alcuni punti molto delicati.

Una prima considerazione doverosa è che la guerra in Libano ha occultato il
problema palestinese. Non sembra accettabile, in particolare, che la
comunità internazionale ignori completamente il fatto che Ministri e
Parlamentari di un paese che dovrebbe essere sovrano siano stati
sequestrati (ancora sabato 19 agosto il vice-premier, Nasser-as-Shaer),
imprigionati, ed almeno in un caso anche torturati. In nessun altro Paese
un simile intervento straniero potrebbe venire tollerato: perché nessuno
reagisce nel caso di Israele? È inaccettabile il silenzio del Governo
italiano. Venendo alla costituzione di una Forza Internazionale di
Interposizione, essa deve ubbidire ad alcune condizioni fondamentali ed
elementari: è evidente che non possono farne parte militari di un paese che
non sia rigorosamente equidistante tra i due belligeranti. L'Italia ha
stipulato lo scorso anno un impegnativo Accordo di Cooperazione Militare
con Israele, che inficia in modo sostanziale e irrimediabile la nostra
equidistanza. Il Diritto Internazionale impone, come minimo, la preventiva
sospensione di tale Accordo, i cui termini dettagliati devono assolutamente
essere resi noti all'opinione pubblica. È il caso di ricordare ancora che
Israele ha partecipato a manovre militari della Nato svoltesi in Sardegna,
nelle quali si saranno indubbiamente addestrati piloti ad altri militari
israeliani, impegnati poi nella guerra in Libano.

Da queste circostanze discende una ulteriore condizione: è necessaria una
garanzia assoluta che il comando di questa Forza di Interposizione rimanga
strettamente sotto il comando dell'Onu, e non possa essere trasferita in
nessun momento alla Nato. È assolutamente necessario, inoltre, che le spese
della missione non gravino ulteriormente sul bilancio dello Stato italiano,
e in particolare non comportino riduzioni delle spese sociali, ma rientrino
nel bilancio del Ministero della Difesa per le missioni militari italiane
all'estero. Queste sembrano condizioni fondamentali e irrinunciabili per la
partecipazione del nostro paese. Rimangono però altre riserve. Appare
singolare e tutt'altro che neutrale il fatto che una Forza Internazionale
di Interposizione venga schierata sul territorio di uno dei due Paesi
belligeranti, quello attaccato, e non sul loro confine. Deve essere chiaro
pertanto che, finché tale forza opererà in territorio libanese, essa deve
essere soggetta alla sovranità libanese, e che non potrà in alcun modo
essere incaricata del disarmo né dello scioglimento di Hezbollah. Queste
condizioni operative esporranno comunque i militari che compongono questa
forza ad agire nel caso in cui avvengano (reali o pretese) provocazioni:
come potranno opporsi con la forza all'esercito israeliano, tutt'ora
presente in territorio libanese? Non ci si facciano illusioni sulle regole
d'ingaggio, che verranno decise dall'organismo che guiderà la missione, e
non dal nostro Governo.

Riteniamo giusto richiedere anche che il contingente militare sia
affiancato da un congruo numero di volontari disarmati. Deve infine
risultare estremamente chiaro che questa Forza di Interposizione non potrà
mai, e in alcun modo, essere coinvolta in una ripresa o in una estensione
del conflitto. Così come deve essere escluso un suo impiego per proteggere
le ditte italiane che si lanceranno nel lucroso business della
ricostruzione del Libano. É necessario fugare con molta chiarezza qualsiasi
illusione che l'interposizione militare, anche nelle migliori condizioni,
sia risolutiva per il conflitto in Medio Oriente, soprattutto per risolvere
la fondamentale questione palestinese. Chi arresterà la distruzione delle
case, delle coltivazioni e delle infrastrutture dei palestinesi, gli
omicidi mirati (in palese violazione di qualsiasi norma giuridica)?
Chiediamo pertanto che, prima di inviare un contingente italiano, il nostro
Governo ponga con forza a livello internazionale l'esigenza irrinunciabile
del dispiegamento di una forza internazionale di pace anche a Gaza e in
Cisgiordania, a garanzia della sicurezza di Israele e come condizione per
la creazione di uno Stato Palestinese. Chiediamo che su queste questioni
fondamentali vengano prese ufficialmente decisioni chiare, esplicite e
trasparenti, e si esigano le dovute garanzie a livello internazionale.