Verso il 17 luglio: autoconvocata




Delegazioni, ong, volontariato di ogni genere e grado, e per chi non può andare lontano manifestazioni, sit-in, appelli : sassi qui-sassi là che sono stati lanciati nel mare magnum dell'indifferenza globale.

L'intifada , la resistenza non hanno vinto un bel nulla, non hanno taciuto le armi e l'imperialismo americano trova costantemente nuovi fidi alleati. Noi continuiamo ostinati a fare fiaccolate, lettere a poteri locali, nazionali ed internazionali, invochiamo giustizia disvelando patti scellerati e prostituzioni mai fuori moda.

Ci si dice di non dimenticare Genova, quel luglio del 2001: ci autoconvocammo lì, come oggi 15 luglio.

Andammo con il casco e senza casco, contro il potere del G8 , contro la loro violenza arrogante ed illegale sul mondo. E andammo a Genova perché per l'incontro avevano scelto la nostra città italiana, diventata fortino di guerra, che sarebbe stata annunciata di lì a pochi mesi. Non dovevano esserci mutande appese alle finestre. Niente doveva segnalare una presenza umana sul percorso dei convitati di pietra. Facemmo di tutto invece, per far capire quanto eravamo umani con la nostra rabbia. In mutande, con le mutande sopra la testa, appese agli zaini, ai fili delle finestre, contestarono anche i genovesi rimasti, gli emigranti nei loro "palazzi altri".

Oggi siamo ad un giro di boa, i giornali del 15 luglio parlano di guerra totale in Libano. La guerra è dovunque. Pezzi di movimento resistente sono oggi a Roma, magari solo col cuore, per telefono od in rete.

Vogliamo dire ai delegati in Parlamento e al Senato che chi annuncia di votare, magari in maniera sofferta e consapevole, le "missioni di pace", voterà per la guerra.

Noi chiediamo con forza sdegno orgoglio dignità debolezza rabbia -noi chiediamo.

Molti che vent'anni oggi ce l'hanno, non si aspettano niente da questo potere, non sono abituati a chiedere niente al governo e forse neanche a lottare.

Ma io sono stanca di chiedere, in 30 anni di lavoro non ho mai chiesto al padrone qualcosa. Ho dovuto lottare in prima persona per affermare il mio essere prima che donna, persona.Gli anni passati imbiancano i capelli e tradizione vuole che dovrei sentirmi più mite, paziente, riflessiva, accomodante. Niente di tutto questo mi accade, io bollo, mi ribello, disobbedisco alle regole del "saper vivere", "saper fare politica".

E parto da dove ho cominciato, da Genova. Con quelli intorno a vent'anni e quelli che si divertono a fare somme anagrafiche.

Ma non mi presto ad essere usata come alibi, guastafeste irresponsabile, pura icona pacifista.

Nessun governo centro destro sinistro può dirmi come resistere e lottare.

Mi impegno a far uscire dal silenzio quelle donne e uomini che non lo possono fare,a resistere e lottare insieme senza se e ma. Molti, tanti si sono turati il naso ed hanno votato il 9 aprile, ora il lezzo dell'opportunismo è divenuto intollerabile.

Gli occhi li abbiamo aperti e non possiamo più chiuderli. Sono in strada, porto appresso la gioia ed il dolore di sentirmi viva su un treno qualunque di pendolari del mondo che hanno solo voglia di tornare a casa in pace e mettersi in mutande.

Doriana Goracci
domenica 16 luglio 2006


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