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giovanni, la pace e' la strada
- Subject: giovanni, la pace e' la strada
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it>
- Date: Tue, 11 Jul 2006 10:09:25 +0200
alla c.a di GIOVANNI RUSSO SPENA da parte di Alfonso Navarra (in forma di lettera aperta) Caro Giovanni, E' dal post-'68 con Avanguardia Operaia che ti conosco e ti seguo, abbiamo percorso insieme buona parte del cammino della "sinistra rivoluzionaria". Posso dire, nel richiamare alla memoria quello che hai sempre detto e fatto, di credere che gli ideali di quei "formidabili anni" tu non li abbia mai rinnegati, meno che mai quando ti e' capitato di fare la loro, spesso isolata, staffetta a Montecitorio. A quegli anni risale la messa in discussione dello stalinismo con la critica della categoria culturale del "traditore del popolo". Non intendo recuperare quella mentalita' adesso, che mi proclamo "amico della nonviolenza". Percio' metto subito in chiaro: tu per me, quando ti impegni per una "mediazione alta" sull'Afghanistan, non sei un "traditore della pace" ma solo un "pacifista che sbaglia"! Abbi la pazienza di seguirmi in poche, forse sciatte, ma ritengo chiare e precise considerazioni. Domanda: quando ci capita di commettere errori? A me pare che succede nella scelta dei mezzi che dovrebbero aiutarci a conseguire un determinato fine: facciamo dei ragionamenti tortuosi su strumenti poco congrui, che ci illudono di avere caratteristiche e potenzialita' che poi la realta' si incarica di sgonfiare. Investiamo emotivamente sul mezzo la preoccupazione e la valenza simbolica che dovremmo riservare al fine. Quando sei venuto a trovarmi in carcere per la mia "disobbedienza" ai missili di Comiso io mi servivo del mezzo - sbagliato - del Partito radicale come strumento - addirittura - di nonviolenza. Pannella faceva i comizi per me: mi presentava sulla Radio e in piazza come l'"eroe" del vero antimilitarismo da contrapporre al falso pacifismo del PCI. Nella sua strategia diventavo pedina di divisione del movimento per la pace. Proprio al processo di Ragusa ho contestato questa strumentalizzazione agli avvocati e ai politici radicali e li' si e' chiusa la mia carriera politico-istituzionale. Fortunatamente, continuo a ritenere oggi. Peppino Impastato - dallo shock per il suo omicidio e dal lavoro di contro-inchiesta e' maturata la mia svolta nonviolenta - e' li' continuamente ad ammonirmi che sono un "antimafioso" a meta'. Non ho avuto il coraggio di restare in Sicilia. Non ho avuto l'intelligenza di trovare una strada per conciliare la necessita' della sopravvivenza con il rifiuto dei compromessi con il sistema di potere. Ho preferito, alla fine, dopo Comiso, diciamo cosi', fuggirmene. Ora vivo in esilio a MIlano. La ferita e' aperta e sanguinante. Mi auguro che nella tua coscienza tu non debba mai sentirti un "pacifista" a meta'. Un signor Mezzapace. Il rimorso e' doloroso ed avvelena giorno dopo giorno la vita. So che la scommessa politica in cui sei impegnato e' sul filo del rasoio: non e' facile giocare questa alternanza per fare avanzare l'alternativa. Io ho l'impressione che la partita sia disperata, che non ci siano in partenza le condizioni politiche e sociali per vincerla. Ma posso avere torto. Sarei anche tentato di dire: spero di avere torto. Ti invito comunque a riflettere bene e a lungo su quello che fai. Ed, in particolare, ti esorto a cercare di andare, nel problem solving della mediazione istituzionale, oltre gli schemi consueti, perche' siamo ad un passaggio storico cruciale. Le nostre scelte possono avere conseguenze terribili. Magari piu' coraggio, piu' determinazione, piu' intelligenza tattica possono risultare utili proprio nella conquista della posta che tu e il tuo partito vi siete dati. Io, aiutato dalla mia collocazione oggettivamente movimentista, intendo e devo restare fedele a questa "legge politica" che ritengo di aver grossolanamente intuito: buone scelte e buone azioni - azioni di omogeneita' mezzo-fine - smuovono una catena di conseguenze positive e producono, spesso immediatamente, sicuramente in ultima istanza, anche equilibri politici piu' avanzati, per la democrazia, la giustizia, la pace. Ripeto sempre tra me e me, a guisa di mantra: e' piu' facile muoversi per i vecchi sentieri gia' battuti dagli altri: ma con la legge del minimo sforzo non imbocchero' mai la nuova ed inesplorata civilta' della pace. Un abbraccio, con stima immutata, con leale interlocuzione critica e confessandoti che non vorrei proprio trovarmi oggi al posto tuo Alfonso Navarra AFGHANISTAN: GRUPPO PRC SENATO ADERISCE A APPELLO PER RITIRO (AGI) - Roma, 16 mag. - Il gruppo al Senato di Rifondazione Comunista aderisce in blocco all'appello lanciato da don Luigi Ciotti, Tonio Dell'Olio, Gino Strada, Alex Zanotelli per il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq e dall'Afghanistan e per l'interruzione di ogni missione italiana in teatri di guerra. "La nostra adesione e' collettiva per sottolineare la completa condivisione della necessità di una svolta nella politica estera del paese - dichiara Giovanni Russo Spena, presidente del gruppo di Prc -, perché l'art.11 della Costituzione deve diventare concreta realta'. L'intero sistema di intervento - come dice l'appello - va ripensato a partire dalla necessità che si basi su vere missioni di pace, senza armi, che tendano alla ricostruzione e alla cooperazione con altri popoli. Intanto e' essenziale ritirare le truppe per salvare delle vite umane ed anche perché, come affermava Gandhi e come l'appello ricorda, non c'e' una strada che porta alla pace, la pace e' la strada". (AGI)
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