giovanni, la pace e' la strada



alla c.a di GIOVANNI RUSSO SPENA
da parte di Alfonso Navarra (in forma di lettera aperta)


Caro Giovanni,

E' dal post-'68 con Avanguardia Operaia che ti conosco e ti seguo, abbiamo
percorso insieme buona parte del cammino della "sinistra rivoluzionaria".
Posso dire, nel richiamare alla memoria quello che hai sempre detto e
fatto, di credere che gli ideali di quei "formidabili anni" tu non li abbia
mai rinnegati, meno che mai quando ti e' capitato di fare la loro, spesso
isolata, staffetta a Montecitorio.
A quegli anni risale la messa in discussione dello stalinismo con la
critica della categoria culturale del "traditore del popolo".
Non intendo recuperare quella mentalita' adesso, che mi proclamo "amico
della nonviolenza".
Percio' metto subito in chiaro: tu per me, quando ti impegni per una
"mediazione alta" sull'Afghanistan, non sei un "traditore della pace" ma
solo un "pacifista che sbaglia"!
Abbi la pazienza di seguirmi in poche, forse sciatte, ma ritengo chiare e
precise considerazioni. Domanda: quando ci capita di commettere errori? A
me pare che succede nella scelta dei mezzi che dovrebbero aiutarci a
conseguire un determinato fine: facciamo dei ragionamenti tortuosi su
strumenti poco congrui, che ci illudono di avere caratteristiche e
potenzialita' che poi la realta' si incarica di sgonfiare.
Investiamo emotivamente sul mezzo la preoccupazione e la valenza simbolica
che dovremmo riservare al fine.
Quando sei venuto a trovarmi in carcere per la mia "disobbedienza" ai
missili di Comiso io mi servivo del mezzo - sbagliato - del Partito
radicale come strumento - addirittura - di nonviolenza.
Pannella faceva i comizi per me: mi presentava sulla Radio e in piazza come
l'"eroe" del vero antimilitarismo da contrapporre al falso pacifismo del
PCI. Nella sua strategia diventavo pedina di divisione del movimento per la
pace.
Proprio al processo di Ragusa ho contestato questa strumentalizzazione agli
avvocati e ai politici radicali e li' si e' chiusa la mia carriera
politico-istituzionale. Fortunatamente, continuo a ritenere oggi.
Peppino Impastato - dallo shock per il suo omicidio e dal lavoro di
contro-inchiesta e' maturata la mia svolta nonviolenta -  e' li'
continuamente ad ammonirmi che sono un "antimafioso" a meta'. Non ho avuto
il coraggio di restare in Sicilia. Non ho avuto l'intelligenza di trovare
una strada per conciliare la necessita' della sopravvivenza con il rifiuto
dei compromessi con il sistema di potere. Ho preferito, alla fine, dopo
Comiso, diciamo cosi', fuggirmene. Ora vivo in esilio a MIlano. La ferita
e' aperta e sanguinante.
Mi auguro che nella tua coscienza tu non debba mai sentirti un "pacifista"
a meta'. Un signor Mezzapace. Il rimorso e' doloroso ed avvelena giorno
dopo giorno la vita.
So che la scommessa politica in cui sei impegnato e' sul filo del rasoio:
non e' facile giocare questa alternanza per fare avanzare l'alternativa.
Io ho l'impressione che la partita sia disperata, che non ci siano in
partenza le condizioni politiche e sociali per vincerla. Ma posso avere
torto. Sarei anche tentato di dire: spero di avere torto.
Ti invito comunque a riflettere bene e a lungo su quello che fai. Ed, in
particolare, ti esorto a cercare di andare, nel problem solving della
mediazione istituzionale, oltre gli schemi consueti, perche' siamo ad un
passaggio storico cruciale. Le nostre scelte possono avere conseguenze
terribili.
Magari piu' coraggio, piu' determinazione, piu' intelligenza tattica
possono risultare utili proprio nella conquista della posta che tu e il tuo
partito vi siete dati.
Io, aiutato dalla mia collocazione oggettivamente movimentista, intendo e
devo restare fedele a questa "legge politica" che ritengo di aver
grossolanamente intuito: buone scelte e buone azioni - azioni di
omogeneita' mezzo-fine - smuovono una catena di conseguenze positive e
producono, spesso immediatamente, sicuramente in ultima istanza, anche
equilibri politici piu' avanzati, per la democrazia, la giustizia, la pace.
Ripeto sempre tra me e me, a guisa di mantra: e' piu' facile muoversi per i
vecchi sentieri gia' battuti dagli altri: ma con la legge del minimo sforzo
non imbocchero' mai la nuova ed inesplorata civilta' della pace.


Un abbraccio, con stima immutata, con leale interlocuzione critica e
confessandoti che non vorrei proprio trovarmi oggi al posto tuo

Alfonso Navarra

AFGHANISTAN: GRUPPO PRC SENATO ADERISCE A APPELLO PER RITIRO
(AGI) - Roma, 16 mag. - Il gruppo al Senato di Rifondazione Comunista
aderisce in blocco all'appello lanciato da don Luigi Ciotti, Tonio
Dell'Olio, Gino Strada, Alex Zanotelli per il ritiro delle truppe
italiane dall'Iraq e dall'Afghanistan e per l'interruzione di ogni
missione italiana in teatri di guerra. "La nostra adesione e' collettiva
per sottolineare la completa condivisione della necessità di una svolta
nella politica estera del paese - dichiara Giovanni Russo Spena,
presidente del gruppo di Prc -, perché l'art.11 della Costituzione deve
diventare concreta realta'.
L'intero sistema di intervento - come dice l'appello - va ripensato a
partire dalla necessità che si basi su vere missioni di pace, senza
armi, che tendano alla ricostruzione e alla cooperazione con altri
popoli. Intanto e' essenziale ritirare le truppe per salvare delle vite
umane ed anche perché, come affermava Gandhi e come l'appello ricorda,
non c'e' una strada che porta alla pace, la pace e' la strada". (AGI)