PRIMARIE SU IRAK E AFGHANISTAN



pubblicato in parte su liberazione di oggi

SU IRAQ E AFHANISTAN FACCIAMO LE PRIMARIE
Anche la Cia non ci vuole a Nassiriya e  la missione a Kabul è cambiata

Gigi Malabarba


Al di là della propaganda dell'amministrazione Bush e del Pentagono, gli
Stati Uniti tentano di uscire dal pantano iracheno con iniziative
apparentemente contraddittorie tra loro: dalla guerra sporca con stragi e
assassini mirati, istruiti dagli uomini di Negroponte, fino all'apertura di
negoziati con settori della guerriglia per cercare di ottenere una
riduzione del conflitto armato almeno in alcune aree del paese. E tra i
gruppi insorgenti più significativi figurerebbero anche quelli con cui
italiani, francesi e tedeschi hanno trattato per il rilascio degli ostaggi.
Il Pentagono a suo tempo, si ricorderà, accusò in particolare l'Italia di
foraggiare per questa via il terrorismo sunnita. Oggi la Cia chiede una
diretta collaborazione proprio per quel canale di contatto aperto dalla
squadra di Nicola Calipari con l'odiata guerriglia; e lo chiede a chi quei
negoziati li condusse in prima persona, guardando di buon occhio
un'eventuale espansione della presenza in teatro dell'intelligence del
nostro paese. Di quella militare, asserragliata dentro Camp Mittica, non
gliene importa invece granchè, proprio perché inutilizzabile sul fronte e
anch'essa percepita come forza di occupazione dalla popolazione...
Due sono le conseguenze immediate, se le tesi americane sono fondate: 1)
ritirare le truppe è l'unica cosa seria da fare e in fretta: un ritiro
graduale che superasse i 60 giorni necessari per il trasporto degli
apparati sarebbe un suicidio; 2) una presenza civile di poche decine di
tecnici sarebbe impensabile senza una scorta simile a quella attuale. A
meno di ridurla alla tutela degli affari petroliferi dell'Eni (la
megaraffineria a Nassiriya), per cui - come dicono tutti i militari -
bastano 800-1000 uomini. E' questa la 'ricostruzione' di cui parla il nuovo
governo di Romano Prodi o non sarebbe meglio chiamarla la fetta di torta
neocoloniale che interessa il nostro paese in concorrenza con gli alleati?
Se in Iraq la nostra partecipazione alla guerra ha i limiti esposti, in
Afghanistan le nostre truppe sono impegnate ormai da tempo in combattimenti
e in azioni d'attacco crescenti. Se il teatro di guerra afgano-iracheno è
unico da sempre per angloamericani e seguaci di Al Qaeda e dei Taleban, ora
anche la distinzione tra missione Isaf e Enduring Freedom è sostanzialmente
sparita e la richiesta di 'enforcing' all'Italia e alla Nato nel Sud del
paese ci sta coinvolgendo nell'escalation di guerra guerreggiata in
assoluto più consistente dalla fine della seconda guerra mondiale.
Anche l'impegno dei nostri aerei Amx d'attacco e di mezzi corazzati più
adeguati risulta quindi inevitabile, insieme all'incremento delle truppe
italiane nella zona di guerra.
Se sul serio si crede a una nuova fase politica fondata sulla 'pace
preventiva' e se si pensa alla partecipazione diretta delle persone nelle
decisioni fondamentali del governo, occorre darsi una mossa: perché non ci
proponiamo di realizzare le primarie sull'appello di Ciotti, Dell'Olio,
Strada e Zanotelli entro giugno? Lo può decidere l'Unione o lo può
autogestire il movimento.
Non è problema mio o del Prc o di quel centinaio di parlamentari che
ricostituiranno il Forum pacifista il voto sul rifinanziamento delle
missioni militari in Iraq e Afghanistan. E' il punto dirimente sull'avvio o
meno di una politica di pace da parte del nuovo governo. Vogliamo o no
metterci in connessione sentimentale col popolo che ripudia la guerra, che
va persino al di là del 'nostro' popolo?