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(Fwd) via l'ENI dall'Iraq
- Subject: (Fwd) via l'ENI dall'Iraq
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Tue, 02 May 2006 22:53:22 +0200
- Priority: normal
------- Forwarded message follows ------- Date sent: Tue, 2 May 2006 17:23:53 +0100 (GMT+01:00) From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it> Send reply to: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it> To: pierobernocchi at libero.it Subject: via l'ENI dall'Iraq Copies to: alfonsonavarra at virgilio.it alla c.a. di Piero Bernocchi - in forma di lettera aperta da parte di Alfonso Navarra Ritiriamo truppe ed ENI dall'Iraq! Fermiamo la guerra contro l'Iran! Caro Piero, Leggo oggi un tuo intervento sul quotidiano "Liberazione" e la risposta del giornale, firmata Pi.sa. (sta naturalmente per Piero Sansonetti). Gia' il titolo: "La pietas per i soldati italiani morti a Nassyria" mi induce ad un giudizio - ti confesso - irritato: avete tutte'e due impostato veramente male la discussione, mi viene da sbottare di primo acchitto. E' possibile che il problema da focalizzare sia piangere o meno i militari italiani uccisi? Vediamo qual'e' il succo del tuo discorso, al di la' delle inutili e, dal tuo stesso punto di vista, controproducenti considerazioni sulle "litanie patriottarde" e su quanto devono pesare certi morti, se come macigni o come piume. A te, come al sottoscritto, interessano le seguenti cose, che condivido: 1- che sia riconosciuta la corresponsabilita' italiana di una guerra sbagliata, imperialistica ed aggressiva, sempre piu' cruenta 2- il ritiro di TUTTE le truppe dall'Iraq senza sostituirle con presunti "ricostruttori". Questi sono i tuoi (ed i miei) punti principali. Qui veramente c'e' da fare un discorso molto serio, perche' rischiamo di andare incontro, per opera del nuovo governo "pacifista" di Romano Prodi (con Mastella che ha conquistato la Difesa grazie ai giochetti ricattatori delle schede bianche durante l'elezione di Marini al Senato), ad una nuova, colossale, clamorosa presa per il culo. Vuoi vedere che "piangeremo" piu' militari morti in Iraq DOPO il ritiro formale delle truppe deciso, forse, da Prodi (il forse dipende dai dubbi sulla durata del governo) che non PRIMA? Mi spiego. Subito dopo l'attentato di Nassyria del 27 aprile ho sentito in TV il diessino Minniti confermare - a nome dell'Unione - che il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq sara' un impegno mantenuto. "- La nostra posizione non muta rispetto a quanto indicato nel Programma: non e' nemmeno lontana da quella che sta esprimendo il governo Berlusconi quando dichiara di volersi disimpegnare entro il 2006. La presenza italiana in Iraq resta, perche' siamo interessati, con l'ONU e gli alleati, alla democrazia e alla ricostruzione di quel Paese. Solo che la missione da prevalentemente militare diventera' prevalentemente civile. Manterremo solo 600 soldati per garantire le operazioni civili di sostegno alla ricostruzione economica e di assistenza alla popolazione-". 600 militari, ragazzi, non sono mica una bazzecola. Saranno cosi' tanti i soldati che resteranno a vigilare sulla missione civile? Ma non e' questo l'unico interrogativo che pesa sul futuro. Questi soldati dipenderanno ancora dal Comando britannico? Ci sara' una nuova risoluzione ONU per definire compiti e obiettivi? Ed i tempi? Sul piano strettamente tecnico una-due settimane, a quanto ho capito, potrebbero bastare per l'imbarco sulle navi. Ma il contingente dovra' effettuare il "passaggio delle consegne": lo scambio informativo con le truppe (inglesi?) che sostituiranno gli italiani. Aspetteremo mesi? Ma le questioni di inquadramento giuridico della prospettata missione civile mi sembrano piu' importanti di tante altre questioni di date e di immagine che andremo a discutere. Immagino gia' i politici polemizzare su settimana piu', settimana meno, ignorando, ad esempio, se entreremo o meno a far parte dei 15 PRT (team di ricostruzione provinciale) che gli americani intendono costituire per definire con le autorita' locali (si fa per dire) i piani della ricostruzione. A dire il vero la polemica sulla stampa e' gia' divampata: ogni leader di partito ha detto la sua, compreso quello dell'Udeur, Clemente Mastella, a quanto pare Ministro della Difesa in pectore: "- Sara' il nuovo governo, dopo la piena investitura ed il premier Prodi a discutere di un eventuale ritiro dei nostri soldati-". Discutere l'eventualita': siamo proprio a posto! Infine la domanda delle domande: quale sara' il vero contenuto "pacifico" di questa missione "prevalentemente civile"? Prendere parte alla rapina del petrolio iraqeno, di quel giacimento sul quale l'ENI ha messo gli occhi addosso, come "rivelato" nel maggio 2005 da "RaiNews24", in una inchiesta curata da Sigfrido Ranucci? Si parlava, nel servizio, di un vecchio accordo tra Saddam Hussein e l´Eni, risalente a metà degli anni Novanta, per lo sfruttamento "del giacimento di Nassiriya", il cui potenziale di estrazione secondo la stessa inchiesta è stimato in 2,5-3 miliardi di barili. Valore dell'affare: 300 miliardi di dollari. Una conferma e' venuta da uno studio della ricercatrice Valerie Marcel - "Il futuro del petrolio in Iraq: scenari ed implicazioni", pubblicato nel dicembre 2002 dal prestigioso Royal Institute of international affairs di Londra. Nella sua pubblicazione, Marcel testimonia di un accordo per l´estrazione nel "giacimento di Nassiriya" firmato con la South Oil Company da un consorzio temporaneo d´impresa costituito dall´italiana Eni e dalla spagnola Repsol. "Talks with both firms" scrive la specialista dell´ Istituto britannico: un accordo già potenzialmente operativo, con tanto di contratto firmato. Un´ulteriore conferma viene da una tabella delle risorse petrolifere del Paese pubblicata anche sul web dal "Petroleum Economist", con l´aggiunta che il negoziato di Eni/Repsol con il "rais" ebbe inizio nel ´98. Dopo l'invasione del 2003 e' probabile che Bush abbia promesso al governo italiano, per ricompensarne l'appoggio, il sostanziale rispetto di quel vecchio contratto stipulato dall'ENI con Saddam. Enrico Mattei, se venisse a sapere del contratto vessatorio stipulato dall'ENI con la Somo, si rivolterebbe nella tomba. Egli, da presidente dell'ENI, offriva ai Paesi produttori il 75% (contro il 50 delle Sette Sorelle) ed in piu' si faceva carico degli investimenti per la realizzazione degli impianti estrattivi. I rischi dell'impresa erano tutti a suo carico. Offriva inoltre tecnologia e formazione di personale e manager, nonche' partecipazione nei riguardi delle aspirazioni di riscatto di questi Paesi ritenuti da altri arretrati e poco civilizzati. Praticava, insomma, una specie di commercio equo e solidale, mentre oggi l'ENI e' diventata una Grande Sorella! Se tanto mi da' tanto, fare gli "zapateri" oggi significa che dobbiamo non solo chiedere, come un disco rotto, il ritiro delle truppe dall'Iraq, ma anche il ritiro dell'ENI dall'Iraq: non dobbiamo partecipare al saccheggio petrolifero del popolo iraqeno se, ammesso e non concesso, vogliamo adempiere in quel Paese ad una missione pacifica e civilizzatrice. Ed abbiamo anche due altri compiti collegati: togliere le tende dall'Afghanistan e non piantarle in Iran. La missione in Afghanistan non si puo' considerare certamente di pace: i militari italiani si sono uniti al carro USA per portare, in quel paese, un segno di guerra che non ha sicuramente raggiunto l'obiettivo conclamato che si prefiggeva: "la definitiva pacificazione e stabilizzazione del Paese, la definizione d'intesa con gli altri paesi della coalizione degli strumenti per prevenire il riemergere del terrorismo". Si vocifera di un raddoppiamento della presenza militare italiana dalle parti di Kabul. A me pare chiaro che questa decisione servirebbe soltanto per liberare truppe americane in funzione della prossima guerra all'Iran. La quale mi sembra ormai inevitabile. Ho parlato con l'avv. Piergiulio Sodano, di Soccorso Verde, di redigere, ai sensi di legge, una diffida al governo italiano affinche' non si accinga a collaborare, anche solo fungendo da retrovia, ad un attacco nucleare contro l'Iran, violando la Costituzione ed ogni regola di diritto internazionale ed interno. Questa iniziativa potrebbe fare da motorino di avviamento per una mobilitazione preventiva che occorrebbe promuovere e diffondere secondo la strategia della pace preventiva: non mi pare molto serio agitarsi per "fermare la guerra" solo quando la decisione e' gia' stata annunciata ufficialmente da Bush. Solo il fatto che oggi, da parte degli USA, non si escluda - sono dichiarazioni ufficiali - l'uso della forza non costituisce, per il "popolo della pace", motivo sufficiente di protesta? Alfonso Navarra ------- End of forwarded message -------
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