Prolusione Ruini. E la pace?
- Subject: Prolusione Ruini. E la pace?
- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Thu, 23 Mar 2006 11:05:25 +0100
E la pace (mentre l'Italia è coinvolta in una guerra ingiustificabilissima)? Non rientra nelle "fondamentali tematiche antropologiche ed etiche"? Enrico Peyretti -----------------------------------------------------
Dalla prolusione del card. Ruini al Consiglio permanente della Cei, 20 marzo 2006
(testo
tratto dal sito Chiesa Cattolica Italiana)
(...) 4. In quest’ultimo periodo il
confronto politico, nel nostro Paese, è comprensibilmente monopolizzato
dall’ormai imminente appuntamento elettorale, con toni accesi e molteplici
terreni di polemica. Nella sessione di gennaio di questo Consiglio Permanente
abbiamo già precisato il nostro atteggiamento, che è quello di non coinvolgerci,
come Chiesa e quindi come clero e come organismi ecclesiali, in alcuna scelta di
schieramento politico o di partito, e allo stesso tempo di riproporre agli
elettori e ai futuri eletti quei contenuti irrinunciabili, fondati sul primato e
sulla centralità della persona umana, da articolare nel concreto dei rapporti
sociali, e sul perseguimento del bene comune prima di pur legittimi interessi
particolari, che costituiscono parte essenziale della dottrina sociale della
Chiesa, ma non sono “norme peculiari della morale cattolica”, bensì “verità
elementari che riguardano la nostra comune umanità” (cfr il discorso del Santo
Padre ai pubblici amministratori di Roma e del Lazio, 12 gennaio
2006). Nella situazione attuale meritano inoltre
speciale attenzione alcune fondamentali tematiche antropologiche ed etiche, come
quelle del rispetto della vita umana dal concepimento al suo termine naturale e
del sostegno concreto alla famiglia legittima fondata sul matrimonio, in
particolare nei suoi compiti di generazione ed educazione dei figli, evitando
invece di introdurre normative che ne comprometterebbero gravemente il valore e
la funzione e non corrispondono ad effettive esigenze
sociali. Una più completa e approfondita esposizione e
motivazione di questi criteri di orientamento, da porre soprattutto in rapporto
con i programmi delle diverse forze politiche, è contenuta nella Nota dottrinale
della Congregazione per la Dottrina della Fede del 24 novembre 2002 “circa
alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella
vita politica”, in particolare al n. 4: assumendola come riferimento concreto
delle proprie scelte sarà possibile evitare la “diaspora culturale dei
cattolici” e una loro “facile adesione a forze politiche e sociali che si
oppongano, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina
sociale della Chiesa” (cfr il discorso di Giovanni Paolo II al Convegno
ecclesiale di Palermo, 23 novembre 1995). Segnali senza dubbio preoccupanti giungono da
vari Consigli regionali, dove sono state presentate, e in qualche caso
approvate, proposte riguardanti le unioni di fatto che equiparano in larga
misura i loro diritti a quelli delle famiglie legittime: alcune di queste
proposte puntano inoltre ad essere trasferite al Parlamento nazionale, per
diventare legge dell’intero Paese. Tra le leggi approvate nell’ultimo scorcio
della legislatura, quella sull’affido condiviso dei figli minori in caso di
separazione o divorzio dei genitori ha raccolto un ampio consenso parlamentare.
Assai più controversa e discussa è stata l’approvazione delle nuove norme sul
contrasto delle tossicodipendenze, che pure riguardano una gravissima piaga
sociale. La legge sul processo penale, che era stata rinviata alle Camere dal
Presidente della Repubblica, è stata approvata in via definitiva con modifiche
che accolgono alcuni rilievi del Capo dello Stato. Le condizioni della nostra economia
permangono purtroppo difficili, come mostrano la mancanza di crescita nel corso
del 2005 e l’incremento del debito pubblico, anche se una certa ripresa è
prevista per il 2006. Serve dunque un impegno forte e condiviso, senza il quale
sarebbe arduo attenuare gli squilibri che affliggono da gran tempo il nostro
Paese, penalizzando soprattutto il Meridione, in particolare sul versante
cruciale dell’occupazione. Il grandissimo numero di lavoratori extracomunitari
che hanno fatto richiesta di regolarizzazione, ben al di là della quota prevista
per quest’anno, conferma d’altronde quanto sia complesso e difficoltoso un
approccio al problema dell’immigrazione che rispetti le esigenze di accoglienza
solidale e di reale e ordinata integrazione, oltre a riproporre alcuni
interrogativi sulle condizioni effettive del cosiddetto mercato del
lavoro. Assai significativa è la sentenza con la
quale il Consiglio di Stato, il 15 febbraio, ha respinto un ricorso che chiedeva
la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche, con una motivazione che
supera la fallace antinomia tra la portata religiosa di questo simbolo e la sua
capacità di esprimere il fondamento dei valori civili propri della nostra
nazione. Si è sviluppato nelle ultime settimane un
vivace dibattito su un eventuale insegnamento della religione islamica nelle
scuole pubbliche, dibattito che si è esteso anche all’insegnamento della
religione cattolica. Fatta l’ovvia premessa che la competenza della nostra
Chiesa riguarda i rapporti con lo Stato italiano in merito all’insegnamento del
cattolicesimo e non di altre religioni, sembra utile aggiungere qualche
precisazione. In primo luogo vale per tutti il diritto alla libertà religiosa e
in linea di principio non appare impossibile l’insegnamento della religione
islamica. Occorre però che ricorrano alcune fondamentali condizioni, che valgono
nei confronti di ogni insegnamento nelle scuole pubbliche italiane: in
particolare che non vi sia contrasto nei contenuti rispetto alla nostra
Costituzione, ad esempio riguardo ai diritti civili, a cominciare dalla libertà
religiosa, alla parità tra uomo e donna e al matrimonio. In concreto, manca
finora un soggetto rappresentativo dell’Islam che sia abilitato a stabilire con
lo Stato italiano un accordo in merito; bisognerebbe inoltre assicurarsi che
l’insegnamento della religione islamica non dia luogo di fatto a un
indottrinamento socialmente pericoloso. Non regge, in ogni caso, il paragone con
l’insegnamento della religione cattolica, dato che esso, come afferma l’art. 9
dell’Accordo di revisione del Concordato, ha tra le sue motivazioni il fatto
“che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo
italiano”. Le proposte di sopprimere tale insegnamento, sostituendolo
eventualmente con un insegnamento di storia delle religioni, che sono state
nuovamente avanzate in questa occasione, sulla base del più accentuato
pluralismo di presenze religiose che nasce dall’immigrazione, e anche di un
presunto, ma inesistente, declino della vitalità del cattolicesimo in Italia,
non tengono conto del dato di fatto che il 91% degli alunni frequenta
liberamente le lezioni di religione cattolica, oltre che della domanda di
conservare e irrobustire le nostre radici, che è presente con forza nel popolo
italiano. Vorrei far mie, infine, le parole pronunciate
dal Santo Padre venerdì 17 marzo, rivolgendosi al Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, a proposito della “urgente necessità di sostenere e
supportare il matrimonio e la vita familiare” da parte delle comunicazioni
sociali e dell’industria dell’intrattenimento, presentando, specialmente ai
giovani, “modelli edificanti di vita e di amore”, e non invece “espressioni
d’amore false o infondate, che ridicolizzano la dignità della persona umana … e
minano gli interessi della famiglia”. Sono parole, queste, che interpretano
un’ansia diffusa tra gli uomini e le donne di buona volontà, al di là delle
differenti convinzioni religiose. (...)
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