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Afghanistan: il caso di Abdul Rahman evidenzia l'urgente necessità di una riforma giudiziaria
- Subject: Afghanistan: il caso di Abdul Rahman evidenzia l'urgente necessità di una riforma giudiziaria
- From: press at amnesty.it
- Date: Wed, 22 Mar 2006 17:34:37 +0100
# Questa lista per la distribuzione delle informazioni # e' gestita dalla Sezione Italiana di Amnesty International. # Questo messaggio viene elaborato e inviato automaticamente. Si # prega di non rispondere a questo messaggio di e-mail in quanto non # vengono controllate eventuali risposte inviate al relativo indirizzo COMUNICATO STAMPA CS31-2006 AFGHANISTAN: IL CASO DI ABDUL RAHMAN EVIDENZIA L'URGENTE NECESSITA' DI UNA RIFORMA GIUDIZIARIA Amnesty International ha chiesto oggi alle autorita' afgane di impegnarsi urgentemente a intraprendere una riforma giudiziaria e a rispettare gli standard internazionali nel caso di Abdul Rahman, 41 anni, che rischia l'esecuzione per la sua conversione dall'Islam al Cristianesimo. Abdul Rahman e' stato incriminato da una corte di primo grado per essersi convertito al Cristianesimo oltre 15 anni fa, mentre lavorava a Peshawar (Pakistan) insieme a un'organizzazione non governativa che assisteva i rifugiati afgani. A quanto pare, l'accusa proverrebbe da alcuni parenti dello stesso Abdul Rahman e avrebbe forse origine in uno screzio legato all'affidamento di minori. Nell'incriminare Abdul Rahman, la pubblica accusa si e' basata sull'articolo 130 della Costituzione, che conferisce a tale organo giudiziario la facolta' di procedere a incriminazioni per presunti reati su cui non esiste una legge codificata 'secondo la giurisprudenza Hanafi'. Lo stesso articolo, peraltro, chiede ai tribunali di agire 'nell'ambito dei limiti della Costituzione' e 'in modo da servire la giustizia nel miglior modo possibile'. L'articolo 7 della Costituzione, a sua volta, stabilisce che 'lo Stato deve rispettare la Carta delle Nazioni Unite, i trattati internazionali e le convenzioni internazionali che l'Afghanistan ha sottoscritto e la Dichiarazione universale dei diritti umani'. In quanto Stato parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr), il governo di Kabul e' vincolato al rispetto dell'articolo 18 che prevede che 'ogni persona dovra' avere il diritto alla liberta' di pensiero, coscienza e religione' e che 'tale diritto dovra' comprendere la liberta' di avere o di adottare una religione o un credo di propria scelta'. Nel suo Commento generale a questo articolo, il Comitato sui diritti umani delle Nazioni Unite ha affermato che 'la liberta' di avere o adottare una religione o un credo comporta necessariamente la liberta' di scegliere una religione o un credo e comprende il diritto di cambiare religione o credo o di adottare una visione atea, cosi' come quello di mantenere la propria religione o credo'. Il Comitato ha inoltre aggiunto che 'le minacce fisiche o le sanzioni penali per costringere un credente o un non credente ad aderire a una fede religiosa, a cessare di credere in una religione o a convertirsi' sono proibite. Amnesty International ritiene che, affinche' si possa 'servire la giustizia nel miglior modo possibile' (come richiesto dall'articolo 130 della Costituzione afgana), le autorita' debbano assicurare che gli standard internazionali di giustizia, comprese le norme sui diritti umani, abbiano un rilievo di primo piano, come del resto viene garantito dall'articolo 7 della Costituzione. Se Abdul Rahman e' stato incriminato solo sulla base del suo credo religioso, Amnesty International lo considerera' prigioniero di coscienza e chiedera' il suo immediato e incondizionato rilascio. Le accuse nei suoi confronti dovranno essere ritirate e gli dovra' essere fornita protezione nei confronti di eventuali rappresaglie provenienti dalla sua comunita' di appartenenza. La pena di morte e' una punizione estrema, crudele, inumana e degradante, cui Amnesty International si oppone incondizionatamente in tutti i casi. Le condanne a morte inflitte dai tribunali di primo grado devono essere riesaminate da un tribunale di grado superiore e poi sottoposte al presidente Karzai, prima di essere eventualmente eseguite. FINE DEL COMUNICATO Roma, 22 marzo 2006 Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it # Le comunicazioni effettuate per mezzo di Internet non sono affidabili e # pertanto Amnesty International non si assume responsabilita' legale per i # contenuti di questa mail e di eventuali allegati. L'attuale infrastruttura # tecnologica non puo' garantire l'autenticita' del mittente ne' dei # contenuti di questa mail. Se Lei ha ricevuto questa mail per errore, e' # pregato di non utilizzare le informazioni in essa riportate e di non # portarle a conoscenza di alcuno. Opinioni, conclusioni e altre # informazioni contenute in questa mail rappresentano punti di vista # personali e non, salvo quando espressamente indicato, quelli di Amnesty # International.
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