EUROPA-ISRAELE: BASTA DUE PESI E DUE MISURE





di  Luisa Morgantini


E'  tempo di dire con nettezza al governo israeliano che non può
impunemente restare  al di fuori di ogni legalità internazionale ma
soprattutto al di fuori di ogni  moralità. Oggi alla manifestazione contro
la guerra lo diranno anche i soldati  israeliani che insieme a ex
prigionieri palestinesi hanno formato il gruppo  "combattenti per la pace":
si rifiutano di uccidere e di essere uccisi,  riconoscono a ciascuno/a il
diritto alla dignità, alla libertà e ad uno Stato.

L'Europa  dovrebbe avere il coraggio di sospendere le relazioni
diplomatiche ed economiche  con Israele. Invece di ritirare diplomatici e
personale dai territori occupati,  dovrebbe imporre ad Israele di smettere
con le aggressioni di ogni tipo, da  quelle politiche a quelle militari, e
restituire all'autorità palestinese  l'ammontare dei dazi doganali che
invece trattiene come rappresaglia per la  vittoria di Hamas alle elezioni.
Ma non lo farà, né prima, né dopo le elezioni  israeliane.

L'assalto  al carcere di Gerico da parte dell'esercito israeliano è uno
scandalo. Israele  in modo cinico continua a far uso della forza per
entrare nei Territori  palestinesi, per uccidere, sequestrare e violare
ogni tipo di legalità. Questa  volta l'esercito israeliano non ha avuto
neanche la scusa di rispondere ad un  attentato. Quello che emerge
dall'atteggiamento di Israele è soltanto una  spietata e crudele logica di
vendetta e di dominio coloniale dei più crudeli. Le  scene del bulldozer e
dei carri armati che assediano e distruggono la prigione,  insieme a quelle
dei giovani palestinesi costretti a denudarsi e poi con gli  occhi bendati
e le mani legate dietro la schiene portati sui camion, ricordano  altre
scene terribili della nostra memoria.

E  al solito la comunità internazionale non è esente da responsabilità, in
primo  luogo statunitensi e britannici. La decisione di andarsene dal
carcere di Gerico  è una grave violazione degli impegni assunti e ricorda
il ruolo di Sharon nel  massacro di Sabra e Chatila: abbandonare il campo
ai massacratori. Gli accordi  del 2002 assegnavano, infatti, il controllo
di Ahmed Saadat, leader del Fronte  popolare per la liberazione della
Palestina (Fplp) e di altri miliziani  condannati per l'uccisione del
ministro israeliano dei coloni, Rehavam Ze'evi,  nel 2001, a guardie
internazionali.

Abbandonare  il controllo della prigione di Gerico segnalandolo al ministro
della Difesa  israeliana, anche se atto dovuto secondo l'accordo, è stato
un gesto  sconsiderato. Nella settimana precedente Mahomoud Abbas aveva
ribadito che Ahmed  Saadat non sarebbe stato liberato ed aveva
provocatoriamente detto al Fronte  popolare, che ne richiedeva la
liberazione, che per la sua sicurezza, Saadat  stava meglio nella prigione
di Gerico, visto che certamente, se libero, Israele  avrebbe proceduto
all'uccisione mirata.

Una  mancata assunzione di responsabilità che rischia di far diventare la
Palestina  come l'Iraq, che accresce e fomenta la spirale di violenza nella
regione. Lo si  vede dai riprovevoli rapimenti degli stranieri finora
conclusi senza morti. Ma  fino a quando?

Il  sequestro dei prigionieri e l'assalto alla prigione è un altro tremendo
colpo  alla credibilità di Mahmoud Abbas che si trovava in viaggio in
Europa ed avrebbe  dovuto parlare nella plenaria del Parlamento europeo. Il
suo viaggio è stato  interrotto, è tornato immediatamente a Ramallah dove
lo attendono giorni molto  difficili, tra l'altro alcuni dirigenti di Fatah
chiedono lo scioglimento  dell'autorità palestinese dichiarandone il
fallimento e il ritorno all'Olp,  pensano in questo modo di far assumere
alla comunità internazionale la gestione  di una situazione di occupazione
e di impedire la formazione al governo di  Hamas.

Nel  frattempo gli israeliani si complimentano per l'operazione "pulita",
questa  volta non hanno ucciso tanti bambini e civili, solo tre poliziotti
palestinesi  ed hanno realizzato per il partito Kadima un colpo
straordinario in vista delle  elezioni. Olmert può così dimostrare agli
estremisti di Nethaniayu e ai coloni  che, pur non essendo generale, sa
usare il pugno di ferro.

Non  è però solo l'uso dei tanks o dei bombardamenti a segnare la politica
di Olmert.  Il muro cresce a ritmi impressionanti, annettendo sempre più
territorio  palestinese, definendo i confini e il consolidamento della
politica di  apartheid, crescono i coloni nella West Bank ed è senza sosta
la soppressione di  ogni attività politica dei palestinesi a Gerusalemme
est, dove due giorni fa la  polizia ha fatto irruzione e arrestato,
all'Ambassador Hotel, attivisti e  parlamentari riuniti per discutere del
dopo elezioni e dello status della città  di Gerusalemme.

Intanto  la popolazione palestinese, per la festa ebraica del Purim e per
il blitz  israeliano a Gerico, è rinchiusa dai check point militari dentro
città e  villaggi. Non possono muoversi e cresce la loro rabbia e la loro
umiliazione. Il  quartetto si è riunito, forse chiederà moderazione
all'autorità palestinese e  israeliana tanto per essere non di parte e così
ancora una volta la comunità  Internazionale si metterà dalla parte della
guerra e della violenza.

Mi  auguro che oggi, a tre anni dalla guerra di occupazione irachena e dal
perdurare  dell'occupazione militare in Palestina, in piazza a Roma si
sappia mostrare che  chi vuole la pace e la giustizia agisce la pace, la
giustizia e la non  violenza.
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