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"non per pietà, ma per amore"
- Subject: "non per pietà, ma per amore"
- From: "G.A.V.C.I. BOLOGNA" <gavci at iperbole.bologna.it>
- Date: Mon, 20 Mar 2006 18:09:56 +0100
Buona giornata e buon inizio settimana a tutti/e. Il Gavci, incarnato in Casella Emanuela, in questo momento, vi gira questa lettera molto bella.... e che ho difficoltà a trovare aggettivi per definirla..... Saluti di pace. __________________________________________________________ da <http://cbalbania.tiscali.it>http://cbalbania.tiscali.it "non per pietà, ma per amore", (postato da giuseppe) Venerdì 17 marzo 2006 ore 14:55:48 è il titolo di una lettera che mi ha inviato un casco bianco che ora si trova in Zambia e che penso sia bello condividere con tutti voi. In alcuni passaggi le sue riflessioni possono risultarvi banali o sentite 1000 volte, ma vi giuro, stando quaggiù, che c'è bisogno che questi concetti siano ripetuti all'infinito e che per salvare la nostra società è necessario vivere in modo diverso, far riemergere quel senso di solidarietà (di cui ha parlato anche Prodi.....) che vive dentro ognuno di noi, di spogliarci un po' di noi stessi per accogliere l'altro, ma non per carità o per pietà, ma per amore! un abbraccio ________________________________________________________ Carissimi, è tre mesi che sono partita, è da tre mesi che sto cercando di entrare un po' in questa cultura, è da tre mesi che sto facendo una gran fatica e mi scontro quotidianamente con molte contraddizioni, coi miei limiti, con una crescente consapevolezza di quanto sia sbagliato il nostro mondo occidentale. E forse questo lo si può capire davvero solo venendo a toccare con mano, a vedere coi propri occhi, a sentire col proprio naso, e ascoltare con le proprie orecchie. Direttamente e non in differita. Per questo non so quanto siano efficaci le mie mail nel trasmettervi emozioni, rabbia, sdegno, voglia di riscatto Š La sensazione, poi, è che quando tornerò lì farò ancora piu` fatica di prima ad accettare quella che adesso mi sembra ipocrisia e menefreghismo, pigrizia; ma mi rendo conto che per fortuna abbiamo anche una minima coscienza di questa situazione (anche grazie alla passione e allo spirito missionario che G...... è riuscito a passarci in questi anni). Dobbiamo avere la forza e la voglia di accettare la consapevolezza che noi siamo i ricchi, gli occidentali, i fautori degli equilibri di un mondo che non funziona. Forse non è quello che vorremmo sentirci dire, ma è la realtà. Sarebbe più comodo continuare a girarsi dall'altra parte per mantenere la vita comoda che abbiamo sempre fatto e a cui siamo abituati. Magari fosse possibile! Ma se non ci scuotono i dati, le ricerche statistiche sul numero di neonati morti per malnutrizione, sulle ragazze che si guadagnano la sopravvivenza vendendo il proprio corpo, sui ragazzi che bruciano i loro neuroni sniffando colla sulle strade, sui bambini maltrattati dai genitori o costretti a lavorare e a stracciare la propria vita, sull'alcool come unico rifugio in una vita impossibile, allora cerchiamo la forza di conoscerli di persona. Di incontrare e stringere loro la mano, sedersi al loro fianco, sentire la loro puzza di sporco e birra, chiamarli per nome, bere con loro un tè o fumarsi una sigaretta. Ma anche accettare di sentirsi umiliati in quanto muzungu colonizzatori, a cui è lecito chiedere perché abbiamo i soldi in tasca; accettare di essere disprezzati perché noi possiamo e loro no; accettare la distanza che loro mettono tra noi perché non abbiamo il diritto di pretendere che loro meritino il nostro aiuto. Piano piano -panono panono- sto trovando dentro di me un mio equilibrio e una risposta a queste provocazioni. Come dice la mia responsabile qui in missione sto "imparando ad abbracciare questa conflittualità positiva". Positiva perché è costruttiva, mette in crisi e costringe a trovare delle risposte o una maggior consapevolezza. Mi viene da dirvi che dobbiamo continuare a combattere perché si crei una coscienza che sappia ascoltare le urla e i pianti che partono da questo continente ma non arrivano fino a lì. Essere missionari in questo momento per me significa creare scandalo, rompere le barriere, gettare un po' di quel fango in cui vivono questi poveri sulle camicie di chi non si sogna neanche della loro esistenza. Se volete sull'esempio di Gesù rivoluzionario che rompe i codici esistenti. Non possiamo continuare a vivere così. Dobbiamo avere la consapevolezza che se io oggi vado al supermercato e compero quel che più mi piace, è perché da quest'altra parte del mondo Francis muore a un mese di vita perché nessuno si prende cura di lui, David brucia i suoi neuroni aspirando una colla liquida, Mutinda vende il proprio corpo e la propria dignità per un prezzo ridicolo sui marciapiedi. Quanto li abbiamo pagati per far questo? Il prezzo di una cocacola, della benzina per la macchina, di un pallone da calcio. Abbiamo ancora dei soldi nei nostri portafogli. Quanto vogliamo pagare oggi perché un padrone frusti per noi dei minatori? E domani? Quanti bambini vorremmo privare del cibo necessario a sopravivere? È facile farlo. Talmente facile che lo facciamo ogni giorno ma non vogliamo rendercene conto. Spero che le urla silenziose di queste vittime possano raggiungere qualcuno tramite le nostre parole. Spero che i sensi di colpa comincino a far star male qualcuno. Spero che quel Cristo in croce a cui ci siamo abituati, venga a gridare il proprio dolore nelle nostre orecchie. Sto pensando da molto, ormai all'avvicinarsi della Pasqua, della Passione e anche della Risurrezione di un Cristo che consideriamo figlio di Dio venuto in terra. E per la realtà in cui mi trovo non sapevo come avvicinarmi a questa verità che ho sempre fatto fatica a capire fino in fondo. In un certo senso ho lasciato che fossero i bambini, i ragazzi, il popolo zambiano a raccontarmela di nuovo, questa Pasqua. Ho cercato di ascoltare questa gente che adesso comincia anche a urlare il mio nome quando mi vede, e non più a chiamarmi solo muzungu. Con le loro paroleŠ Qui ogni giorno noi soffriamo, siamo flagellati, insultati, crocifissi. Sentiamo vicino un Dio che ha deciso di scendere dalle stelle per condividere la nostra sorte. Ogni giorno tra noi c'è chi si consegna per disperazione ai propri aguzzini senza urlare, accettando di essere condannato pur conoscendo la propria innocenza, cerchiamo di sopravvivere. Pilato, non pensi che sia innocente questo sangue che stai spargendo per placare la folla e mantenere i tuoi privilegi di ricco e il tuo potere? Ogni giorno sulla lunga via della croce siamo costretti a rimandare indietro il nostro orgoglio e accettare, chiedere, supplicare che qualcuno ci aiuti a risollevare quella croce che continua a schiacciarci. Passante che ti avvicini a noi, abbi l'umiltà di non pretendere che noi meritiamo il tuo aiuto. Ogni giorno e ogni notte tra noi c'è chi sulla croce rivela la propria umanità e urla un disperato bisogno d'aiuto a quel Padre che l'ha abbandonato. Non riusciamo a mantenere la dignità che meriteremmo, ci rifugiamo nell'alcool, nella colla, e non siamo più capaci di stare in piedi e di mantenere l'equilibrio. Si piega il nostro corpo e il nostro spirito. Discepoli, amici, chi ha il coraggio di rimanere a darci conforto? E una volta crocifissi e deposti dalla croce c'è ancora chi si spartisce a dadi il poco che è rimasto. Dove si trova la Resurrezione in tutto questo? Nella passione che ci mettono i bambini nel preparare i canti della messa domenicale nel compound di Signa, la speranza che si legge nei loro occhi, la forza nelle schiene piegate delle madri di famiglia, la gioia che nasce anche in situazioni che noi penseremmo senza speranza, la volontà di continuare a vivere e amare che per noi è ormai troppo difficile da ricordare appena la vita si fa un po' più dura. E poi chissà quanto altro. È un avvicinamento graduale a questo forte popolo che la via crucis la percorre ogni giorno, ma la Resurrezione l'ha già interiorizzata meglio che noi. Quante cose ha da insegnarmiŠ G.A.V.C.I. c/o Villaggio del Fanciullo Via Scipione Dal Ferro 4 40138 BOLOGNA tel/fax 051.341122
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