Il documento che verrà consegnato all'Unione per sabato 18 marzo



Ai segretari dei partiti de "l'Unione"



Romano Prodi (Presidente)

Piero Fassino

Francesco Rutelli

Fausto Bertinotti

Alfonso Pecoraro Scanio

Oliviero Diliberto

Clemente Mastella

Enrico Boselli

Antonio Di Pietro



Tra il 18 e il 19 marzo, in Italia, in Europa, negli Stati Uniti ed in
molti altri paesi, migliaia di persone scenderanno di nuovo in piazza
contro la guerra in occasione del terzo anniversario dell'invasione
dell'Iraq.



Il movimento contro la guerra ha mobilitato in questi anni milioni di
persone nel mondo ma anche nel nostro paese. Tutti i sondaggi - effettuati
in tempi e con modalità diverse - hanno sempre confermato l'orientamento
maggioritario dell'opinione pubblica verso un ritiro immediato del
contingente militare italiano dall'Iraq.



Le nostre associazioni, che saranno in piazza a Roma sabato 18 marzo nella
manifestazione organizzata nel quadro della giornata internazionale contro
la guerra, segnalano alla leadership dell'Unione, una perdurante
divaricazione tra le aspettative e gli obiettivi del movimento contro la
guerra e il programma messo in campo dall'Unione sulla politica estera per
il governo che uscirà dalle elezioni del 9 aprile.



Il movimento contro la guerra che ha riempito le piazze in questi tre anni
e scenderà in piazza nuovamente il 18 marzo, chiede una chiara
discontinuità con la politica estera seguita dal governo Berlusconi:



1)     La prima discontinuità che chiediamo, e sulla quale siamo disposti
alla mobilitazione ad oltranza, E' la chiara garanzia che il nuovo governo
non trascini l'Italia nell'escalation militare contro l'Iran o la Siria o
altri paesi. Il rischio che questa sia una delle prime drammatiche
verifiche della politica estera del governo che uscirà dalle elezioni del 9
aprile, si sta palesando giorno dopo giorno sotto gli occhi di tutti. E'
urgente che su questo scenario vengano dette parole chiare da subito. Una
eventuale Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro
l'Iran, non può e non potrà avallare in alcun modo il consenso ad un
attacco militare (e forse nucleare) contro l'Iran.



2)     Sul ritiro delle truppe italiane dall'Iraq si afferma che questa
sarà la prima decisione che prenderà il nuovo Parlamento. Ma sui tempi - e
soprattutto sulle modalità - perdura una ambiguità niente affatto
convincente né rassicurante. Cosa significa "internazionalizzazione della
gestione della crisi irachena"? Perché - nel prevedere il ritiro delle
truppe italiane - si continua a dare legittimità ad un governo iracheno
emerso dalle urne di elezioni assai discutibili, svoltesi sotto
l'occupazione militare straniera e che hanno innescato/avallato la
balcanizzazione del paese e il dilagare di squadroni della morte legati al
governo? La discontinuità con il ruolo avuto dall'Italia nell'occupazione
dell'Iraq diventa decisiva e preliminare a qualsiasi progetto di relazioni
con tutte le forze politiche e sociali rappresentative dell'Iraq, incluse e
soprattutto con quelle che stanno opponendo resistenza all'occupazione
straniera del loro paese.



3)     Il governo Berlusconi ha varato un accordo di cooperazione militare
bilaterale tra Italia e Israele. E' un accordo molto grave che affianca il
nostro paese ad uno Stato che ha siglato accordi di pace solo con due dei
paesi confinanti, mentre mantiene uno stato di tensione con altri paesi
dell'area e soprattutto mantiene un regime di occupazione militare e
coloniale nei confronti della popolazione palestinese. Non solo, E' ormai
evidente all'opinione pubblica e alla comunità internazionale il rischio di
una escalation militare israeliana contro l'Iran. L'Italia si viene così a
trovare nella posizione di un paese alleato militarmente con Israele in un
contesto bellico latente che può palesarsi da una settimana all'altra. Nel
programma dell'Unione non c'E' traccia della revoca di questo accordo
militare bilaterale con Israele che riteniamo invece una questione decisiva.



4)     Il governo Berlusconi ha seguito una politica totalmente asimmetrica
sulla questione palestinese. Ha sostenuto le posizioni oltranziste delle
autorità israeliane, ha tollerato oltre ogni misura le ingerenze
dell'ambasciatore israeliano sulla vita politica italiana, ha avallato
tutte le misure tese a legittimare le ulteriori annessioni dei territori
palestinesi occupati, l'assedio delle città, dell'economia e delle forze
politiche palestinesi. In sostanza ha accettato la politica dei "fatti
compiuti" perseguita sistematicamente dai governi israeliani. Questa scelta
di campo richiede una fortissima discontinuità e la ripresa di una
iniziativa politica e diplomatica del nostro paese che punti quantomeno
alla reciprocità delle garanzie tra palestinesi e israeliani. In tal senso
diventa prioritario ogni sforzo per la nascita di uno Stato palestinese
indipendente su confini certi, sicuri e riconosciuti e il rispetto della
dialettica interna allo scenario politico palestinese.



5)     Nel nostro paese permangono da decenni numerose basi militari
straniere poste sotto il controllo delle Forze Armate USA o della NATO. In
alcune di queste basi (Aviano, Ghedi) sono stoccate decine di testate
nucleari. In altri siti come la Maddalena, Taranto ed altri, ci sono i
porti di attracco di sommergibili a propulsione nucleare con a bordo
testate nucleari. Questi sommergibili hanno partecipato attivamente ai
bombardamenti sull'Iraq cos' come dalle basi militari USA in Italia come
Camp Darby (Livorno) e Camp Ederle (Vicenza) sono partiti, transitati,
allocate truppe e armamenti che hanno preso parte all'occupazione e ai
combattimenti in Iraq. Negli orientamenti sulle politiche estere di della
Difesa dell'Unione, non vi E' traccia di una rimessa in discussione di
questa pesantissima rete di servitù e basi militari straniere che spesso
trasformano ed espongono il nostro paese allo status e ai rischi di un
paese belligerante.



Come vedete si tratta di cinque punti e di obiettivi sui quali esiste una
contraddizione evidente tra il programma di politica estera de l'Unione con
le nostre aspettative e quelle del popolo no war che scenderà nuovamente in
piazza sabato 18 marzo. Nelle scelte del nuovo governo come pensate di
poter ignorare tale contraddizione e le aspettative maturate in questi anni
di dura opposizione da parte dei movimenti contro un governo Berlusconi che
ha trascinato il paese nel gorgo della guerra, lo ha reso di fatto uno
stato belligerante e lo ha esposto ai rischi delle drammatiche e
inevitabili ritorsioni che il coinvolgimento in una guerra trascina con sé.
La discontinuità con le scelte del governo Berlusconi nella politica estera
e sulle politiche di Difesa va dichiarata e attuata con estrema chiarezza e
determinazione nei tempi più brevi possibili.





Comitato nazionale per il ritiro dei militari dall'Iraq
Action
Forum Palestina
Red Link

Comitato No War (Napoli)
Circolo Arci "Agorà" (Pisa)
Centro Popolare Autogestito (Firenze)
Comitato "Con la Palestina nel cuore" (Roma)
Laboratorio Occupato Insurgencia (Na)
Orientale Agitata (Na)
Rete Studenti in Movimento



info e contati: <mailto:viadalliraqora at libero.it>viadalliraqora at libero.it