precari e studenti europei si ribellano!



Movimenti in comune - precari e studenti europei si ribellano!

"Io prendo i miei desideri per realtà, perchè credo nella realtà dei miei desideri"

Per noi, inguaribili materialisti, il '68 della Sorbona è un passato carico d'attualità, una "macchina da guerra". Non si tratta di un ricordo romantico e addomesticato con cui neutralizzare dolcemente la forza di questi giorni. "La precarietà ci indigna, ci mette in movimento": questo ci racconta la gioia della Sorbona occupata la scorsa settimana! Un simbolo che diventa carne, che produce nuova resistenza. La precarietà ci indigna e per questo per più di un mese tutte le università italiane sono state occupate durante l'autunno trascorso. Non ci sentiamo solidali con i nostri "colleghi di sventure" francesi, piuttosto sappiamo che l'autunno dei precari e degli studenti italiani è la primavera inaspettata dei precari e degli studenti francesi. Il tempo che viviamo è il tempo dei conflitti europei, dell'insorgenza del lavoro intelligente e creativo, dell'intermittenza priva di tutele, intrappolata dal ricatto. Siamo anche noi della Sorbona occupata, sono anche loro della Sapienza occupata! La polizia che li sgombera con brutalità è la stessa delle cariche a freddo del 25 ottobre romano, dei manganelli che battono sulle spalle e sui corpi generosi dei ribelli. "Oh gentiluomini la vita è breve... Se viviamo, viviamo per camminare sulla testa dei re" (Shakespeare). La consapevolezza di questo tempo del conflitto ci porta ad essere veloci, a correre attraverso i confini, a violare le "zone rosse", a prendere tutte le barriere per frontiere estendibili e cariche di nuove possibilità. Per questo studenti e precari delle facoltà ribelli italiane sono in viaggio verso Parigi. Perchè non esiste più spazio nazionale dello sfruttamento e perchè le frontiere nazionali non hanno mai contenuto i nostri desideri. Siamo comuni nella voglia di occupare le facoltà e di riprenderci il nostro tempo. Siamo comuni nell'indignazione contro la precarietà e una legislazione del lavoro che ci vuole poveri e privi di prospettive. Siamo comuni nella voglia di riprenderci le strade e il linguaggio creativo e ricco della protesta, dei sogni e della rottura. Le riforme dell'università e del lavoro hanno reso comune dequalificazione e precarietà, ricatto e perdita di senso, banalità e isteria produttivistica. I nostri viaggi e le nostre occupazioni rendono comune la resistenza, nelle differenze mai riducibili, nelle differenze che producono tante cose comuni del conflitto. Ogni volta che le università e gli studenti riprendono a lottare i media impongono lo "standard di prestazione": "sarà un nuovo '68? Sicuramente è un nuovo '68! Sembrava un nuovo '68, eppure..." Balle! Per loro il tempo è omogeneo e il '68 è un'idea regolativa che fa le cose più semplici, più a portata di mano, più romantiche. Noi pensiamo che il tempo sia pieno di discontinuità e che il conflitto, quando è una cosa piena di vita e di gioia, sappia cogliere nel passato ciò che è ancora denso di attualità e di potenza: "come il balzo di tigre", direbbe il filosofo. Il '68 ha aperto al nuovo del lavoro intellettuale e della globalizzazione. Quel processo oggi è compiuto, è maturo. La scala possiamo gettarla, si tratta di immergersi nel nuovo irriducibile di queste lotte europee. Le lotte dei precari, le lotte degli studenti.

le facoltà ribelli (roma, padova, venezia, bologna, torino, milano)
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