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Giappone, rapporto di Amnesty sulle "donne di conforto" della II guerra mondiale
- Subject: Giappone, rapporto di Amnesty sulle "donne di conforto" della II guerra mondiale
- From: press at amnesty.it
- Date: Fri, 28 Oct 2005 14:26:57 +0200
# Questa lista per la distribuzione delle informazioni # e' gestita dalla Sezione Italiana di Amnesty International. # Questo messaggio viene elaborato e inviato automaticamente. Si # prega di non rispondere a questo messaggio di e-mail in quanto non # vengono controllate eventuali risposte inviate al relativo indirizzo COMUNICATO STAMPA CS128-2005 GIAPPONE, RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULLE 'DONNE DI CONFORTO' DELLA II GUERRA MONDIALE: IL GOVERNO RIMANE SORDO ALLE RICHIESTE DI GIUSTIZIA 'Mi portarono in Cina quando ero sedicenne. Le ragazze avevano dai 14 ai 17 anni. Ci costringevano a soddisfare 40 o 50 soldati al giorno. Era una cosa impossibile, cosi' mi rifiutai e mi picchiarono. Se una di noi si rifiutava, le tagliavano la pelle col coltello. Alcune vennero pugnalate, altre morirono di malattieŠ E' stata un'esperienza dolorosissima: c'era poco cibo, non riuscivamo a dormire e neanche eravamo in grado di suicidarci. Volevo scappare a tutti i costiŠ' (Lee Ok-sun, una donna sud-coreana di 79 anni. Fu sfruttata come schiava del sesso per i militari giapponesi in una 'stazione di conforto' della citta' di Yanbian, nella Cina nordorientale. E' rimasta in Cina per 58 anni prima di poter tornare in Corea del Sud) 'Vogliamo che quello che abbiamo sofferto sia scritto nei libri di storia affinche' abbiamo giustizia e le prossime generazioni e la gente negli altri paesi sappiano cosa ci e' successo. Il governo giapponese deve ammettere quello che i suoi soldati ci hanno fatto. Vogliamo le sue scuse e un risarcimento.' (Lola Pinar, Filippine) 'Voglio giustizia, non denaro. Voglio che il governo giapponese si scusi pubblicamente!' (Lola Amonita, Filippine) Amnesty International ha chiesto oggi al governo giapponese di ammettere la piena responsabilita' per i crimini commessi contro le donne condannate alla schiavitu' sessuale durante e dopo la II guerra mondiale. In un lungo rapporto intitolato 'Ancora in attesa dopo 60 anni: giustizia per le sopravvissute al sistema militare giapponese di schiavitu' sessuale', l'organizzazione descrive le brutalita' cui erano sottoposte le 'donne di conforto' e denuncia i pretesti forniti dal Giappone nel corso degli anni per negare ogni responsabilita' per la loro sofferenza. Durante e dopo il conflitto, almeno 200.00 donne vennero ridotte in schiavitu' sessuale dai militari giapponesi. Molte di esse avevano meno di 20 anni, alcune erano persino dodicenni. Il rapporto di Amnesty International contiene una serie di raccomandazioni al governo di Tokio e alla comunita' internazionale per assicurare giustizia a coloro che sono ancora in vita. 'Il Giappone deve porre fine a 60 anni di errori, fornendo piena riparazione alle sopravvissute a quell'orribile sistema di schiavitu' sessuale' - ha dichiarato Purna Sen, direttore del programma Asia e Pacifico di Amnesty International. Le sopravvissute al sistema delle 'donne di conforto' sono ormai anziane mentre un imprecisato numero di vittime sono decedute senza ottenere giustizia, scuse adeguate o un risarcimento diretto. Per anni, il governo giapponese ha negato ogni responsabilita' nei confronti del sistema di schiavitu' sessuale e solo ultimamente, quando nuove prove hanno evidenziato il diretto ruolo del governo, le autorita' hanno ammesso le proprie responsabilita'. 'Le scuse offerte sono state inadeguate, vaghe e inaccettabili per le sopravvissute. Inoltre, il Fondo per le donne asiatiche non soddisfa i criteri internazionali sul risarcimento ed e' percepito dalle sopravvissute come un modo per comprare il loro silenzio' - ha denunciato Sen. 'Questo e' un tema di diritti umani attuale, che non dovrebbe essere relegato al passato. Si tratta di vite distrutte e del continuo rifiuto di giustizia e riparazione. Qui non siamo di fronte a un semplice dovere morale. Ogni Stato che commetta crimini di guerra e crimini contro l'umanita' come lo stupro e la schiavitu' sessuale ha l'obbligo legale di fornire piena riparazione e di promettere alle sopravvissute che non ripetera' la propria azione'. Il governo giapponese ha sostenuto che lo stupro e' entrato a far parte dei crimini di guerra solo nel 1949, quando e' stato incorporato nella Quarta Convenzione di Ginevra. Amnesty International replica che lo stupro nel contesto di un conflitto armato era ampiamente considerato un crimine di diritto consuetudinario durante l'intero periodo in cui il governo giapponese attuo' il sistema di schiavitu' sessuale. FINE DEL COMUNICATO Roma, 28 ottobre 2005 Ulteriori informazioni 'Donne di conforto' e' un eufemismo per indicare giovani donne provenienti da Filippine, Thailandia, Vietnam, Malaysia, Corea del Sud, Paesi Bassi, Giappone, Indonesia, Corea del Nord e da altri paesi e regioni sotto occupazione giapponese, ridotte in schiavitu' sessuale dai soldati giapponesi durante e dopo la II guerra mondiale. Gli abusi avevano luogo nelle 'stazioni di conforto' istituite dalle autorita' giapponesi nei territori che venivano occupati. Le donne venivano portate in questi luoghi spesso con l'inganno o a seguito di sequestro oppure venivano vendute da famiglie indigenti. Nonostante si trattasse in tutta evidenza di un sistema di stupri istituzionalizzato, il tema delle 'donne di conforto' fu ignorato dalla Corte marziale internazionale per l'Estremo oriente, istituita al termine della II guerra mondiale per processare i criminali di guerra giapponesi. L'unico organo giudiziario che se ne occupo' fu la Corte marziale olandese in Indonesia, e solo per la riduzione in schiavitu' sessuale di donne olandesi; gli analoghi crimini commessi contro le donne indonesiane rimasero impuniti. Tra umiliazione e vergogna, le 'donne di conforto' sopravvissute sono rimaste in silenzio per decenni, fino a quando all'inizio dello scorso decennio l'ostinato 'negazionismo' del governo giapponese le ha spinte a parlare. Le sopravvissute portano dentro di se' traumi profondi: molte di esse non si sono sposate o non hanno potuto avere figli a causa delle ferite provocate dagli stupri di massa o delle malattie a trasmissione sessuale contratte nel corso della schiavitu'. Le autorita' giapponesi hanno negato ogni responsabilita' per il sistema delle 'donne di conforto' fino a quando, nel 1992, il professor Yoshimi Yoshiaki ha svelato il ruolo diretto del governo. Da allora, Tokio ha offerto diverse scuse ufficiali, mai accettate dalle sopravvissute. A seguito delle campagne portate avanti da queste donne coraggiose e dai loro sostenitori e delle critiche internazionali, nel 1995 il governo ha introdotto il Fondo per le donne asiatiche. Questo istituto e' tuttavia percepito dalle sopravvissute come un tentativo del governo di esonerarsi da ogni responsabilita' legale nei loro confronti. Il rapporto 'Ancora in attesa dopo 60 anni: giustizia per le sopravvissute al sistema militare giapponese di schiavitu' sessuale' e' disponibile in lingua inglese all'indirizzo: http://www.amnesty.org e presso l'Ufficio stampa di Amnesty International Italia. Per ulteriori approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell. 348-6976920, e-mail: press at amnesty.it # Le comunicazioni effettuate per mezzo di Internet non sono affidabili e # pertanto Amnesty International non si assume responsabilita' legale per i # contenuti di questa mail e di eventuali allegati. 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