Lettera alla Produzione de "La Talpa!



Carissimi,
il Signore vi dia Pace!
Ho letto la risposta dalla Produzione della Talpa in
merito alle sollecitazioni venute da alcuni di noi
(sparuti telespettatori) verso alcuni aspetti del
Programma.
Grazie della sollecitudine e della gentilezza usata.
Ma mi sorgono alcuni interrogativi.
Nella risposta si parla di "urtare le coscienze".
Avrei preferito che piuttosto si parlasse di
"squotere", e poi è veramente lo scopo della
televisione (o meglio "è nel suo dna", come dite voi)
"provocare scandali"?
È vero che, come dite voi, esiste un "inarrivabile tv
modello", che è quello anglo-statunitense, ma chi lo
dice che sia così normativo da dettare legge anche in
un paese culturalmente diverso qual è quello italiano?
La vostra risposta parla giustamente di rispetto della
cultura altrui, di dialogo, ma credo proprio che
questo non avvenga nel caso suddetto, dove a dettare
legge è un modello completamente diverso dal nostro e
che, piuttosto che essere rispettoso della cultura
diversa, invece si impone (anche nei palinsesti
televisivi).
Questo che dico va al di là della mia visione di fede
o politica (contro il rischio di sospetto di
"strumentalizzazioni", come è stato affermato alla
fine della vostra risposta), ma perchè credo
fermamente che dietro ogni programma non si guardi
tanto la morale o l'etica, quanto piuttosto l'indice
di ascolto e il mercato che gli ruota attorno.
Dietro la filantropia del caso “La Talpa” e Yucatan,
mi chiedo quale modello culturale-economico si sta
portando? Quello dei mega villaggi turistici o degli
alberghi delle grandi catene, guidati dagli interessi
economici occidentali? L’interesse che guida il tutto
qual è, quello del rispetto della persona del “pueblo
poverissimo” del posto o il profitto che
dall’affare-Yucatan se ne può ricavare? Non mi si
venga a parlare dei posti di lavoro che si danno,
perché non mi sta bene il detto machiavellico “il fine
giustifica i mezzi”. Non possiamo nasconderci dietro
una finta filantropia, quando un posto di lavoro è
dovuto per giustizia (non si sta concedendo niente).
In una visione globale del palinsesto televisivo, se è
pur vero che c’è una visione così grande del mondo (di
tutto il mondo), perché non viene dato il giusto
spazio (che non credo sia quello dell’ora tarda) a
quello che avviene in Africa, non nella
spettacolarizzazione (che fa audience), ma nella
visione dei drammi che realmente vi si vivono?
È vero che il Kenya è un paese ricco d’acqua, ma
perché non si fa vedere come vive la gente nelle
grandi baraccopoli delle periferie di Nairobi, dove
l’unica acqua che scorre è quella delle fognature a
cielo aperto? Eppure è un Paese ricco d’acqua. Come
mai avviene questo?
Forse potranno esserci delle “sovrastrutture
culturali” sopra di noi, ma capiamo anche che la tv
spesse volte “urta proprio le coscienze”, nel senso
che le plasma così come li vuole.
Basta conoscere di presenza qual è la realtà di quei
posti, ben diversa da quella presentata dal “reality”,
finito il quale tutti (troupe e protagonisti) si torna
felici alla propria vita.
Ho avuto la grazia di stare per un periodo abbastanza
lungo nel magnifico Marocco, ma non da turista, ma da
persona del posto (non quella che sta negli alberghi
lussuosi proposti dai pacchetti turistici occidentali)
e lì ho capito e sperimentato tutto quello che vi ho
scritto. È ben diverso il Marocco ovattato presentato
durante un tour organizzato dalle compagnie
occidentali da quello che è il vero Marocco (più
bello!), con le sue contraddizioni e le sue povertà,
cose che il turista non vedrà mai.
Grazie nuovamente della vostra risposta, sperando di
ricevere la vostra dalle mie domande.
Un fraterno saluto, augurandovi ogni bene

fra’ Antonino M. Clemenza, ofm



		
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