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ultimi aggiornamenti da Nablus
- Subject: ultimi aggiornamenti da Nablus
- From: Nathan Never <natnev at interfree.it>
- Date: Fri, 09 Sep 2005 16:01:00 +0200
Ricevo e inoltro dal Presidio di Nablus Nathan Never Nablus, 3 settembre 2005 Manifestazione di Hamas a Nablus. Come anche i più distratti sapranno, nei giorni scorsi si è concluso il ritiro dei coloni da Gaza e da alcuni insediamenti della Cisgiordania. Non staremo qui a tediarvi con analisi riguardo la reale natura del processo in atto in quanto ci pare troppo complesso per essere anche solo abbozzato in un report e teniamo a risparmiare magre figure alle nostre già deboli categorie interpretative. Vivendo la quotidianità della realtà della Palestina ci è capitato spesso di ritrovarci un po' disorientati, abituati a districarci tra la pappa massmediatica di sistema (scusate veramente il termine ma non me viene un altro) e i vari giornalini della sinistra (di sistema o meno). Può capitare allora che avvenimenti come le manifestazioni di giubilo da parte di Hamas, offrano spunti per riflessioni che possono condurre a conclusioni diverse e talvolta contrastanti. La prima cosa che veniva da chiedersi era: ma come, anche i ragazzini alle loro prime manifestazioni sanno "la storia di Israele che vuole presentarsi agli occhi del mondo come lo stato disposto ad andare contro gli interessi dei suoi stessi cittadini pur di muovere nella direzione della pace, per meglio proseguire con la politica degli insediamenti in West Bank e col progetto-pilota di una Gaza galera con gli ombrelloni", e questi cretini stanno qua a festeggiare? Per parte nostra, in questa circostanza abbiamo ravvisato un forte elemento di propaganda tramite il quale Hamas ha cercato di proporsi come autentica artefice della "ritirata" dei coloni da Gaza rilanciando la resistenza armata nel nome di Allah come unica alternativa alle pastoie della politica di Abu Mazen. Nablus non è Gaza ma la presenza di Hamas si fa sentire anche quassù. Ci è capitato così di prendere parte ad una di quelle parate che viste alla televisione risultano un condensato del repertorio macabro-guerresco che in questi ultimi anni abbiamo purtroppo imparato a conoscere. Ed effettivamente vedere sfilare centinaia di persone in divisa e passamontagna, armate di tutto punto, un certo effetto lo fa. La soggezione indiscussa dalle armi dura però giusto il tempo di prendere le misure agli eventi. Una volta che sei lì con loro, ti accorgi che assieme a pistole, fucili, mitragliatori di ogni calibro e foggia, sulle spalle dei miliziani ci sono gli oramai mitici “qassam”, i razzi lanciati dalla resistenza palestinese da Gaza verso obiettivi israeliani. Solo che questi sono di cartone. Cartone e pezzi di ferro dipinti e messi alla meglio che da lontano risultano del tutto identici agli originali. Inverosimili sono invece i tank e gli aerei israeliani, anch'essi di cartone, che vengono portati in processione e che alla fine della manifestazione verranno bruciati nella piazza principale con l'enfasi che si può bene immaginare. Ciò che però più contribuiva a dare una tinta di farsesco velleitarismo al tutto erano i volti e gli sguardi dei "miliziani", scorci rubati tra le retine dei loro passamontagna o nei momenti in cui, per smorzare la presa del caldo, se lo sollevavano furtivamente. Volti di ragazzini, ma di quelli che se vola uno schiaffo sono loro a prenderlo e non certamente a darlo. Volti del tutto identici a quelli dei coetanei che gli sfilano accanto col volto scoperto, e che danno ciccia al corteo che altrimenti non arriverebbe a mille unità (compresi donne e bambini) e che sfila per lo più tra l'indifferenza della gente e l'insofferenza degli automobilisti. Non fosse per le continue detonazioni e raffiche, che sembrano venire esplose per puntellare la credibilità della parata altrimenti un po' vacillante, e soprattutto per i drammi e le storie di dolore, queste sì reali, che ci sono dietro, sembrerebbe di assistere ad una sorta di sfilata di carnevale in salsa militaresca, la cui mancanza di ironia però offre un risultato grottesco, con tanto di balli tribali intorno ai grandi falò ricavati dal rogo dei simboli dell'occupazione israeliana. Ma allora tutta questa esultanza è solo propaganda per una battaglia politica interna alle fazioni palestinesi? Non essendo riusciti a pervenire ad una convinzione possiamo solo rigirarvi la sensazione che, comunque si voglia declinare la strategia di Sharon, quelle giornate sembrano destinate a entrare nella storia di questo lungo conflitto, e che, all'oggi, rappresentano comunque, seppure di poco, l'allentamento del nodo stretto alla gola di un popolo che non aspetta altro che poter cominciare a vivere la normalità, e che pertanto non possono che essere accolte che come un fatto positivo. Gene Simmons e Kareem Abdullah
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