ultimi aggiornamenti da Nablus



Ricevo e inoltro dal Presidio di Nablus
Nathan Never


Nablus, 3 settembre 2005

Manifestazione di Hamas a Nablus.

Come anche i più distratti sapranno, nei giorni scorsi si è concluso
il ritiro dei coloni da Gaza e da alcuni insediamenti della
Cisgiordania. Non staremo qui a tediarvi con analisi riguardo la reale
natura del processo in atto in quanto ci pare troppo complesso per
essere anche solo abbozzato in un report e teniamo a risparmiare magre
figure alle nostre già deboli categorie interpretative. Vivendo la
quotidianità della realtà della Palestina ci è capitato spesso di
ritrovarci un po' disorientati, abituati a districarci tra la pappa
massmediatica di sistema (scusate veramente il termine ma non me viene
un altro) e i vari giornalini della sinistra (di sistema o meno).
Può capitare allora che avvenimenti come le manifestazioni di giubilo
da parte di Hamas, offrano spunti per riflessioni che possono condurre
a conclusioni diverse e talvolta contrastanti. La prima cosa che
veniva da chiedersi era: ma come, anche i ragazzini alle loro prime
manifestazioni sanno "la storia di Israele che vuole presentarsi agli
occhi del mondo come lo stato disposto ad andare contro gli interessi
dei suoi stessi cittadini pur di muovere nella direzione della pace,
per meglio proseguire con la politica degli insediamenti in West Bank
e col progetto-pilota di una Gaza galera con gli ombrelloni", e questi
cretini stanno qua a festeggiare?
Per parte nostra, in questa circostanza abbiamo ravvisato un forte
elemento di propaganda tramite il quale Hamas ha cercato di proporsi
come autentica artefice della "ritirata" dei coloni da Gaza
rilanciando la resistenza armata nel nome di Allah come unica
alternativa alle pastoie della politica di Abu Mazen. Nablus non è
Gaza ma la presenza di Hamas si fa sentire anche quassù. Ci è capitato
così di prendere parte ad una di quelle parate che viste alla
televisione risultano un condensato del repertorio macabro-guerresco
che in questi ultimi anni abbiamo purtroppo imparato a conoscere. Ed
effettivamente vedere sfilare centinaia di persone in divisa e
passamontagna, armate di tutto punto, un certo effetto lo fa. La
soggezione indiscussa dalle armi dura però giusto il tempo di prendere le
misure agli eventi. Una volta che sei lì con loro, ti accorgi che
assieme a pistole, fucili, mitragliatori di ogni calibro e foggia,
sulle spalle dei miliziani ci sono gli oramai mitici “qassam”, i razzi
lanciati dalla resistenza palestinese da Gaza verso obiettivi
israeliani. Solo che questi sono di cartone. Cartone e pezzi di ferro
dipinti e messi alla meglio che da lontano risultano del tutto
identici agli originali. Inverosimili sono invece i tank e gli aerei
israeliani, anch'essi di cartone, che vengono portati in processione e
che alla fine della manifestazione verranno bruciati nella piazza
principale con l'enfasi che si può bene immaginare.
Ciò che però più contribuiva a dare una tinta di farsesco
velleitarismo al tutto erano i volti e gli sguardi dei "miliziani",
scorci rubati tra le retine dei loro passamontagna o nei momenti in
cui, per smorzare la presa del caldo, se lo sollevavano furtivamente.
Volti di ragazzini, ma di quelli che se vola uno schiaffo sono loro a
prenderlo e non certamente a darlo. Volti del tutto identici a quelli
dei coetanei che gli sfilano accanto col volto scoperto, e che danno
ciccia al corteo che altrimenti non arriverebbe a mille unità
(compresi donne e bambini) e che sfila per lo più tra l'indifferenza
della gente e l'insofferenza degli automobilisti.
Non fosse per le continue detonazioni e raffiche, che sembrano venire
esplose per puntellare la credibilità della parata altrimenti un po'
vacillante, e soprattutto per i drammi e le storie di dolore, queste
sì reali, che ci sono dietro, sembrerebbe di assistere ad una sorta di
sfilata di carnevale in salsa militaresca, la cui mancanza di ironia
però offre un risultato grottesco, con tanto di balli tribali intorno
ai grandi falò ricavati dal rogo dei simboli dell'occupazione
israeliana.
Ma allora tutta questa esultanza è solo propaganda per una battaglia
politica interna alle fazioni palestinesi? Non essendo riusciti a
pervenire ad una convinzione possiamo solo rigirarvi la sensazione
che, comunque si voglia declinare la strategia di Sharon, quelle
giornate sembrano destinate a entrare nella storia di questo lungo
conflitto, e che, all'oggi, rappresentano comunque, seppure di poco,
l'allentamento del nodo stretto alla gola di un popolo che non aspetta
altro che poter cominciare a vivere la normalità, e che pertanto non
possono che essere accolte che come un fatto positivo.

Gene Simmons e Kareem Abdullah