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Un altro ferragosto per 700 donne a Gerusalemme...
- Subject: Un altro ferragosto per 700 donne a Gerusalemme...
- From: doriana at inventati.org
- Date: Mon, 29 Aug 2005 12:37:51 +0200
Credo solo il Manifesto abbia riportato la notizia. Anche se passato riporto l'articolo , un ferragosto speciale... Doriana Goracci Donne in Nero Tuscia www.donneinnero.it INCONTRI. LUISA MORGANTINI: DONNE A GERUSALEMME PER LA PACE E LA GIUSTIZIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 agosto 2005. Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int) Grandi gazebo situati nel giardino dell'albergo Seven Arches ospitano circa 700 donne provenienti da ogni parte del mondo, cambogiane, giapponesi, europee, canadesi, australiane, colombiane, sudafricane, serbe, croate, bosniache e naturalmente palestinesi ed israeliane, ed ancora altre. Dall'albergo, costruito dai giordani quando ancora dominavano i territori palestinesi poi occupati degli israeliani nel '67, si puo' vedere la piu' stupefacente vista della vecchia Gerusalemme, la cupola della moschea si staglia contro il cielo, le sinagoghe, le chiese cristiane e il muro, quello antico che circonda la citta' santa, non quello costruito illegalmente dal governo israeliano che annette territorio e divide le famiglie palestinesi. La tensione e' molto forte in Israele e Palestina, sono i giorni dell'evacuazione dei coloni da Gaza, Gerusalemme ieri e' stata chiusa, i palestinesi che la abitano che abbiano un'eta' inferiore ai 45 anni non possono muoversi. I soldati e la polizia erano ovunque, in attesa della manifestazione delle migliaia di religiosi venuti a pregare e marciare contro il piano di ritiro da Gaza. Le settecento donne invece parlano di pace e di una visione femminista del mondo, sono parte della rete internazionale delle donne contro la guerra, donne che hanno scelto di abitare i luoghi del conflitto e che, come diceva Lepa Mladevic, donna in nero serba, uniscono "la relazione e la cura con la giustizia". Ieri abbiamo parlato della nostra visione del mondo, del rifiuto della violenza e della guerra, della necessita' di disarmare eserciti e menti, dell'assunzione di responsabilita' di ciascuna e della necessita' di costruire relazioni e di rompere muri e frontiere, consapevoli di essere qui in un momento che puo' segnare un cambiamento. Le palestinesi non sono molte, dalla West Bank e Gaza non sono potute venire , e' vietato, solo qualcuna e' riuscita ad arrivare per vie traverse, e lo hanno fatto per denunciare la loro condizione di liberta' negate, la loro lotta per resistere e costruire uno stato palestinese democratico: "libero dall'occupazione militare israeliana ma anche dei fondamentalismi della nostra societa'", ha detto Amal Khreshi ed ha continuato Zahira Kamal, ministra per gli affari delle donne, "siamo qui in un momento di straordinaria importanza, il ritiro da Gaza puo' essere positivo solo se si apriranno negoziati che potranno portare alla fine dell'occupazione anche della Cisgiordania". Le donne israeliane hanno denunciato, come ha fatto Tamar Gozanski, ex parlamentare, il ritiro da Gaza "come una simulazione della fine dell'occupazione, tutto viene deciso da Sharon e Bush senza la leadership palestinese, ma noi donne stiamo dalla parte dei diritti e vogliamo una pace vera, cosi' come combattiamo contro la poverta' che in Israele continua a crescere". E' intervenuta anche Sara, la madre di Tali Fahima, la donna israeliana in carcere da piu' di un anno perche' si e' recata a Jenin dove ha incontrato palestinesi ricercati dai soldati israeliani; Sara ha chiesto alle donne di tutto il mondo di mobilitarsi per la liberta' di Tali ma anche dei prigionieri palestinesi (che sono circa 7.000) L'incontro continuerà fino al 16 agosto e domani si trasferirà a Ramallah con le donne palestinesi e manifestare contro la costruzione del muro nel villaggio di Bi'lin, come fanno da tempo israeliani, palestinesi ed internazionali. Una grande differenza dalle iniziative dei coloni e delle donne in verde, che invece manifestano per il mantenimento dei soprusi, dell'ingiustizia e dell'occupazione militare israeliana, anche se leggendo i giornali o guardando la tv, sembra che i coloni siano poveri cristi cacciati dalle loro case. Molti di loro di case ne hanno due, una nei territori occupati e l'altra in Israele. Prenderanno comunque la compensazione, 400mila dollari a testa.
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