Newsletter Osservatorio Iraq n° 8/05







Siamo tornati dopo un mese di interruzione, dovuto a problemi non
dipendenti dalla nostra volontà, ma esclusivamente tecnici.

In questo mese di assenza abbiamo comunque continuato a lavorare, a
raccogliere materiali sull'Iraq e sulla sua gente. Li troverete tutti sul
sito, non solo nella home page ma anche all'interno delle varie sezioni.

Ci si occupa sempre meno della guerra in Iraq, e quando se ne parla lo si
fa solo per scandire il numero dei morti provocati dalle autobombe, o le
date di una sempre più illusoria transizione.

Quasi nessuno ormai racconta più la guerra davvero, quello che comporta,
gli effetti che ha sulla vita sociale e politica di un paese.

Per questo crediamo che questo sito sia importante.

In un momento in cui dall'Iraq sono andati via quasi tutti i giornalisti
occidentali, è importante continuare a raccontare, attraverso report,
analisi, inchieste, cosa sta succedendo.

L'Iraq non può diventare una zona franca in cui l'informazione cessa di
esercitare il suo ruolo.





Newsletter Osservatorio Iraq  n°8 /2005





Come tutte le altre truppe di occupazione, anche gli italiani fanno la loro
parte in Iraq.



Anche noi siamo in guerra e abbiamo ucciso. A Nassiriya, dove i soldati del
nostro contingente hanno ucciso almeno due volte: nell’aprile 2004 (durante
la cosiddetta “battaglia dei ponti”), e nell’agosto dello stesso anno,
durante le proteste seguite all’assedio contro Najaf, sparando su una
ambulanza che trasportava al vicino ospedale una donna incinta e i suoi
familiari. Quattro morti, la cifra ufficiale.



Oggi una organizzazione irachena per i diritti umani di Nassiriya riapre la
questione,
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1136>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1136
denunciando che i morti sarebbero stati invece 11, e che gli italiani
starebbero ritardando il pagamento dei risarcimenti alle famiglie.





Dubbi sulla cifra ufficiale vengono avanzati anche dall’UNAC
(l’Associazione Nazionale dell’Arma dei Carabinieri), in una
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1110>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1110
intervista del suo presidente Antonio Savino



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Mentre la violenza aumenta in tutto il paese e si susseguono gli attentati,
ma anche operazioni militari di cui si sa poco o niente (e di cui fa le
spese la popolazione civile), in Iraq esiste una società che si organizza e
che cerca di indicare una strada diversa da quella – senza ritorno – che
rischia di portare alla guerra civile.



Nel silenzio pressoché totale dei media, le forze politiche che si
oppongono all’occupazione, riunite nell’Iraqi National Foundation Congress
(INFC), hanno tenuto la loro
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1125>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1125
seconda sessione a Baghdad (a quasi un anno esatto dalla sua costituzione),
ribadendo la richiesta di un calendario per il ritiro delle forze di
occupazione, come condizione minima per partecipare alla stesura della
costituzione e a qualunque processo politico, e il loro impegno a
salvaguardare l’unità del paese, respingendo qualunque progetto che miri
alla sua divisione e disgregazione.



Hanno inoltre espresso la loro condanna verso “il terrorismo sospetto” che
colpisce gli iracheni innocenti, ribadendo invece la legittimità della
resistenza, “nelle sue diverse forme e opzioni”, come diritto legittimo dei
popoli che subiscono l’occupazione.



A Bassora, la General Union of Oil Employees (GUOE), che riunisce i
lavoratori del settore petrolifero, che da due anni lottano con successo
per i propri diritti e praticano l’autogestione, ha organizzato un
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1145>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1145
convegno contro la privatizzazione del settore pubblico, chiedendo al
Parlamento di assumere un atteggiamento fermo contro le ipotesi di
privatizzazione e di svendita di quella che considerano “la ricchezza
comune” di tutti gli iracheni.



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Intanto su quanto è successo a Falluja durante gli attacchi dell’aprile
2004 e, soprattutto, del novembre dello stesso anno, continua a emergere
documentazione agghiaccianti.



Un ampio Dossier, realizzato grazie alla collaborazione fra Diario e
Osservatorio Iraq, è stato pubblicato sul numero del settimanale del 25
maggio.



I testi integrali di interviste e testimonianze dirette (un medico
iracheno, una interprete-volontaria, un ingegnere), che non hanno trovato
posto nel Dossier per mancanza di spazio, sono
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riportati sul sito , assieme a una documentazione fotografica, e al
rapporto presentato dal Centro Studi per la Democrazia e i Diritti Umani di
Falluja,  nel gennaio 2004, e al successivo del marzo 2005, in un nostro
Dossier che continueremo ad aggiornare.







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