SILENZIO IMBARAZZANTE PER CLEMENTINA CANTONI



SILENZIO IMBARAZZANTE PER CLEMENTINA CANTONI

Commento di Nino Sergi per il settimanale VITA

http://www.intersos.org/clementina2.htm

http://www.intersos.org/

Piazze vuote per Clementina Cantoni. Qualche manifesto di partito affisso ai muri, tanto per esserci, e una toccante fotografia nei palazzi comunali di Milano e Roma. Ho sempre pensato che il silenzio debba essere la regola nei sequestri di persona. Silenzio per lasciar agire, senza interferenze e intralci, chi si assume il difficilissimo onere della liberazione. È stata la via che Intersos ha scelto nel '96 quando tre operatori umanitari sono stati sequestrati in Cecenia per 64 giorni. Però questa volta il silenzio e le piazze vuote colpiscono. Dopo le grandi manifestazioni per Giuliana Sgrena, Simona Pari e Simona Torretta e quelle più limitate per Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Fabrizio Quattrocchi, vi è un certo imbarazzo da parte di tutti. Gli stessi giornali ne parlano come un fatto di cronaca, senza l'enfasi (pro o contro) che affiancava le manifestazioni di allora. Il sequestro di Clementina non mobilita. Perché? Cosa c'è di diverso?
Il contesto, si dice. "Qui non siamo in Iraq dove l'obiettivo dei sequestri era anche politico perché finalizzato al ritiro delle truppe italiane; siamo in Afghanistan dove Clementina è usata per un conflitto tutto interno, tra tribù e stato".
Nessuna appartenenza, altri sostengono. "Clementina non ha dietro di sé una famiglia come il Manifesto né un movimento politico né una ong italiana conosciuta. Nessuno può dire "è dei nostri" tanto da scendere in piazza".
L'ong sbagliata, si dice ancora, toccando il fondo: "Care è un'organizzazione collusa con le potenze capitalistiche, Usa in testa; quindi non ci si può mobilitare".
Imbarazzo, davvero. Specie guardando le immagini delle donne afgane. Forse non molte, ma coraggiose e convinte. L'attenzione pubblica segue logiche che non sono quelle degli operatori umanitari. Essi agiscono: lo fanno perché sentono di doverlo fare. Chiamano questa spinta "imperativo umanitario", il dovere cioè di esserci, nella solidarietà. Non hanno tempo né voglia di mostrarsi e per questo "non esistono". La neutralità, l'imparzialità, l'indipendenza, vissute fino in fondo, costano in questi casi: perché non si può essere catalogati, perché non si è portatori di bandiere se non quella della solidarietà, schierata sì, ma solo dalla parte dei dimenticati. Essi agiscono, si mescolano alla gente, dedicano parte della vita a chi più ha bisogno. Sono tanti, migliaia, ma si vedono solo quando "fanno notizia", quando succede qualcosa che solo indirettamente ha a che fare con il loro lavoro e la loro generosità. Sono persone che valgono, indipendentemente dalla loro "appartenenza". Clementina è una di loro e merita il nostro sostegno, la nostra vicinanza, il nostro affetto. L'aspettiamo presto, per abbracciarla forte.
1 giugno2005