Lettera aperta al vescovo di Parma a margine dell'adunata degli alpini



LETTERA APERTA AL VESCOVO DI PARMA, A MARGINE DELL'ADUNATA DEGLI ALPINI
 
Caro Monsignor Bonicelli,
capisco che ricordare il suo passato di giovane alpino e ritrovarsi con tanti suoi "commilitoni" e conterranei l'abbia resa felice, ma davvero vederle la sua foto su un giornale locale con il cappello militare insieme alla sua veste ufficiale di vescovo mi ha letteralmente raggelato.
 
Ho pensato, sperato in un fotomontaggio, ma le foto pubblicate oggi che la ritraggono agghindato allo stesso modo alla sfilata mi hanno fatto perdere anche questa piccola speranza.
 
Non ho nulla di specifico contro gli alpini, anzi credo che abbiano portato una ventata di benefica irrazionalità in una città silente, altezzosa e seduta su se stessa come Parma, ma davvero la chiesa in mimetica è un assurdo della storia.
 
Dai tempi della lettera ai cappellani militari di Don Lorenzo Milani purtroppo poca strada si è fatta e in particolare la chiesa italiana ha ultimamente dimostrato di zoppicare e molto.
 
L'omelia nazionalista pronunciata in occasione dei funerali ai caduti di Nassirya e il calendario (sì, il calendario...) dei cappellani militari ha fatto gridare molti sacerdoti e missionari: "O Dio o la Bomba!"
 
Io credo che, nell'era delle fine della leva obbligatoria e, si spera, della fine dello stato nazionalista, almeno in Europa, si possa presevare ciò che c'è di buono nello spirito e nel "fare comunità" del variegato mondo degli alpini solo trasformando il loro servizio militare (peraltro ora professionista) in servizio civile, diffuso se non obbligatorio.
 
Così interi paesi potrebbero preservare l'orgoglio "alpino", messo in discussione dalla fine della naja e che hanno ostentato a Parma e "smilitarizzarlo".
 
Infine questo servizio civile potrebbe coinvolgere i paesi limitrofi che condividono con noi le catene montuose delle Alpi ed essere segno di integrazione europea, di pace e di rispetto per l'ambiente e l'ecologia.
 
Solo così un sacerdote, o un vescovo, potrebbero, a mio giudizio sorridere ed essere orgogliosi di portare insieme alle proprie vesti sacre il cappello militare, solo così da simbolo di morte e patria nazionale il cappello dell'alpino, che certo ha saputo rappresentare anche abnegazione ed eroismo, si potrebbe rivelare simbolo della trasformazione civile e culturale decisiva per la nostra società.
 
Gli alpini da corpo militare nazionale a corpo civile europeo.
 
E l'adunata di Parma certo passerebbe alla storia e non rimarrebbe una delle tante...
 
Francesco Lauria, Parma
 
 


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