Aboud, 15 marzo 2005



Ricevo e inoltro da Logan di Operazione Colomba
Nat


Ciao,
oggi (15marzo) un ufficiale dell esercito ci ha fatto male (fisicamente e non solo), ci rubato le chiavi di casa e poi prima di andare a casa ha arrestato due ragazzi del paese qua ad Abud. Domani andiamo a denunciarlo alle autorita militari(per le chiavi sintende..perche il resto fa parte della geniale strategia di dare sicurezza ai miei amici che rischiano di saltare su un autobus perche non hanno i soldi per prendersi un auto).
Di seguito il resoconto dei fatti ed in attach il Comunicato Stampa inerente.

Buono sguardo sulla realta
salam shalom
con amarezza e un dubbio sulla pace sbandierata dai mass media
Logan
www.operazionecolomba.org

"Sono le quattro e mezzo circa. Bussano alla porta. E’ un ragazzo. Ci avvisa che in paese ci sono tre jepp di soldati. Scendiamo velocemente con lui e in pochi secondi raggiungiamo il luogo, a pochi metri da dove viviamo. Una piazzetta davanti alla moschea occupata da due jepp e da un hammer. I soldati appena ci vedono (siamo a circa 10 metri da loro, fermi) ci si fanno incontro ad armi puntate. Sono due, uno scuro di carnagione e capelli, l’altro rossiccio, con gli occhiali e con i gradi da ufficiale sulle spalline. Quest’ultimo avanza veloce urlandoci di andarcene. Ci raggiunge in pochi istanti intimandoci di non fotografare. C. sta videofilmando. Lui le si fa contro con violenza e inizia a spintonarla. E’ fuori di sé. Gli chiediamo di calmarsi, ma lui incalza. Vuole i nostri documenti perché a suo dire stiamo intralciando un’operazione militare. Il suo compagno ripete il tutto in modo più pacato. La tensione è decisamente alta. Noi teniamo le nostre posizioni ricordando che stiamo solo guardando e è illegale sottrarci videocamere e macchina fotografica. L’ufficiale prende comunque il passaporto di P. Alle sue spalle sopraggiunge un altro militare che lo riporta un po’ alla calma e lo allontana da noi. Ritornano lentamente tutti ai loro mezzi e partono. Ci fermiamo con le persone presenti: ragazzini, donne e due anziani. Chiediamo se stanno tutti bene e facciamo domande per ricostruire l’accaduto. Ma subito arrivano altri ragazzi a chiamarci perché le jeep si sono soltanto spostate più su, sulla via d’entrata di Abuod. Li vediamo, siamo ora fermi a 50 metri da loro. Sono di nuovo schierati. Fucili puntati. Anche se non facciamo un passo verso di loro, ci intimano di non avvicinarci. Rimaniamo fermi: C filma e P telefona alla responsabile di questo distretto per l’OCHA. Improvvisamente si muovono verso di noi tre militari. Decisi e rapidi. Ci puntano. Sono gli stessi si prima. Il militare rosso arriva su di noi. Vuole i nostri documenti. Inizia a perquisirci e ci toglie i passaporti e le chiavi di casa dalle tasche. Si infila il tutto in tasca. Protestiamo, è assolutamente illegale. Il soldato ridacchia e restituisce a P. solo il tappo di una bottiglia. Fa per allontanarsi ma ci ripensa. Vuole anche la macchina fotografica. Mi forza la mano per portarsela via. Sotto la sua stretta sono costretta a lasciare la macchina. P. però la tiene ancora per il cordone. Il soldato tira. Tira con violenza, rischiando di rompere il dito a P. Alla fine riesce ad impossessarsi della macchina fotografica e assieme ai colleghi torna alle jeep. Scorrono i minuti. I mitra rimangono puntati su di noi e sui presenti: persone come tutte che si trovavano in strada. Soprattutto i bambini alle nostre spalle iniziano ad innervosirsi e ad urlare. C’è il rischio che lancino pietre, ma noi e gli adulti presenti facciamo in modo che ciò non accada. La tensione è già abbastanza alta. I militari continuano a fermare le macchine che passano e intanto guardano le fotografie della nostra digitale. Poi con un gesto ci invitano ad avvicinarsi e loro se ne vanno. Ci lasciano i due passaporti e la macchina fotografica su un muretto. Delle chiavi di casa non c’è traccia. Si allontanano lentamente per piazzarsi poco più avanti e chiudere in tal modo l’entrata al paese. Li raggiungiamo. Fermano tutti i veicoli in uscita da Abuod. La gente è costretta a scendere dalle macchine, ad avanzare a braccia alzate con i fucili puntati contro e con documento alla mano. Una delle jeep si vede meno delle altre perché la strada è in discesa. Avvicinandoci scopriamo che dietro questa jeep c’è un ragazzo, felpa blu con una riga rossa. Ha le mani dietro la schiena ed è inginocchiato per terra. Passano alcuni minuti e viene fatto sparire dentro alla jeep assieme ad un altro ragazzo che stava in piedi in fianco a lui. Così i mezzi si riaccendono e lasciano Abuod, questa volta definitivamente. Li seguiamo con lo sguardo. Sono ancora nitidi davanti a noi quando ci raggiunge un giovane uomo. Suo fratello lo ha appena chiamato dall’interno della jeep, comunicandogli soltanto che lo stanno arrestando. Scopriamo allora che quelli che sono stati portati via sono due ragazzi di 28 e 22 anni.
Sono le cinque e mezzo.
J.