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Info A SIX
- Subject: Info A SIX
- From: "A Sinistra - Brindisi" <giancanuto at email.it>
- Date: Mon, 28 Feb 2005 18:02:25 +0100
A SINISTRA Movimento Politico Antiliberista BRINDISI 26 FEBBRAIO 2005 Nell'e-mail di oggi: · In questi giorni la morte di don Giussani ha suscitato molti commenti. Michele Di Schiena, magistrato ed in passato a lungo consigliere nazionale dell'Azione Cattolica proprio quando era forte lo scontro tra due modi di concepire la presenza della Chiesa nel sociale, ha scritto un articolo su: <>La Chiesa di don Giussani e quella del Concilio. Lo affido alla lettura dei tanti amici di ispirazione cristiana che ricevono queste e.mail ma anche a coloro che vogliono conoscere le dinamiche che nell'area cattolica si sono sviluppate negli anni passati ma con contenuti ancora oggi validissimi. · Ho ricevuto e faccio girare una lettera che Niki Vendola scrisse in memoria di Don Tonino Bello e che fu pubblicata su Mosaico di Pace di aprile 2003: <>Sulle vie dell'utopia. Giancarlo CANUTO - A SINISTRA - Brindisi Se non vuoi ricevere queste info basta semplicemente inviare una e-mail a <mailto:giancanuto at aliceposta.it>giancanuto at aliceposta.it con in oggetto cancella LA CHIESA DI DON GIUSSANI E QUELLA DEL CONCILIO Cordoglio, rispetto e, per i credenti, preghiera sono il giusto modo di porsi di fronte alla morte di don Giussani, il sacerdote che certamente ha lasciato una significativa «orma di pié mortale» sul cammino della Chiesa cattolica, un cammino sorretto dallo Spirito ma attraversato, nello svolgimento della sua vicenda storica, da profezie e da errori, da grandi speranze e da ripiegamenti su interessi particolari, da aperture e da chiusure, da testimonianze e da cadute. Nessuno che abbia seguito la vita, il pensiero e le attività di don Giussani può mettere in dubbio la sua grande Fede e la sua perfetta buona fede. Ma va detto con ruvida franchezza che i frutti del suo servizio e del suo lavoro non sono stati sempre di segno positivo ed hanno sovente provocato involuzioni e divaricazioni nel laicato cattolico e talvolta nella stessa gerarchia ecclesiastica favorendo la formazione di aree sostanzialmente impermeabili agli insegnamenti del Concilio Vaticano II. L'associazionismo promosso da don Giussani si è infatti distinto più per l'esaltazione della sua identità dentro e fuori la comunità cristiana che per la ricerca del dialogo e della comunione, più per la scelta di reazione e di contrapposizione alla cultura laica (e segnatamente a quella di sinistra) che per la capacità di cogliere in essa i «segni dei tempi», più per la voglia di una baldanzosa "presenza" che per la fatica di una lungimirante mediazione, più per le "opere" e gli "affari" che per la preghiera e la missione, più per la inclinazione a dotare di potere l'esperienza cristiana che per la sapienza di farne fermento capace di lievitare nella società civile solidarietà e giustizia, più per la commistione fra religione e politica che per la necessaria distinzione dei due ambiti di impegno su una linea di coerenza ed al riparo da reciproche strumentalizzazioni. Si sono così fatte strada teorie e pratiche che hanno puntato all'accantonamento dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II che riscopre la Chiesa come «popolo di Dio» chiamato ad abbracciare l'intero mondo per annunciare a tutti, in libertà e carità, il Vangelo di Cristo. Una Chiesa-popolo che «non pone la sua speranza nei privilegi offerti dall'autorità civile» e che utilizza per la sua missione «solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti secondo le diversità dei tempi e delle situazioni». Sono inoltre emerse scelte lontane dalla sensibilità "pastorale" dello stesso Concilio che afferma il rispetto dovuto all'autonomia delle realtà sociali e politiche, sottolinea la doverosità dell'impegno rivolto ad eliminare le ingenti disparità economiche e le conseguenti discriminazioni, denuncia l'arbitrio di gruppi e nazioni che hanno in mano un eccessivo potere economico, sollecita la promozione dei diritti umani fondamentali, condanna la guerra e chiede alla comunità internazionale di costruire la pace facendosi carico della condizione di quelle vaste regioni del pianeta che si trovano in uno stato di intollerabile miseria. E queste distanze dal Concilio hanno determinato nell'associazionismo cattolico sofferenze e lacerazioni non certo riparate dal recente abbraccio, voluto dalla CEI, fra i vertici di Comunione e Liberazione e dell'Azione Cattolica. Ma come è possibile vivere la fedeltà al Vangelo senza opporsi, con la critica più radicale, al liberismo ed a "questa" globalizzazione che sta aggravando le disuguaglianze in tutto il mondo ed affamando la maggior parte dell'umanità? Come è possibile non insorgere con tutte le proprie forze e con la necessaria coerenza contro la guerra preventiva ed infinita di Bush che semina morte e rovine e punta alla colonizzazione dell'intero pianeta? Come si può essere testimoni di verità e giustizia assecondando nel nostro Paese politiche in favore dei ceti privilegiati ed in danno delle fasce sociali più deboli? Perchè si è stati vicini e si continua ad esserlo ad uomini ed ambienti politici ossessionati dal potere e poco sensibili agli interessi popolari? E come mai non si contesta per la sua inattendibilità la sorprendente affermazione dell'on.le Berlusconi secondo la quale don Giussani, interpretando a modo suo le sollecitudini celesti e riprendendo una infelicissima sortita vaticana vecchia di settantacinque anni e riferita a Mussolini, avrebbe definito il leader di Forza Italia «uomo della provvidenza»? Domande queste destinate a restare senza convincente risposta ma che vanno incalzantemente poste per favorire il superamento di un malinconico passato specialmente nel momento in cui si manifestano nella Chiesa i segni di una nuova primavera che vuole rilanciare il Concilio e dare rinnovato vigore alle grandi domande di liberazione e di pace. Brindisi, 25 febbraio 2005 Michele DI SCHIENA Sulle vie dell'utopia. Forse l'antica sentinella può finalmente risponderci che la notte sta per finire. di Niki Vendola (lettera scritta in memoria di Don Tonino Bello pubblicata su Mosaico di Pace di aprile 2003 Caro don Tonino, in tutta sincerità non ho ancora fatto pace con la tua morte: non solo perché la tua assenza brucia (e talvolta non riesco quasi a perdonarti per quel salto senza rete che ti ha proiettato oltre l'orizzonte del nostro sguardo). Ma perché dopo è stato davvero il finimondo. Come se, calato il sipario della tua esperienza terrena, la storia umana si fosse avvitata in una spirale nichilista e buia. Come se, a noi sopravvissuti, fosse comminata la pena dell'esilio da noi stessi, dai nostri bisogni di verità e di amore. È stato molto più di una solitudine e di uno smarrimento. Tu eri volato, con le tue ali sfibrate dalle metastasi, nel cielo della "ulteriorità" (ti rubo una parola che mi hai sussurrato l'ultima volta). Noi invece di colpo eravamo scivolati giù nei dirupi del "pensiero unico", in uno spazio interdetto alla profezia e alla carità, in un alfabeto capovolto e levantino, in un universo di piccole patrie isteriche e minacciose, dove anche lo spirito santo veniva arruolato come un gendarme atlantico o un controllore orwelliano al servizio del New West. Era come tornare nel cono d'ombra delle catacombe. Tu trasmutato in un'icona rischiosamente consolante, noi pronti per i leoni del Colosseo globale, della fiction seriale e della mass-mediocrità. Sono passati come un lampo tutti questi anni e ancora sento il vento tiepido di quel pomeriggio di aprile, sulla spianata in fronte al mare azzurro di Molfetta, nella mestizia popolare di quella lunga, lenta, indicibile cerimonia dell'addio. Dieci anni fa. Oppure ieri. O forse è ora. Lo so, caro vescovo, tu intercettasti tra i primi il vento cattivo che soffiava a Occidente. Sulla sequela di Cristo ci indicasti la Via Crucis che portava a Bagdad e a Sarajevo, osando immaginare e poi incarnando - in quella "festa di dolore" che ti fece solcare la terra ghiacciata e incandescente di Bosnia - una traccia di "Onu dei poveri": che ancora oggi è per noi una pietra angolare. Ci raccontasti il malessere partendo dal benessere e dalle sue arti marziali e dai suoi valori misurati in Borsa: non basta "consolare gli afflitti", bisogna "affliggere i consolati", così ci provocavi. E le tue non erano capriole semantiche o giochi di enigmistica. Sull'asse della tua indignazione girava un intero mappamondo a forma di Golgota: e in ogni povero cristo (disoccupato o immigrato, tossico o carcerato) tu vedevi la "regalità" del dio vivente e ci ammonivi ad accogliere e a donare. Amore, voce del verbo morire: non stavi alludendo a una spiritualità masochista, ma alla sfida permanente della conversione: che è schiudersi agli altri, scacciare i fantasmi della paura delle diversità, conoscere e scambiare e contaminarsi e donare. Fuoriuscire dal recinto del privilegio e dell'egoismo, recidere il filo spinato del pregiudizio nutrito di petrodollari, detronizzare la dinastia planetaria del profitto. Cambiare registro, cambiare pelle al presente, farsi costruttori di strade e pontili piuttosto che di muraglie e di barriere architettoniche. Con-dividere: farsi compagni del mondo, farsi prossimo, coniugare i verbi della conoscenza e della tenerezza per chi normalmente inchiodiamo al legno delle nostre fobie e delle nostre pigrizie. Lo so, don Tonino, persino l'immagine teologica della Trinità - fusione perfetta di tre entità distinte - era per te l'icona di quella splendida "visione" che hai colto nella più bella delle tue espressioni: convivialità delle differenze. Come un infinito abbraccio dei popoli e delle persone, delle fedi e delle culture. Questa, sui sentieri accidentati di Isaia, è la filigrana della pace che cerchiamo. Sarà necessario, ovviamente, mutare le nostre spade in aratri e le nostre lance in falci. E cioè cambiare in radice modello di sviluppo e forma del potere: liberando la storia umana dalla sua ipoteca di oppressione e di violenza, sradicando dalle nostre lingue ogni codice di guerra, svuotandoci dell'odio che si è lungamente sedimentato nei nostri consessi civili e nei nostri cuori. Carissimo amico perduto e ritrovato ogni giorno, tu ci lasciasti in dono un seme di passione (che è voce del verbo patire). Fummo confitti (non sconfitti) dai chiodi del conformismo e della omologazione. Eppure continuammo a coltivare quella charitas sine modo che ci sfida e ci interpella, quei "pensieri lunghi" che quasi ci sospendono tra cielo e terra. Continuammo, seguendo la tua ombra buona, a costruire piste di "utopia": ecco, utopia è la parola che adoperano, con intenzioni di scherno, i trafficanti di realismo, i farisei dei nostri giorni, i burocrati dei silenti genocidi mercantili. Ma a dispetto di tutte le realpolitik, di tutti i governi e di tutte le cancellerie che ci dettano la lentezza delle loro tregue e la fretta delle loro guerre, ora, gridiamolo don Tonino, ora è il tempo dell'utopia! Perché avevi ragione tu: non andiamo verso la fine, ma verso un nuovo inizio. E io volevo dire al mio pastore, mentre lo penso con nostalgia, che quel suo seme, dopo un inverno fin troppo lungo, ha cominciato a germogliare. Le oscure catacombe hanno figliato moltitudini di battezzati alla pace. È vero: rombano già i motori della macchina holliwoodiana della "guerra infinita". Ma ancora più forte si sente, a ogni latitudine del mappamondo, il suono di una nuova coscienza. Forse l'antica sentinella può finalmente risponderci che la notte non è più tanto lunga, che sta per finire. E così sia. ---- Email.it, the professional e-mail, gratis per te:<http://www.email.it/cgi-bin/start?sid=3>clicca qui Sponsor: Dai più energia al tuo sport! Rigenera il tuo corpo in maniera naturale Grazie agli integratori sport che trovi solo su Erboristeria.com <http://adv.email.it/cgi-bin/foclick.cgi?mid=2379&d=26-2>Clicca qui
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