Elezioni irachene: sarà vera svolta?



Le tanto attese elezioni irachene si sono tenute; i risultati non sono
ancora "pronti" ma più o meno già decisi e scontati; vittoria sciita delle
liste di Sistani e Allawi nel Sud e al Centro e vittoria curda al Nord.

Tutto previsto, così come la bassissima affluenza dei sunniti.

In totale sembra che l'affluenza sia stata intorno al 35% degli aventi
diritto al voto e intorno al 50% di coloro che si sono registrati, ma i
dati "ufficiali" si sapranno tra qualche giorno, forse.



Se l'affluenza del 35% degli aventi diritto al voto sarà confermata, non si
potrà certo parlare di gran successo di queste elezioni, ma comunque due
dati si possono già evincere:

- il popolo iracheno ha voglia di democrazia, di pace ma anche di togliersi
dai piedi gli occupanti.

- hanno votato anche persone che appoggiano la resistenza armata, quella
nazionale e di popolo, non quella terror-fondamentalista straniera del
fantomatico Zarqawi.



Ma questi ultimi lo hanno fatto chiaramente per dare mandato al nuovo
governo che nascerà, di chiedere ufficialmente agli occupanti di andarsene
e di riprendere il controllo delle risorse petrolifere e della
ricostruzione più in generale.



Si parla tanto ora della necessità improcrastinabile di un intervento del
Consiglio di Sicurezza; certo, ma ora ci vuole una svolta da parte USA, che
devono finalmente indicare una data di massima per andarsene dal Paese,
senza avere in mente alcuna base permanente in Iraq con un contingente
ridotto al necessario.

Deve essere chiara la volontà statunitense di andarsene veramente,
altrimenti a che serve convocare il Consiglio di Sicurezza?

Ma gli USA vogliono andarsene? Dubito fortemente e quindi che tipo di
risoluzione ONU, veramente di svolta, potrà venire fuori?



Per parlare di svolta, un primo segnale potrebbe essere il seguente, dal
momento che gli iracheni hanno votato solo per delle liste senza sapere chi
fossero i candidati, tenuti segreti: e cioè inserire, tra gli eletti,
esponenti politici della resistenza armata.

Questo è un primo passo essenziale per far entrare nel cruciale processo
politico post-elettorale chi sta combattendo per restituire una vera
sovranità al popolo iracheno; passo utile anche per isolare ed eliminare le
cellule fondamentaliste qaediste contrarie a qualsiasi sbocco politico
democratico.



Un secondo passaggio fondamentale, contemporaneo al primo, è quello di
integrare nelle forze armate irachene coloro che stanno combattendo contro
gli occupanti, in maggioranza ex soldati e ufficiali dell'esercito di
Saddam disciolto da Bremer.



Un terzo passo da fare è di consentire al nuovo governo l'abrogazione di
tutte le leggi emanate da Bremer, in particolare quelle economiche che
regolano gli appalti e la gestione dei fondi per la ricostruzione. Sappiamo
ormai per certo che la CPA di Bremer e il governo corrotto di Allawi hanno
fatto sparire qualche miliardo di dollari destinati alla ricostruzione.



Ma gli USA permetteranno tutto ciò? Dubito fortemente.



Questi sono solo i primi fondamentali passi da prendere se veramente si
vuole parlare di successo elettorale e di svolta dopo il 30 Gennaio.

Altrimenti sono solo parole ipocrite che servono unicamente a legittimare
elezioni farsa già decise a tavolino, una sicura frantumazione del Paese
con conseguente guerra civile per controllare le risorse petrolifere del
Nord curdo e del Sud sciita.



E tutto ciò finirà solo per garantire la presenza perenne delle truppe
occupanti e un caos che uscirà dai confini iracheni per raggiungere tutti i
Paesi dell'area.



Enrico Sabatino





P.S. Mentre sto scrivendo queste righe è arrivata la notizia del rapimento
di Giuliana Sgrena.

Non sembra esserci alcuna svolta positiva all'orizzonte, purtroppo.