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DON ALBINO BIZZOTTO-DOPO LE ELEZIONI IN IRAK
- Subject: DON ALBINO BIZZOTTO-DOPO LE ELEZIONI IN IRAK
- From: "DOMENICO MANARESI" <bon4084 at iperbole.bologna.it>
- Date: Fri, 4 Feb 2005 00:17:31 +0100
Bologna, 4 febbraio2005 Nell'intervista, che riporto qui di seguito, (vedi anche in allegato)l'amico Don Albino Bizzotto compie un'analisi molto lucida e concreta sul dopo elezioni in Irak, senza autocritiche e senza trionfalismi. Condivido in toto, in particolare quanto scrive don Albino: « L'occupazione non è voluta né da chi ha votato né da chi ha fatto attentati, è infatti tra le cause della rivolta e anche dell'aggressione armata.» E ancora: « La debolezza del movimento per la pace dipende anche dalla stanchezza, dall'immobilismo, dalla ripetitività, dal sistema dell'informazione che ci abitua al peggio, dal degrado istituzionale e sociale che tocca limiti pericolosi. La gente è in ansia perché non ha risposte sulla salute, sul lavoro, sulla vita di ogni giorno. Il movimento ci ha abituato a guardare dentro e fuori casa, ma non è facile guardare fuori quando in casa va così male. E voi cosa ne pensate? Shalom-salaam a tutti, ma proprio a tutti! Domenico Manaresi Mitt. Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - tel&fax 051-6233923 - e-mail: bon4084 at iperbole.bologna.it INTERVISTA A DON ALBINO BIZZOTTO (fondatore de i Beati costruttori di pace) «Macché autocritica, via le truppe» Per i Beati costruttori di pace l'occupazione è il punto nodale Domanda: DON ALBINO BIZZOTTO, I PACIFISTI DEVONO FARE AUTOCRITICA ORA CHE LE ELEZIONI IRACHENE SONO STATE UN SUCCESSO DI PARTECIPAZIONE? Il presidente dei Beati costruttori di pace, che nel 2003 partecipava al Trainstopping per fermare i convogli in partenza da Vicenza, vede una gran confusione: «Forse perché il sistema dell'informazione ci parla solo di azioni di violenza e non ci ha dato quasi nessuna notizia sul processo elettorale. Molte posizioni politiche dipendono dall'ignoranza. A fine luglio, quando sono stato a Baghdad con Un ponte per... e la Cgil, abbiamo incontrato venticinque realtà della società civile e c'era, notavo, un'attesa messianica per le elezioni. Non conoscendo la situazione non potevo dire quale sarebbe stata la presenza alle urne, ma certo questo momento di partecipazione era molto atteso. Però devo aggiungere che in quell'occasione abbiamo ricevuto un forte rimprovero sul concetto di resistenza. La gente in Iraq non ne può più della violenza, alcuni addirittura rimpiangevano il governo autoritario pur di uscirne. Domanda: DALLA VIOLENZA O DALL'OCCUPAZIONE? L'occupazione non è voluta né da chi ha votato né da chi ha fatto attentati, è infatti tra le cause della rivolta e anche dell'aggressione armata. Non è onesto attaccare i pacifisti, gli unici che sono andati in Iraq per portare a Roma i rappresentanti della società irachena. Domanda: PRIMA DEL 30 GENNAIO, RIFONDAZIONE E ALTRI PROPONEVANO IL RINVIO DELLE ELEZIONI IRACHENE E UNA CONFERENZA DI PACE, UNA POSIZIONE GIÀ ASSUNTA DALLA FRANCIA CHE CORRISPONDEVA ALLE RIVENDICAZIONI DEI SUNNITI. SAREBBE STATO GIUSTO? Sarebbe stato un atto di saggezza per dare rappresentanza a tutte le componenti della società irachena. Anch'io sarei stato d'accordo. Si continua a dire che gli iracheni hanno votato ma non sappiamo ancora per quali formazioni, chi rappresenta chi, dove si va a parare. Nessuno parla dei contenuti. Il rischio di guerra civile rimane intatto, l'occupazione militare e la violenza che l'accompagna hanno favorito, secondo me, le concezioni religiose dello stato e l'irrigidimento nei rapporti fra i cittadini. Si sa solo che la gente è andata a votare ma dovremo verificare: se in Ukraina c'è stato bisogno di una verifica, figuriamoci in Iraq. Domanda: LA SINISTRA SI DIVIDE TRA CHI CHIEDE IL RIENTRO DELLE TRUPPE E CHI SI APPELLA ALL'ONU, MENTRE IL GOVERNO SEGUE GLI AMERICANI... L'occupazione resta il punto nodale. Dobbiamo definire il criterio in base al quale facciamo le scelte, stabilire se sia un criterio di legalità internazionale o di opportunità. E' inutile una petizione all'Onu che sia semplice petizione di principio e nei fatti una presa d'atto della situazione che abbiamo davanti. Se l'hanno fatta da padroni con la guerra e con l'occupazione, viene spontaneo pensare che la faranno da padroni anche con il governo. L'Iraq è sempre un pantano. Non è questione di rivendicare di aver avuto ragione sul ritiro ma di avere, ripeto, regole per vivere insieme e per affrontare i conflitti. Senza le quali vince il più forte. Domanda: EPPURE IL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA OGGI È SCOMPARSO DALLA SCENA. PERCHÉ? Innanzitutto perché non funziona come un partito. Secondo perché, detto con franchezza, il più bel movimento per la pace al mondo non ha trovato alcuna rappresentanza politica seria. La ferita del Kosovo è ancora aperta, lì si è rotto l'argine quando la sinistra europea si sentiva moderna e voleva dimostrarlo adoperando la forza: i Ds non hanno mai accettato un confronto. E la missione in Afghanistan è tuttora sostenuta dal 90 per cento del parlamento. La debolezza del movimento per la pace dipende anche dalla stanchezza, dall'immobilismo, dalla ripetitività, dal sistema dell'informazione che ci abitua al peggio, dal degrado istituzionale e sociale che tocca limiti pericolosi. La gente è in ansia perché non ha risposte sulla salute, sul lavoro, sulla vita di ogni giorno. Il movimento ci ha abituato a guardare dentro e fuori casa, ma non è facile guardare fuori quando in casa va così male. Domande: ALESSANDRO MANTOVANI Risposte: DON ALBINO BIZZOTTO Le sottolineature in grassetto sono mie: Domenico Manaresi .
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