La Costituzione Italiana: Intervento di Piero Calamandrei all'Umanitaria di Milano del 26 gennaio 1955



La Costituzione italiana: difendiamola!



Il 26 gennaio 1955 ad iniziativa di un gruppo di studenti universitari e
medi, fu organizzato a Milano, nel salone degli affreschi della Società
Umanitaria, un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana,
inviando insigni cultori  del diritto  ad illustrare, in modo accessibile a
tutti,  i principi morali e giuridici che stanno a fondamenta della nostra
vita sociale.

Il corso è stato inaugurato e concluso da Piero Calamandrei e, non senza
viva commozione, Egli ritorna tra noi con la sua eloquenza nobile e pur
semplice, con dottrina profonda, scientificamente serena e civilmente
incitatrice.

La parola del maestro indimenticabile suona, ancora oggi, come un altissimo
richiamo all'impegno scientifico e morale di tutti i giovani che si
apprestano  ad una sempre rinnovata battaglia di civiltà, di progresso e di
libertà.



Ecco la parte sostanziale  di ciò che Egli disse introducendo il corso e
precisando i fondamenti storici della Nostra Costituzione.



"L'art.34 dice: "i capaci ed i meritevoli, anche  se privi di mezzi, hanno
diritto di raggiungere  i gradi più alti degli studi." E se non hanno
mezzi!  Allora nella nostra Costituzione c'è un articolo, che è il più
importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo; non impegnativo
per noi che siamo al desinare, ma soprattutto per voi giovani che avete
l'avvenire davanti a voi. Dice così: "E' compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". E' compito di
rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona
umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti,
dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto
quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula
contenuta nell'articolo primo "L'Italia è una  Repubblica democratica
fondata sul lavoro" corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c'è
questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con
sicurezza con il proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la
nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà
chiamare  neanche democratica. Una democrazia in cui non ci sia questa
uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto è
una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i
cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della
Società, di portare il loro miglior contributo, in  cui tutte le forze
spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino,
a questo progresso continuo di tutta la Società. E allora voi capite da
questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in
parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una
speranza, un impegno, un lavoro da compiere.  Quanto lavoro avete da
compiere! Quanto lavoro vi sta dinnanzi!



E' stato detto giustamente che le Costituzioni sono delle polemiche, che
negli articoli delle Costituzioni, c'è sempre, anche se dissimulata dalla
formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica di
solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro
il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la
parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai
diritti di libertà voi sentirete continuamente la polemica contro quella
che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà,
che oggi sono elencate, riaffermate solennemente, erano sistematicamente
disconosciute: quindi polemica nella parte dei diritti dell'uomo e del
cittadino, contro il passato. Ma c'è una parte della nostra Costituzione
che è una polemica contro il presente, contro la Società presente. Perché
quando l'articolo 3 vi dice "E' compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli, di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo
della persona umana" riconosce,  con questo, che questi ostacoli oggi ci
sono, di  fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione,
un giudizio polemico, un giudizio negativo, contro l'ordinamento sociale
attuale, che bisogna modificare, attraverso questo strumento di legalità,
di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei
cittadini italiani. Ma non è una Costituzione immobile, che abbia fissato,
un punto fermo. E' una Costituzione che apre le vie verso l'avvenire, non
voglio dire rivoluzionaria,  perché rivoluzione nel linguaggio comune
s'intende qualche cosa che sovverte violentemente; ma è una Costituzione
rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa Società,
in cui può accadere che, anche quando ci sono le libertà giuridiche e
politiche, siano rese inutili, dalle disuguaglianze economiche e dalla
impossibilità, per molti cittadini, di essere persone e di accorgersi che
dentro di loro c'è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un
regime di perequazione economica, potrebbe anch'essa contribuire al
progresso della Società. Quindi polemica contro il presente, in cui viviamo
e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione
presente.

Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto
va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e
non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il
combustibile. Bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di
mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle
offese che si fanno alla Costituzione è l'indifferenza alla politica,
indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso
in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po' una malattia dei
giovani. La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica. E
io quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella
vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà di quei due
emigranti, due contadini che traversavano l'oceano, su un piroscafo
traballante. Uno di questi contadini  dormiva nella stiva e l'altro stava
sul ponte e si accorgeva che c'era una gran burrasca, con delle onde
altissime e il piroscafo oscillava. E allora uno di questi contadini,
impaurito, domanda a un marinaio " ma siamo in pericolo?" e questo dice
"secondo me, se continua  questo mare, tra mezz'ora il bastimento affonda."
Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno, dice:  "Beppe, Beppe,
Beppe",…."che c'è!" … "Se continua questo mare, tra mezz'ora, il bastimento
affonda" e quello dice "che me ne importa, non è mica mio!" Questo è l'
indifferentismo alla politica.

E' così bello e così comodo. La libertà c'è, si vive in regime di libertà,
ci sono  altre cose da fare che interessarsi di politica. E lo so anch'io.
Il mondo è così bello. E vero! Ci sono tante belle cose da vedere, da
godere oltre che ad occuparsi di politica. E la politica non è una
piacevole cosa. Però, la libertà  è come l'aria. Ci si accorge di quanto
vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che
gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent'anni, e che io
auguro a voi, giovani, di non sentire mai.  E vi auguro, di non trovarvi
mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a
creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate
provare mai, ricordandovi ogni giorno, che sulla libertà bisogna
vigilare,vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.

La Costituzione, vedete, è l'affermazione scritta in questi articoli, che
dal punto di vista letterario non sono belli, ma l'affermazione solenne
della solidarietà sociale, della solidarietà umana,  della sorte comune,
che se va affondo,  va affondo per tutti questo bastimento. E' la Carta
della propria libertà. La  Carta per ciascuno di noi della propria dignità
d'uomo. Io mi ricordo le prime elezioni, dopo la caduta del fascismo, il 6
giugno del 1946; questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto
delle libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare, dopo un
periodo di orrori, di caos: la guerra civile, le lotte, le guerre, gli
incendi, andò a votare. Io ricordo, io ero a Firenze, lo stesso è capitato
qui. Queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni. Disciplinata e
lieta. Perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità,
questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a
creare, questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del
proprio paese, della nostra patria, della nostra terra; disporre noi delle
nostre sorti, delle sorti del nostro paese. Quindi voi giovani alla
Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù,  farla
vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la
coscienza civica, rendersi conto, questo è uno delle gioie della vita,
rendersi conto che ognuno di noi, nel mondo, non è solo! Che siamo in più,
che siamo parte di un tutto, tutto nei limiti dell'Italia e nel mondo.

Ora vedete, io ho poco altro da dirvi,  in questa Costituzione di cui
sentirete fare il commento nelle prossime conferenze, c'è dentro tutta la
nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre
sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui negli articoli. E a
sapere intendere dietro questi articoli, ci si sentono delle voci lontane.



Quando io leggo: nell'articolo 2 "L'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà, politica, economica e sociale"  o quando leggo nell'articolo
11 "L'Italia  ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di
altri popoli", "la patria italiana in mezzo alle altre patrie" ma questo è
Mazzini!Questa è la voce di Mazzini. O quando  io leggo  nell'articolo 8:
"Tutte le confessioni religiose, sono ugualmente libere davanti alla legge"
ma questo è Cavour! O quando io leggo nell'articolo 5 "La Repubblica, una
ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali"  ma questo è
Cattaneo! O quando nell'articolo 52 io leggo, a proposito delle forze
armate "L'ordinamento delle forze armate si informa allo spirito
democratico della Repubblica", l'esercito di popolo, e questo è Garibaldi!
O quando leggo all'art. 27 "Non è ammessa la pena di morte" ma questo, o
studenti milanesi, è Beccaria!!



Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci
recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!!
Dietro ogni articolo di questa Costituzione o giovani, voi dovete vedere
giovani come voi, caduti  combattendo, fucilati, impiccati, torturati,
morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in
Africa, morti per le strade di Milano, per le strade  di Firenze, che hanno
dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su
questa Carta. Quindi quando vi ho detto che questa  è una Carta morta: no,
non è una Carta morta. Questo è un testamento, un testamento di centomila
morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo  dove è nata la nostra
Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle
carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque
è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o
giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione."







Ciao.

ASSOCIAZIONE LA CONTA - ONLUS  Storie e culture delle genti dal mondo