INCHIESTA COSENZA



Cosenza - Giovedi 2 dicembre Si apre il processo contro gli attivisti del
"Sud Ribelle"
SIAMO TUTTI SOVVERSIVI!



il punto sull'operazione repressiva di Cosenza.

E' uno slogan vecchio, d'accordo, sa di archeologia. Ma della più macabra
archeologia puzza anche tutta l'operazione politico giudiziaria ordita
dalla Procura della Repubblica di Cosenza. Operazione che, se non costasse
la privazione illegittima della libertà a numerosi attivisti del movimento
dei movimenti, potrebbe suonare semplicemente grottesca e ridicola.
Proviamo a tracciarne una mappa.

Il Raggruppamento Operativo Speciale dell'arma dei Carabinieri (Ros), dopo
essere stato protagonista della componente repressiva più sanguinaria in
seno agli scontri di Napoli del 17 marzo 2001 e della mattanza di fine
luglio dello stesso anno a Genova, culminata con l'assassinio di Carlo
Giuliani ad opera di un militare dell'Arma, il 25 gennaio 2002 si vede
assegnato un nuovo comandante.
Si tratta del generale di brigata Giampaolo Ganzer, già vicecomandante del
raggruppamento. Dopo l'esercizio della più dura violenza coordinato da
uomini politici di Alleanza Nazionale nelle centrali operative durante
quelle giornate è a questo punto che, verosimilmente con il patrocinio della
stessa parte politica, inizia a prendere forma l'attività di intelligence
di cui Ganzer, già uomo di fiducia del generale Dalla Chiesa nel nord est
degli anni '70,è professionista assai abile. I suoi investigatori
intercettano, spiano, osservano, pedinano e in assenza di contraddittorio
acconciano come vogliono cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi edificando
una coerente cabala induttiva fino a quando non ritengono sostenibile
un'accusa di associazione sovversiva.


Il loro "prodotto" è un dossier di 980 pagine più 47 di indici e
conclusioni. Inizia la vendita porta a porta alla ricerca del miglior
offerente. Viene proposto ai giudici delle procure di Genova, Napoli (in
osservanza del principio di competenza territoriale) e Torino senza trovare
alcun giudice che lo ritenga anche solo in parte utilizzabile. Gli
investigatori continuano a filmare, infiltrarsi in riunioni e assemblee,
analizzare centinaia di siti Internet, ascoltare nelle case e nelle auto
(continueranno a farlo fino alle giornate di Firenze) e finalmente trovano
un entusiasta compratore nel pubblico ministero di Cosenza Domenico
Fiordalisi che convince facilmente della bontà del prodotto anche il
giudice per le indagini preliminari Nadia Plastina. La firma sull'ordinanza
di custodia cautelare in carcere è del 6 novembre, da quel giorno si
iniziano a sgomberare le celle dei supercarceri di Trani e Latina. All'alba
di venerdì
15 novembre vengono eseguiti venti ordini di cattura, notificate
quarantadue denunce e portate a termine decine di perquisizioni
domiciliari, luoghi di lavoro compresi.

Le accuse fanno parte dei cosiddetti delitti contro la personalità dello
Stato e sono il risultato di un' operazione di archeologia giudiziaria che
ha come terreno di estrazione il codice penale fascista Rocco del 1930.
Arnesi ammuffiti, ma decisamente offensivi sul piano sanzionatorio. Questi
i principali.
- Associazione sovversiva, art. 270 cp. Introdotto per colpire le
opposizioni comuniste, socialiste e anarchiche "punisce con la reclusione
da 5 a 12 anni chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce,
organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la
dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere
violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato".
- Cospirazione politica mediante associazione, art. 305 cp. Prevede la
fattispecie associativa al fine di commettere uno dei delitti contro la
personalità dello stato e stabilisce che "coloro che promuovono,
costruiscono o organizzano l'associazione sono puniti per ciò solo con la
reclusione da 5 a12 anni".
- Propaganda sovversiva, art.209 cp. Prevede la pena da 1a 5 anni per
coloro che si macchino di "propaganda sovversiva e antinazionale per
l'instaurazione violenta della dittatura di una classe sociale sulle altre."

Il tema di prova è quello collazionato dai Ros, gli uffici giudiziari di
Cosenza lo riorganizzano in un'ordinanza di 359 pagine. Francesco Caruso
viene rinchiuso nel supercarcere di Trani perché "ha reso ingestibile
l'ordine pubblico a Napoli e a Genova organizzando e provocando scontri,
redigendo e diffondendo in concorso con Lidia Azzarita il 'Manuale di
autodifesa' finalizzato ad istruire i manifestanti in caso di cariche,
fermi e arresti". Francesco Cirillo è il mittente e il postino di "messaggi
che inneggiano alla guerriglia utilizzando siti Internet e sofisticati
link".
Anna Curcio è colpevole di aver lavorato a Genova "a un progetto di
comunicazione con delle radio indipendenti che trasmetteranno in rete sul
sito www.radiogap.net". Per il giudice delle indagini preliminari Radio Gap
(Global Audio Project) è un richiamo alla formazione ideata dall'editore

Giangiacomo Feltrinelli "per propagandare in Italia e in Europa i
fondamenti strategici e i principi organizzativi della guerriglia urbana".
A pag. 128 dell'ordinanza annota che "il ricorso a tale sigla per
denominare la radio operante a Genova durante il G8 non può essere casuale,
ma voluto da
persone bene informate sui trascorsi eversivi che accarezzano l'idea di
sfruttare la forma 'anomica' del movimento antiglobalizzazione per
riattualizzare la lotta armata storicamente fallita".
La magistratura cosentina fa proprio il teorema elaborato dai Ros secondo
le linee guida già sperimentate negli anni '70, utilizza reati gravissimi
che hanno il vantaggio di poter essere contestati senza che un delitto, una
violenza, un'aggressione o attentato siano commessi, senza che ne siano
dimostrate con qualche sia pur fragile fonte di prova le responsabilità.
Ordinando la cattura di soggetti che, oltre a occuparsi di comunicazione e
di lotte contro il neoliberismo selvaggio, oltre ad essere protagonisti di
reati eversivi come l'invasione di edifici e la resistenza a pubblico
ufficiale, forse "accarezzano idee".

Carcere quindi, e carcere speciale. Di concerto con i vertici del Ros (ma
il Viminale non ne sa davvero niente?) gli arresti vengono
spettacolarizzati così che i media possano rimandare al paese le immagini
di agenti che li eseguono in condizioni di alta pericolosità,
costringendosi ad operare a
volto coperto. Leggasi: perché se riconosciuti dai catturandi o dai loro
accoliti la loro incolumità sarebbe in pericolo. Idem per la scelta dei
carceri speciali, adeguati a sorvegliare pericolosi terroristi e a
esercitare forte pressione psicologica sugli inquisiti.
I giudici di Cosenza sembrano deliberatamente ignorare i principi
fondamentali che costringono alla grave decisione di disporre la custodia
cautelare in carcere: sostanzialmente tre.
Interdire la reiterazione del reato. Ma quale reato? Quello fatto di
volantini, di interventi in assemblea, di elaborazione di siti Internet, di
impegno nel sociale o di idee "accarezzate".
Interdire l'eventualità di fuga. Ma quale fuga? Neanche un pazzo davanti ad
accuse di tale inconsistenza prenderebbe la decisione di consegnarsi alla
latitanza.
Interdire l'inquinamento delle prove. Ma quali prove? L'inconsistenza del
teorema cosentino è tale da aver messo tutta la stampa liberal in
condizione di dover scrivere a chiare lettere che nell'ordinanza non è
possibile identificare nemmeno l'ombra di una prova.
E' di tutta evidenza che la magistratura calabrese avrebbe potuto dar corso
alla propria iniziativa senza ricorrere al carcere, ma così facendo avrebbe
ridotto la portata politica e simbolica dell'operazione. Soprattutto dopo
che era venuto meno il fondale di Firenze messa a ferro e fuoco.
Il pm aveva infatti pronta la richiesta degli ordini di cattura in agosto,
ma gli scenari in ordine alle giornate del Social Forum fiorentino
suggeriti dal presidente del Consiglio ("ci saranno sicuramente
devastazioni") e dal ministro dell'Interno ("garantiremo l'ordine, ma non
sappiamo a quale
prezzo") offrivano un contesto troppo appetitoso per non dare in pasto
all'opinione pubblica la cattura di pericolosi sovversivi dopo aver
proposto le immagini di Firenze "devastata". Non a caso gli uomini dei Ros
hanno continuato ad indagare, ossia a spiare e a intercettare non si sa in
forza di quale legittimità formale, fino alla conclusione del Forum. La
maturità e determinazione dimostrate da tutte le componenti del movimento
dei movimenti ha viceversa vanificato questo stratagemma.

Sui Ros e sul loro comandante, il citato generale Ganzer, è d'obbligo una
sottolineatura. L'allora capitano Ganzer è stato l'uomo di punta del
generale Dalla Chiesa nel nord est nel periodo a cavallo tra gli anni '70 e
'80, epoca in cui prioritaria era per la squadra del generale la lotta
all'eversione, anche a costo di una notevole spregiudicatezza nel modus
operandi.
E' del capitano Ganzer infatti la firma in calce ad un voluminoso dossier
che l'Arma consegna nel 1980 alla Procura della Repubblica di Padova, volto
ad ottenere la cattura di decine di militanti del movimento in ragione
dell'accusa di costituzione e partecipazione ad associazione sovversiva. Il
tema
di prova è del tutto simile a quello fatto proprio dai giudici cosentini.
Giornali, volantini, documenti, intercettazioni coniugati e saccheggiati di
singole frasi che, estrapolate dal contesto complessivo, venivano riunite
in un mosaico dalla significazione a senso unico. Ma anche manipolazione di
personaggi equivoci: un tossicodipendente spacciatore e un delinquente
comune come protagonisti del ruolo inedito di "pentiti" in ragione di una
legge in vigore da un paio di mesi. L'inchiesta organizzata da Ganzer si
inscrisse così in quel complesso meccanismo politico giudiziario ricordato
come "processo 7 aprile" che costò fino a cinque anni di detenzione
illegittima a molti imputati che poi furono riconosciuti innocenti. Ganzer
fu grande manovratore di documenti e pentiti (e relativi sostegni
finanziari) anche in seno alle inchieste sulla colonna veneta delle Brigate
Rosse prima di occuparsi della malavita organizzata del nord est. La sua
spregiudicatezza lo portò a trovarsi spesso in posizioni scabrose, come
quando risultò che il suo uomo più affidabile era in busta paga del
bandito Felice Maniero. Si trovò a essere indagato per false dichiarazioni
rese al pm di Verona o a rispondere di ingenti quantità di cocaina
utilizzata per infiltrazioni o provocazioni senza consenso della
magistratura. Al punto che la procura di Brescia, dopo la scoperta di una
raffineria di cocaina gestita
dal Ros, ipotizzò alla fine degli anni '90 una sorta di associazione a
delinquere all'interno della sezione antidroga del Ros, finalizzata a fare
del traffico di stupefacenti non il mezzo di indagine, ma il fine della
propria attività. All'interrogatorio il colonnello Ganzer si presentò con
un microfono sotto il bavero della giacca, registrò le invettive fuori
verbale del magistrato contro di lui, chiese ed ottenne il trasferimento di
un'inchiesta ormai destinata a morire.
Nel frattempo i suoi uomini provvidero a sgominare una banda di giostrai
che imperversava per le strade del Friuli organizzando, tramite le consuete
infiltrazioni, un agguato armato che si concluse con il loro annientamento
fisico.


Durante le giornate di Napoli e Genova dello scorso anno il colonnello
Ganzer, uomo intelligente e pericoloso, certamente determinato
nell'edificazione della propria carriera, ricopriva il ruolo di
vicecomandante del Ros. Il suo posto era nelle centrali operative da cui
sono partite le disposizioni non solo relative alla gestione dei disordini
di piazza, ma anche quelle che hanno dato vita a torture, vessazioni
fisiche e psicologiche di ogni tipo nei confronti di decine e decine di
fermati. Il suo posto era vicino a uomini della destra del calibro del
vicepresidente del Consiglio Fini e del deputato già carabiniere Ascierto,
unica personalità pubblica che, dopo gli arresti di Cosenza, si augura che
"tutte
le procure italiane procedano nei confronti dei Disobbedienti".
C'è un filo nero, neanche tanto sottile, che parte dai teoremi giudiziari
degli anni '70, attraversa le giornate più sanguinarie che l'Europa abbia
mai vissuto in tema di repressione di manifestazioni pubbliche, approda a
vecchi/nuovi teoremi strutturati ancora nell'intento di reprimere il
dissenso criminalizzandolo. Il comandante del Ros, il generale di brigata
Giampaolo Ganzer, questo filo non lo ha mai mollato. Accusa (ci accusa
tutti) di "voler riattualizzare la lotta armata storicamente esaurita".
Non ci accontenteremo di avere velocemente tutti i compagni sequestrati in
libertà e di ridere sulla demenzialità provocatoria di questa inchiesta.
E' tempo che il Raggruppamento Operativo Speciale dell'Arma dei Carabinieri
venga sciolto. Per il bene del Paese.

http://www.globalproject.info/art-2861.html

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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA