Re: LETTERA



non conosco i termini della questione, non ho seguito il dibattito che ha intercorso tra di voi, purtroppo sono a letto con una bella influenzona e non ho molta voglia di tenere acceso il computer perché ho mal di testa. vorrei però ugualmente dire alcune cose.

io comprendo perfettamente le ragioni del popolo nomade, apolide per tradizione e per cultura, ma soprattutto per scelta. la difficoltà a volte di instaurare un dialogo con chi é diverso da noi ci porta a travisare quelli che potrebbero essere gli estremi di un pacifico confronto democratico tra fratelli che vengono da posti diversi, come il popolo di palestina. anche i nomadi non hanno una terra, e hanno alle spalle una lunga storia di persecuzioni e di dolore, anche se il contesto é nettamente diverso.

io non mi sento un ipocrita a piangere la morte di arafat. perché arafat é stato per il suo popolo una luce, una speranza, un capo. e associarmi così al dolore del popolo palestinese significa ricordare l'uoo e lo statista, e soprattutto piangendo lui sto abbracciando tutta la nazione di palestina.

io non so nulla sulla storia del popolo rom. so ben poco, e quello che so lo so dai luoghi comuni della gente che dice ai bambini "non andare da solo che ci sono gli zingari e ti portano via". oppure il classico "gli zingari sono sporchi e rubano". io penso che gli zingari, i nomadi, abbiano una loro cultura, una loro tradizione, una loro legge, che va rispettata, ascoltata, capita. ma penso anche che la libertà vada di pari passo col rispetto.

rispetto significa accogliere questi fratelli come amici e non come reietti. evitare che le loro condizioni di vita li costringano a quegli espedienti che noi spesso deprechiamo, come i furti nelle case, o i borseggi nelle strade. io ricordo sempre una bellissima frase trovata in un libro di un sacerdote, padre joseph girzone, che nel suo romanzo fa dire a joshua, il protagonista, cacciato malamente dal portiere di un elegante condominio dove era stato invitato: un giorno Dio ti verrà a trovare, e sappi che non indossa mai abiti da ricco.
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p.