Per AJAD WALI e per tutti noi




                                                            Per AJAD WALI
                                                          e per tutti noi

Quanto clamore, quante speculazioni dopo il rapimento e la felice
liberazione delle due Simone!
Tanto clamore, quanto il freddo e l'indifferente silenzio, per il rapimento
di Ajad Wali ed il suo tragico e barbaro epilogo.
Ajad Wali, iracheno di Castelfranco Veneto, con moglie italiana e figlio
italiano, per un vizio burocratico, ovvero per un certificato non conforme,
non era ancora riuscito ad aver la cittadinanza italiana. Straniero in
Italia, seppure imprenditore, ma "straniero"; italiano in Iraq, suo paese
natale, viene ucciso perché "italiano".
E' emblematico come la società e le istituzioni italiane si siano comportate
adattando una forma di pensiero che, con effetti più risibili è comunque
quella che ha ispirato i massacratori di Wali, di Baldoni e di Quattrocchi;
intensa e grande attività diplomatica e di contatti per le due Simone perché
"italiane", silenzio ed indifferenza per Wali perché "comunque è un
cittadino iracheno", come ha affermato con sufficienza un esponente
governativo: il valore di una vita finisce per dipendere dalla appartenenza
etnica.
Come Ajad Wali, milioni di "stranieri" in Italia nel loro percorso
interculturale, sono costretti ad ottemperare da troppi lunghi anni, a
disposizioni che rappresentano vere e proprie discriminazioni giuridiche e
di conseguenza sociali. Discriminazioni che vedono nella legge 195/02, detta
volgarmente Legge Bossi - Fini, uno dei baluardi centrali, che assieme ai
Centri di Permanenza Temporanea (L. Turco-Napolitano), rappresentano la
diretta emanazione di quella cultura e quell'ideologia che, nei fatti,
seminano diffidenza e paura prima, ed esclusione e discriminazione poi,
ideologia che sta contaminando come una cellula cancerogena l'organismo
sociale che la contiene.
Questa ideologia ci porta quotidianamente i suoi infausti frutti; una sorta
di apatia per il rapimento di Ajad Wali e per la conseguente morte, una
accettazione di fondo della pratica del ponte aereo indiscriminato di
migranti verso la Libia, al blocco in mare per più di venti giorni della Cap
Anamur, e dopo, all'espulsione dei suoi 17 richiedenti asilo, alla denuncia
di marinai che soccorrono disperati in mare: e di tanto altro doloroso
ritrarsi da sentimenti di pietà fraterna, al punto di perderne memoria ?
Se una parte di umanità che vive a fianco ed in mezzo a noi, nelle nostre
città e nei territori dove noi viviamo, è discriminata e vive
quotidianamente sulla propria pelle gli effetti devastanti dell'esclusione,
pensiamo che sia un problema morale e di coscienza della popolazione
autoctona italiana fare sì che l'essere umano, ogni essere umano, non sia
più umiliato a causa di chi, oggi, non vuole vedere, non vuole capire, non
vuole parlare: se non vogliamo perire in questa deriva drammatica d'
indifferenza e di fuga dalle nostre responsabilità morali, dobbiamo insieme
ridare voce all'istanza della coscienza dell'uomo che si sente custode dell'
altro uomo, del fratello discriminato, affinché nasca e prenda forma e voce
quel movimento sociale trasversale, che punti alla rifondazione della
società civile dove la persona torni al centro di ogni interesse e
concezione.




Giuseppe Chimismo

Associazione Albanese Skanderbeg

Bologna