L'attacco ai pacifisti



A SINISTRA
Movimento Politico Antiliberista
BRINDISI
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La guerra con i suoi drammatici effetti collaterali continua e anziché
aumentare il lume dell'intelletto crescono vorticosamente gli attacchi ai
pacifisti, oramai unici veri responsabili e disastro mondiale...
Nell'articolo che segue Michele DI SCHIENA ribatte proprio a questa
montante polemica contro il pacifismo.
Giancarlo CANUTO - A SINISTRA - Brindisi

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IL MOVIMENTO PER LA PACE ED IL DRAMMA DELLE DUE SIMONE
   La situazione irachena ha raggiunto in questi giorni i massimi livelli
dell'odio e dell'orrore divenendo un focolaio di estremo pericolo per le
sorti dell'intera umanità. Ma non sembra che i signori della guerra e del
terrorismo se ne rendano conto, gli uni e gli altri pervasi e sospinti
verso disastrose derive dalla folle ricerca di impossibili vittorie. Il
dramma delle due Simone, che si consuma in questo quadro di disumane
violenze, dovrebbe essere vissuto, anche da noi italiani che ne siamo
particolarmente colpiti, con la consapevolezza che esso fa parte di una
immane tragedia, di un disastro che si allarga giorno dopo giorno e di un
dolore diffuso che si sta trasformando in una vera e propria sofferenza
universale. Con una consapevolezza quindi che ci dovrebbe spingere a fare
unità per chiedere con più forza la fine dei bombardamenti e degli atti
terroristici, il ritiro delle truppe di occupazione, il rispetto dei
diritti umani, la liberazione dei sequestrati e l'avvio di un autonomo
cammino di pacificazione e di ricostruzione da parte del popolo iracheno
favorito dalle Nazioni Unite e senza interferenze delle forze occupanti.
   Così però non è per consistenti settori del mondo politico e molti
commentatori. La dolorosa vicenda delle due volontarie italiane sta infatti
fornendo ai sostenitori della guerra preventiva l'occasione per mettere una
pietra sulle responsabilità di chi ha voluto l'insensato intervento armato
i cui effetti di allargamento e di potenziamento del terrorismo sono sotto
gli occhi di tutti. Ma c'è di più e cioè che disinvoltamente si continuano
ad accantonare le voci di dissenso ed anche le dure (pur se tardive) parole
del segretario generale dell'Onu Kofi Annan sulla illegalità della guerra
irachena perché si vuole perseverare nell'errore rievocando lo scontro di
civiltà, disconoscendo che la guerra ed il terrorismo sono le tragiche
facce di una stessa medaglia, cercando di far passare le ragioni della
guerra attraverso pretese unità nazionali per la lotta contro il terrorismo
e riducendo il disastro iracheno ad una questione militare fino alla
richiesta, da taluno disinvoltamente avanzata, di portare da trecentomila
ad almeno un milione di uomini la forza dei contingenti di occupazione per
stroncare (con un genocidio?) la ribellione locale. Un escalation di follia
che non sembra davvero avere fine.
   C'è però una speranza ed è quella che il mondo non è solo nelle mani dei
guerrafondai e dei terroristi perché ci sono crescenti moltitudini di
uomini e donne che «ripudiano» la guerra, che rifiutano la violenza
comunque etichettata, che guardano al diritto come ad una irrinunciabile
conquista che ha illuminato il cammino della civiltà dal codice di
Hammurabi di 3.000 anni fa (citato da Kofi Annan) fino alla Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo e alle più avanzate costituzioni moderne.
Donne e uomini che rilanciano il principio del diritto
all'autodeterminazione dei popoli e sono convinti che la democrazia si
costruisce con la giustizia e la si esporta non con le bombe per
impossessarsi del petrolio ma col confronto e nel rispetto delle diverse
culture per stabilire rapporti di solidarietà e di collaborazione.
   C'è allora una sola via che può dare speranza e futuro all'umanità ed è
quella indicata dal movimento per la pace e da tutte le forze che in esso
si riconoscono. Il mondo non ha bisogno di coloro che lo vogliono dominare
col neo-colonialismo economico, con la globalizzazione del profitto, con le
guerre preventive, i protettorati camuffati ed i governi fantoccio. Così
come non ha bisogno degli strateghi del terrore che aggiungono ingiustizia
ad ingiustizia ed orrore ad orrore finendo così per fare il gioco dei loro
pretesi nemici. Gli uni e gli altri si somigliano perché disattendono i
dettami della ragione, feriscono i più elementari sentimenti di umanità,
distruggono la politica, calpestano il diritto, globalizzano la barbarie. E
si somigliano anche perché né gli uni né gli altri mettono in discussione
l'attuale assetto dell'economia mondiale nel quale ci guazzano, un modello
che sta facendo crescere la ricchezza dei ricchi e la povertà dei poveri,
sempre più destinati questi ultimi a dilatare l'aria dell'emarginazione
sociale e ad infoltire, gli uni contro gli altri armati, gli eserciti di
guerra e le formazioni terroristiche.
   Sono queste le ragioni per le quali i pacifisti - ne prenda nota l'on.le
Fini - non si lavano le mani alla Pilato ma lottano con rinnovata energia
contro la guerra e contro il terrorismo, due nemici della civiltà che si
alimentano a vicenda, che puntano tutte le loro carte sulla violenza e che
hanno interesse a lasciare il mondo così com'è perché sanno bene che un
«altro mondo possibile» segnerebbe la fine dei loro nefasti poteri. Ecco
perché gli uomini di pace, i pacifisti o comunque li si voglia chiamare
sono oggi ovunque nel mirino di guerrafondai e di terroristi, con attacchi
certo di gravità diversa e rapportati ai diversi contesti sociali e
politici e alle diverse situazioni ambientali.
   Brindisi, 25 settembre 2004
Michele DI SCHIENA