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- From: "Disobbedienti " <disobbedientimolise at libero.it>
- Date: Tue, 14 Sep 2004 13:29:07 +0200
Riproduciamo un articolo interessante per fare il punto sulla pericolosa tendenza (diffusa in tutto il centrosinistra, ma presente anche in alcuni settori del PRC o vicini ad esso) a considerare ogni manifestazione di terrorismo come parte di un unico progetto e diretta da una sola centrale. Condividiamo – con analoga prudenza - l’ipotesi di Ramon Mantovani che l’uccisione di Enzo Baldoni e questi ultimi sequestri “nascano all'interno del campo delle forze occupanti ed irachene favorevoli all'occupazione”. Il che renderebbe come minimo assai discutibile il tono da unità nazionale dato dalla maggior parte del centrosinistra (che sottolinea che per ora del ritiro delle truppe non se ne parla neppure, che è cosa diversa da quanto detto da Bertinotti). È meno probabile che a compiere queste azioni “mirate” (a cui si aggiunge oggi l’assassinio dell’operatore palestinese di “Al Arabiya” Mazen Al Tumalzi, testimone scomodo dei crimini degli occupanti e dell’ostilità della popolazione) sia stato un vero gruppo di fanatici, sia per la mancanza di riscontri video o almeno fotografici nelle rivendicazioni, fatte circolare con ritardo, sia perché un’organizzazione operante a Baghdad fin dal 1991 contro embargo e bombe come “Un ponte per Baghdad”, per cui manifestano tanti iracheni, non può essere facilmente scambiata per un organo delle truppe occupanti, come la Croce Rossa di Scelli. Tuttavia non la si può escludere. --------------------------------------- Il terrorismo non è un'unica nebulosa Le Torri gemelle, il sequestro dei 4 volontari del Ponte e Beslan non sono la stessa cosa, hanno logiche diverse Mi sembra giusto andare ad un incontro istituzionale delle opposizioni con il governo. Mi sembra ancor più giusto, in quella sede, sostenere che, al di là delle diverse posizioni sulla guerra e sul ritiro delle truppe, vada fatta ogni cosa per ottenere la liberazione delle volontarie e dei volontari e di qualsiasi ostaggio e sequestrato. Non ho dubbi sul fatto che in quell'incontro, e sottolineo in quell'incontro, sarebbe stato privo di senso politico chiedere al governo il ritiro delle truppe subordinando a questa richiesta ogni interlocuzione con il governo. Dire che la questione guerra e la questione liberazione delle due volontarie sono dimensioni diverse non equivale a dire che si sospende la richiesta del ritiro in attesa della liberazione, né che fra le due cose esiste una gerarchia. Almeno così io ho interpretato fin da subito le parole di Bertinotti nonostante il titolo dell'intervista "Ora salviamo le ragazze del ritiro riparleremo dopo". Ovviamente fra guerra e sequestri esiste un rapporto, un nesso ed anche una consequenzialità. Ripeto che, volendo, il porsi, in un rapporto politico con il governo, il tema delle diverse dimensioni del problema e dei problemi può perfino essere considerato più efficace al fine di agire contemporaneamente sui due lati della questione. Detto questo, anche per chiarire che non sono iscritto al partito dei critici in malafede, dei finti "radicali e coerenti" e dei finti dubbiosi, passo, non volentieri, ad esprimere le mie critiche, per quello che valgono. Lasciamo da un lato le speculari critiche ed apprezzamenti della "svolta" di cui parlano, per esempio, Casarini da un lato e una vera folla di figuri del centrosinistra dall'altro, guerrafondai ieri, finti pacifisti oggi e guerrafondai domani. I giochetti che stanno dietro a queste cose sono piuttosto scoperti, oltre che miserevoli. Io ho letto, però, diverse prese di posizione animate da dubbi, perplessità e critiche, cito a mò di esempio quella di Pierluigi Sullo, che denunciano, fondate o meno che siano, un problema politico. Non un incidente, un'incomprensione o il frutto di una qualche confusione. Bensì un problema politico di primaria grandezza. Trovarsi fuori sintonia con parti importanti del movimento è qualcosa di molto serio che necessita, a mio modesto avviso, di un chiarimento politico, come chiede più che correttamente Francesco Caruso, e non solo di un'interpretazione autentica di un'intervista a "Repubblica". Ho sempre pensato che il segretario del partito abbia il diritto, anzi il dovere, di muoversi sulla scena politica e sui mass media con grande determinazione e capacità di manovra. Ma ho anche sempre pensato che, a volte, più che i voluti o meno effetti eclatanti andrebbe prestata più attenzione alla fissazione di posizioni chiare ed articolate, possibilmente frutto di un confronto collettivo. Ho detto confronto, non mediazione, o peggio ancora sintesi, fra correnti e posizioni. Insomma, per dirla in altri termini, sarebbe stato meglio fare una riunione e un articolo articolato ed approfondito, cose che si fanno in poche ore, anche nottetempo, prima di interviste come quella rilasciata a "Repubblica". Per me questa non è solo una critica di metodo, è una critica alla concezione della direzione politica. Poi ho anche questioni di vero e proprio contenuto da porre. La prima è relativa alla questione del terrorismo. Intanto dico brutalmente: penso che i sequestri di Enzo Baldoni, dei due giornalisti francesi e dei quattro di Un Ponte per… non siano opera né della, cosiddetta o meno, "resistenza", né di formazioni appartenenti alla organizzazione di Bin Laden o ad altre fondamentaliste islamiche. In altre parole penso, ripeto penso perché non ho prove né vedo come potrei averne, che questi sequestri nascano all'interno del campo delle forze occupanti ed irachene favorevoli all'occupazione. Non penso ad un complotto e ad una regia né penso ad una operazione condotta sotto copertura da servizi di paesi occupanti (anche se l'Iraq oggi è una vera selva di agenti di ogni genere). Penso, però, che i sequestri di persone schierate contro la guerra sia incompatibile con la stessa logica delle forze guerrigliere politiche e religiose che si oppongono all'occupazione. Penso che le richieste avanzate per Baldoni e per i francesi siano alquanto "strane". Penso, cioè, che possano essere frutto di operazioni, anche diverse fra loro, tese a colpire persone od organizzazioni come Un Ponte per… per il ruolo svolto in circostanze specifiche (per esempio Falluja) scaricando, al tempo stesso, la responsabilità sulla nebulosa "terrorismo". Dire con chiarezza al governo che se agli ostaggi succedesse qualcosa noi non ci accontenteremmo della versione comoda della responsabilità dei "terroristi impazziti" mi pare indispensabile. Non mi sembra sia stato fatto. Per questo, anche se non posso dire di avere certezze, penso sia sbagliatissimo usare la parola terrorismo per identificare fenomeni politici completamente diversi, se non opposti, anche se questi usano metodi barbari, disumani e ingiustificabili da qualsiasi punto di vista. Ogni fenomeno, anche se barbaro ed ingiustificabile, anche se usa metodi che possiamo ben definire terroristici nel senso letterale del termine, ha una sua spiegazione. In Cecenia i vari governi russi, non solo Putin, con il sostegno del Partito Comunista invasato di nazionalismo, hanno massacrato un quinto, forse un quarto come informava bene "Liberazione" qualche giorno fa, della popolazione cecena. Siamo sicuri che sia l'episodio di Beslan ad aver superato la soglia dell'orrore? Quale reazione si avrebbe in Italia o in Francia, se dodici milioni di persone fossero state massacrate da un esercito più o meno regolare? Se un esercito statale compie un genocidio e se le forze in campo sono asimmetriche ci si meraviglia delle pratiche terroristiche? E' proprio questa la spirale guerra terrorismo. Le torri gemelle, il sequestro delle 3 volontarie e del volontario di Un Ponte per… e Beslan sono atti terroristici ma non sono la stessa cosa, appartengono alla dimensione della guerra globale ma hanno logiche diverse. Sarei presuntuoso se pensassi di dire, con questo, qualcosa di particolarmente originale, e sarei ingeneroso verso Bertinotti se gli attribuissi semplificazioni che non sono sue. Insisto solo nel dire che proprio al fine di fare di tutto per salvare la vita di tutti gli ostaggi potrebbe essere pericoloso lasciare che gli ultimi sequestri vengano attribuiti alla nebulosa del "terrorismo". Del resto penso, non da oggi, che gli Stati Uniti in Iraq non abbiano fallito un bel niente e che il caos destabilizzante per il paese e per l'intera area fosse un risultato atteso e non una sorpresa. Una risorsa da utilizzare per prolungare l'occupazione e per proseguire nella strategia della guerra globale ora a conduzione unilaterale e domani, magari, a conduzione multilaterale. E non è detto che la seconda, al fine dell'alimentazione dello scontro di civiltà sia meno pericolosa della prima. Ramon Mantovani (da “Liberazione” dell’11 settembre 2004) __________________________ L'autoritarismo ha bisogno di obbedienza, la democrazia di DISOBBEDIENZA
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