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(Fwd) USA delibera attacco preventivo in Iran
- Subject: (Fwd) USA delibera attacco preventivo in Iran
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Sun, 05 Sep 2004 12:33:52 +0200
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Kerry meglio di Bush? Forse è il caso che approfondiate leggendo di seguito.. ------- Forwarded message follows ------- Bush vs Kerry: una falsa disputa John Pilger, Nuovi Mondi Media 4 settembe 2004 La Camera dei Deputati degli Stati Uniti ha approvato una delibera con la quale si autorizza, a tutti gli effetti, un attacco preventivo in Iran. Per nulla scoraggiati dal crescente disastro in Iraq, i repubblicani e i democratici si sono accordati per ribadire il ruolo del potere americano. Ma il vero argomento di discussione non è Bush e nemmeno Kerry, bensì la nascita dello ³stato di sicurezza nazionale² sul modello americano, l¹asservimento delle economie nazionali a un sistema che divide l¹umanità, i modi per sovvertire il linguaggio politico e infine, forse, come ritrovare l¹amor proprio. Lo scorso 6 maggio, la Camera dei Deputati degli Stati Uniti ha approvato una delibera con la quale si autorizzava, a tutti gli effetti, un attacco preventivo in Iran. 376 i voti favorevoli e 3 i contrari. Per nulla scoraggiati dal crescente disastro in Iraq, ³per l¹ennesima volta², ha scritto un giornalista, i repubblicani e i democratici ³si sono accordati per ribadire le responsabilità del potere americano.² All¹interno dell¹ormai apparente bipartitismo americano, venire a patti è costume in atto da tempo immemore. Con il benestare di entrambi i partiti, gli indiani d¹America sono stati sterminati, le Filippine devastate e Cuba, e buona parte dell¹America Latina, sono state rimesse in riga. Facendosi strada nel sangue, una nuova stirpe di antropologi - i giornalisti assoldati da magnati dell¹editoria - ha intessuto l¹eroico mito di una super setta chiamata Americanismo, che è divenuta ufficialmente ideologia grazie alla pubblicità e alle pubbliche relazioni del XX secolo e che abbraccia indifferentemente conservatorismo e liberalismo. Sono stati dei presidenti democratici liberali a dichiarare la maggior parte delle guerre americane dell¹età contemporanea: Truman in Corea, Kennedy e Johnson in Vietnam, Carter in Afghanistan. L¹immaginario ³missile gap² fu inventato dai liberali della Nuova Frontiera, vicini a Kennedy, come pretesto per prolungare la guerra fredda. Nel 1964 il congresso, a maggioranza democratica, autorizzò il presidente Johnson ad attaccare il Vietnam, una nazione di contadini indifesi che non rappresentava minaccia alcuna per gli Stati Uniti. Come nel caso delle mai-esistite armi di distruzione di massa irachene, anche allora la giustificazione fu un Oincidente¹ mai avvenuto secondo il quale due navi di pattuglia nord vietnamite avrebbero attaccato un nave da guerra americana. Seguirono tre milioni di morti e la rovina di un paese un tempo prospero. Negli ultimi sessant¹anni il congresso ha limitato solo una volta il Odiritto¹ del presidente a esercitare la forza sugli altri paesi. Questo cambio di direzione fu rappresentato dal Clark Amendment del 1975, frutto del grande movimento pacifista che si oppose alla guerra del Vietnam, ma poi abrogato da Ronald Reagan nel 1985. Negli anni Ottanta, durante le invasioni del Centroamerica volute da Reagan, alcune voci di impronta liberale, come quella di Tom Whicker del New York Times, decano delle ³colombe², si chiedevano se il piccolo e povero stato del Nicaragua fosse davvero una minaccia per gli Stati Uniti. Oggigiorno, con la minaccia rossa sostituita dal terrorismo, è in atto un¹altra falsa disputa. Questo è il male minore. Sono pochi gli elettori di idee liberali che si fanno illusioni su John Kerry, ma il bisogno di scrollarsi di dosso la Ocattiva¹ amministrazione Bush è davvero incombente. Il Guardian, portavoce liberale della Gran Bretagna, afferma che le prossime elezioni presidenziali rappresentano ³un caso unico². ³I difetti e i limiti di Kerry sono evidenti,² rivela il quotidiano, ³ma sono messi in ombra dal programma politico neoconservatore e dalla politica guerrafondaia di Bush. Sono elezioni in cui il mondo intero tirerebbe un sospiro di sollievo se il presidente in carica venisse sconfitto.² Lasciamo pure che il mondo intero tiri un sospiro di sollievo, il governo Bush è pericoloso e odiato da tutti. Peccato che non sia questo il punto. Abbiamo discusso così a lungo, da entrambe le parti dell'Atlatico, di quale fosse il male peggiore che è giunto il momento di tralasciare le ovvietà e di esaminare in maniera critica un sistema che sforna i Bush e le loro ombre democratiche. Per chi di noi si meraviglia per aver raggiunto gli anni della maturità senza essere saltato in aria per mano dei paladini dell¹Americanismo, repubblicani e democratici, conservatori e liberali, o per i milioni in tutto il mondo che ormai rifiutano l¹esempio americano in politica, il problema vero è ben chiaro. È il seguito di un progetto cominciato più di 500 anni fa. I privilegi di ³scoperta e conquista² concessi a Cristoforo Colombo nel 1492, in un mondo che il Papa ³considera una sua proprietà di cui disporre a piacimento², sono stati sostituiti da un¹altra forma di pirateria: la volontà divina dell¹Americanismo, alimentata dal progresso tecnologico, in primis quello dei media. ³La minaccia all¹indipendenza dalle nuove tecnologie alla fine del XX secolo², ha scritto Edward Said in Culture and Imperialism (Cultura e imperialismo), ³potrebbe risultare maggiore di quella posta in passato dal colonialismo. È ormai chiaro che la decolonizzazione non rappresenta la fine dei rapporti imperialistici, ma semplicemente il dispiegarsi di una tela geo-politica che andava intessendosi già dal Rinascimento. I nuovi media hanno il potere di penetrare all¹interno di una cultura ³recettiva² con maggiore facilità e più in profondità rispetto a un qualsiasi altro prodotto delle tecnologie occidentali precedenti.² I presidenti degli ultimi anni sono stati tutti, in buona misura, una crezione dei media. Ancora oggi, nonostante il passato criminoso, Reagan è visto come un santo; la Fox Channel di Murdoch e la BBC post-Hutton si sono distinte solo per le diverse modalità di adulazione. E Clinton è ricordato con nostalgia dai liberali come un politico non particolarmente capace, ma comunque illuminato; eppure gli anni della presidenza Clinton sono stati molto più violenti di quelli di Bush e gli obiettivi sono stata gli stessi: ³l¹integrazione dei vari paesi nel mercato libero e globale², le cui modalità di realizzazione, ha rilevato il New York Times, ³implicano un coinvolgimento sempre più sfacciato da parte degli Stati Uniti negli affari interni delle altre nazioni². La ³full spectrum dominance² (predominio a tutto campo) elaborata dal Pentagono non è il frutto dei ³neoconservatori², ma del liberale Clinton che approvò quella che all¹epoca fu considerata la spesa di guerra più ingente della storia. Secondo il Guardian, John Kerry invia ³incoraggianti segnali di progresso². È giunto il momento di porre fine a questo sproloquio. La supremazia è la quintessenza dell¹Americanismo; è solo la facciata che muta o che cade. Nel 1976 il democratico Jimmy Carter promise ³una politica estera rispettosa dei diritti umani². In segreto, però, appoggiava il genocidio indonesiano a Timor Est e costituiva, in Afghanistan, l¹organizzazione terroristica dei mujaheddin che avrebbe dovuto rovesciare l¹Unione Sovietica e che, in seguito, generò i talebani e al-Qaeda. Fu il liberale Carter, e non Reagan, a preparare il terreno per Bush. In passato, ho intervistato due grossi nomi della politica estera al tempo di Carter: Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale, e James Schlesinger, segretario alla difesa. Tra i programmi che delineano il nuovo imperialismo, quello di Brzezinski ha di certo raccolto i maggiori consensi. Investito d¹autorità biblica dalla congrega di Bush, il suo libro The Grand Chessboard: American primacy and its geostrategic imperatives (La grande scacchiera. Il mondo e la politica nell¹era della supremazia americana), pubblicato nel 1997, individua le priorità americane: assoggettamento economico dell¹Unione Sovietica e controllo dell¹Asia Centrale e del Medio Oriente. ------- End of forwarded message -------
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