Per Tom Benetollo



Per Tom Benetollo
«Sono l'estensione della mia valigia»


Care compagne e cari compagni.
Care amiche e cari amici,

in questi ultimi due giorni ho cercato di pensare ai ricordi più cari che ho di Tom Benetollo, per non lasciarmi sopraffare dal dolore della sua scomparsa e l'ho fatto con alcune compagne e alcuni compagni che assieme a me l'hanno conosciuto.
Parlavo ieri (domenica) con Barbara Slamic, mia collega di lavoro di tanti anni prima all'Assopace e poi al Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS). E lei mi ha ricordato del primo giorno in cui lo conobbe nella sede dell'Associazione per la pace, nel 1989, assieme a Flavio Lotti. Dopo le presentazioni Tom le diede le spalle per continuare a parlare con Flavio. Accortosi di questo, si girò per chiederle scusa con la seguente battuta nella sua magnifica cadenza padovana: «Scusa le spalle sai, ma io sono un forlaniano...». Fulminante l'ironia di Tom, in una sorta di dialettica negativa surrealista per combattere l'avversario politico e nello stesso tempo di grande autoironia su se stesso.
Io mi ricordo invece di una riunione dell'ICS di quattro anni fa in cui gli chiesi come stesse, apostrofandolo come sempre col titolo di "comandante". E come sempre lui prima mi disse: «Comandante de 'sti due cojoni!» e poi, tenendo in mano un valigiotto nero tipo 48 ore: «Come vuoi che stia, sono l'estensione della mia valigia, e non il contrario come si potrebbe di solito pensare». In quella battuta c'è tutta la vita di Tom, incredibilmente generoso, sempre in giro per l'Italia a fare riunioni, dibattiti, convegni e poi ancora attivi nei circoli dell'ARCI, anche quelli più piccini, anche solo con pochi compagni e compagne... E forse c'è anche la sua morte, di un grande dirigente, di un grande compagno che non si è mai risparmiato e che ha sempre pensato alla stanchezza degli altri, prima che alla sua.
Amava definirsi un "toseto de campagna", lui che è stato uno dei giganti della sinistra italiana. In quella autoironia c'era la grandezza del dirigente che non aveva mai dimenticato il significato della parola compagno e che sapeva ascoltare tutti, ma nello stesso tempo essere duro, deciso e coerente.
Volevo chiamarlo dopo le elezioni per dirgli che mi era piaciuta la sua intervista su Berlinguer nel libro che l'Unità gli ha dedicato nel ventennale della morte. Non ho fatto in tempo. Un altro grande maestro e compagno se n'è andato di giugno...

Claudio Bazzocchi